Il 1848 fu l’anno dei moti rivoluzionari dei popoli europei contro la repressione dei monarchi dell’epoca che con la Restaurazione sancita dal Congresso di Vienna, dopo la caduta dell’Impero napoleonico, diedero una stretta alle concessioni liberali.

A dare il là ai moti liberali furono i siciliani, che il 12 gennaio costrinsero Ferdinando II di Borbone a ritornare alla Costituzione del 1812, mentre nel marzo di quello stesso anno il Parlamento siciliano proclamò l’indipendenza dal Regno Delle Due Sicilie. A concedere la costituzione furono il Duca di Toscana Leopoldo, e il Re di Sardegna, Carlo Alberto di Savoia. In Francia i moti di marzo portarono alla Seconda Repubblica, in Austria oltre alle rivendicazioni delle etnie nazionali che componevano l’Impero, moti popolari guidati dagli studenti nella capitale Vienna, costrinsero a nuove concessioni costituzionali e alle dimissioni di Metternich l’imperatore Francesco Giuseppe.

Il periodo successivo alla caduta di Napoleone aveva aperto un periodo di grande conservatorismo in Europa, che entrava in contraddizione con i grandi cambiamenti che la rivoluzione francese e la rivoluzione industriale con il suo progresso scientifico e tecnologico avevano apportato in Europa e nel Mondo. Questa miopia sulla direzione che la Storia stava prendendo da parte delle classi dirigenti e dai monarchi di quel periodo condussero alla crisi economica del 1946-1948. Mentre l’urbanizzazione e l’industrializzazione dei grandi paesi europei andavano avanti, ampliando il numero della classe dei lavoratori urbani, questi ultimi erano stati lasciati a livelli minimi di sussistenza, causando una crisi di sovrapproduzione.

A quei tempi non avevano capito che concedere più libertà alle classi popolari piuttosto che un rischio per l’equilibrio sociale degli stati europei, avrebbe costituito una grande spinta ai consumi, invece i lavoratori della fabbrica al massimo riuscivano a comprarsi il pane da mangiare. In questo contesto si inseriscono i moti di Milano: la città meneghina era frustrata non solo dalla crisi economica, ma dalla condizione sui generis nella quale si trovavano i territori del lombardo-veneto.

La repubblica di Venezia, era stata indipendente per secoli, fino alla campagna italiana di Napoleone Bonaparte, che pose fine alla Repubblica. Nonostante le illusioni degli intellettuali italiani che credevano negli ideali della Rivoluzione, Napoleone cedette all’Austria i territori orientali della Repubblica di Venezia, mentre le altre repubbliche del nord Italia vennero riunite in unico regno. Tuttavia con la fine dell’epoca napoleonica e con la restaurazione quei territori andarono interamente all’impero austriaco insieme all’ex Ducato di Milano, invece di tornare alla situazione precedente. Un’anomalia che aveva stupito non solo gli italiani, ma l’intera Europa.

Lo scoppio dei moti del 1848 in Italia e in Europa diede modo a Milano di rivendicare la propria indipendenza, approfittando della difficoltà in cui era andato l’impero austriaco e delle dimissioni dell’ormai ex Cancelliere Metternich, costretto ad andare via da Vienna dai moti studenteschi che richiedevano un cambiamento agli Asburgo. Quella delle Cinque Giornate fu una rivolta che servì a ben poco nell’immediato, dopo le proteste iniziate nel 1847 e spesso represse violentemente dal generale Radetzky, il 18 marzo le tre fazioni antiaustriache: mazziniani, democratici e nobili filopiemontesi, insorsero in guerriglia costringendo Radetzky e i suoi a rifugiarsi nel Castello Sforzesco, assediati dalle centinaia di barricate costruite dai milanesi.

Nonostante la vittoria ottenuta sul campo, gli insorgenti si divisero sulle posizioni politiche. I nobili spinsero per accettare la tregua offerta da Radetzky per chiamare in causa il Regno di Sardegna con una spedizione guidata da Carlo Alberto, dal canto suo Carlo Cattaneo e i democratici erano su posizioni ben diverse, rivoluzionarie e indipendentiste, che non potevano stare bene ai moderati e i riformisti guidati dal Podestà Gabrio Casati. Trionfò la linea dell’aristocrazia filopiemontese e il 23 marzo del ’48 Carlo Alberto mosse contro gli austriaci avanzando verso Milano.

Fu l’inizio della Prima Guerra di Indipendenza e del Risorgimento italiano, sotto il Regno di Sardegna si riunirono le altre repubbliche e signorie italiane. La Repubblica di San Marco che con i moti rivoluzionari era riuscita a formare una repubblica democratica e rivoluzionaria, ribellandosi al giogo austriaco, il Granducato di Toscana, e i ducati di Modena e Parma. Per alcuni mesi anche i Borbone e il Papa diedero appoggio al contingente guidato da Carlo Alberto, ma in realtà i battaglioni si ritirarono prima che potessero entrare a contatto con il nemico.

I moti del ’48 si chiusero con un nulla di fatto se non nelle concessioni fatte liberali fatte nel Regno dei Savoia e nell’Austria asburgica, la campagna austriaca di Carlo Alberto fallì e Milano fu ripresa dagli austriaci il 5 agosto di quello stesso anno, con Cattaneo costretto a rifugiarsi in Svizzera, nei pressi di Lugano, dove morì qualche anno dopo, vivendo lì anche successivamente all’unità d’Italia. I moti di indipendenza antiborbonica della Sicilia furono definitivamente sedati nel 1949, così come le rivoluzioni a Roma, Firenze e Venezia che portarono alla proclamazione delle Repubbliche, caddero sotto i colpi degli austriaci, che scesero in Italia dopo aver respinto i piemontesi, in aiuto di Papa Pio IX, che fu costretto dai rivoluzionari a rifugiarsi a Gaeta presso i Borbone.

Anche nel resto di Europa si tornò alle condizioni precedenti alle rivoluzioni: in Francia nel ’52 Luigi Napoleone Bonaparte (Napoleone III) mise fine alla Seconda Repubblica con un colpo di Stato, nel Regno della Prussia di Guglielmo, il Parlamento durò fino a dicembre del ’48 stesso, la confederazione germanica si offrì alla Prussia di Federico Guglielmo IV per entrarne a far parte come nazione, ma questa richiesta venne rifiutata, e l’iniziativa nazionalista venne poi sedata dalle autorità prussiane, in Austria le rivendicazioni esocentriche, in particolare degli ungheresi vennero presto represse nel sangue.

Tuttavia le repressioni del ’48-’49 furono una vittoria di Pirro per i conservatori dell’equilibrio stabilito dal Congresso di Vienna. I moti ruppero nonostante la sconfitta l’inerzia dell’Europa conservatrice post-napoleonica. L’Italia con la sconfitta dei piemontesi nel 1948 e con l’esperienza della Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi pose le basi per l’Unità raggiunta nel 1861, pochi anni dopo, per iniziativa dei piemontesi guidati dall’opera diplomatica sagace di Cavour, che coinvolse la Francia di Napoleone III contro gli austriaci, e dall’impresa garibaldina in meridione, che pose fine al Regno borbonico delle Due Sicilie. Mentre nel resto dell’Europa, in pochi anni si arrivò all’unificazione della Germania sotto l’egida dei prussiani e a scapito degli austriaci, mentre gli ungheresi ottennero di essere parificati all’etnia austriaca con la forma del doppio regno riunito sotto un unico imperatore. È così che nel ’67 nacque l’Impero austro-ungarico.