Quando, il 19 gennaio 2000, giunse in Italia la notizia della morte di Bettino Craxi, la politica ufficiale ebbe un momento di gelo. La coscienza, in quella Seconda Repubblica nata sulle macerie della Prima, e soprattutto sulla sua distruzione, sul “colpo di spugna” ad opera di magistrati e media teleguidati, era decisamente molto sporca. E la riprova giunse pochi giorni dopo quando, in occasione dei funerali di Craxi a Hammamet, molti vecchi socialisti, rimasti fedeli alla memoria del loro leader, ben pensarono di restituire le famose monetine lanciate nel 1993 davanti all’Hotel Raphael a quei politici, di destra e di sinistra, che dimostrando scarsità di ritegno ebbero la faccia tosta di presentarsi a quella cerimonia.
La storia di Bettino Craxi era stata quella di un politico che, pur con compromessi, criticità e persino ambiguità, aveva comunque dapprima operato un coraggioso cambiamento del suo partito, il PSI, rivitalizzandolo rispetto alle sue vecchie dottrine politiche e distinguendolo nettamente dal PCI, di cui era stato sempre considerato, almeno fin dagli Anni ’50, una sorta di piccola succursale un po’ rissosa e scalcinata. Dopo un iniziale periodo di rodaggio, il partito aveva ripreso a crescere, ritornando ad essere essenziale per gli equilibri politici del paese. Per molto tempo, alla linea del “Compromesso Storico” fra DC e PCI, si contrappose così quella della “Alternativa” avanzata dal PSI e dal fronte laico, che ebbe senza dubbio un merito importante anche nel tirar fuori l’Italia dagli “Anni di Piombo”.
Di Craxi si ricordano soprattutto i fatti di Sigonella o il Decreto di San Valentino, due grandi successi, ma altri gli contestano il precedente episodio dei missili USA installati a Comiso, o ancora l’aver dato vita al CAF, un patto con la destra DC indigesto anche a molti socialisti. Altri, invece, ricordano il grandioso Congresso di Rimini oppure il partito “dei nani e delle ballerine”, come diceva Rino Formica. In generale, fu una stagione dove non mancarono le contraddizioni, ma in cui si seppe comunque fare politica, vera politica, ben distante da tutto ciò che abbiamo visto dopo.
Il viaggio in Cina del 1986 fece capire come, secondo Craxi, quel paese che per molti era ancora lontano fosse invece destinato a diventare, nel giro di pochi anni, un importantissimo interlocutore a livello mondiale, e certo non soltanto in senso politico. Così è stato, ma dopo quell’iniziale momento di preveggenza dimostrato dal vecchio leader coloro che l’hanno rimpiazzato non hanno saputo o voluto mantenere una tale continuità e lucidità politica. Oggi la Cina è di fatto la prima economia mondiale, ma non ci pare che, esattamente come con la Russia o altre potenze emergenti o riemergenti, il compassato e banale mondo politico italiano ed europeo abbia capito davvero l’importanza di questa novità, davvero epocale.
Craxi, infatti, aveva già visto il mondo che sarebbe nato e che avrebbe dovuto nascere dopo la fine della Guerra Fredda o, quantomeno, dell’ordine mondiale bipolare: già questa, di per sé, era una colpa gravissima, per cui doveva assolutamente essere messo fuori gioco, il prima possibile. Intorno a lui, pochi per non dire nessuno avevano capito il mondo che si profilava all’orizzonte. Oggi, al di là dei vari giudizi di rito sull’uomo e sul politico Craxi, possiamo dire solo una cosa: che una voce, un’intelligenza ed una coscienza come le sue ci sarebbero semplicemente indispensabili, in quel deserto della cultura politica a cui non è stata ridotta solo l’Italia, ma addirittura l’intera Europa.