La prima volta
Quale fu la prima partita tra una squadra italiana ed una nordcoreana?
Bisogna ritornare al 1955, 11 anni prima di Middlesbrough, a Varsavia in un incontro valido per il Torneo Internazionale Giovanile dell’Amicizia, manifestazione collaterale al Festival della Gioventù, organizzato dall’Union internationale des étudiants, legata al blocco socialista. L’Italia è rappresentata da una selezione dell’Unione Italiana Sport Popolare (UISP), l’associazione sportiva comunista, mentre i coreani schierano il meglio 39446623del loro calcio giovanile, come spesso accade in quei tornei. Nel turno preliminare i coreani distruggono la selezione siriana (9-1) mentre gli italiani si sbarazzano di una squadra tedesco occidentale (5-1). Ai quarti la sfida italo-coreana, giocata allo Stadio CWKS di Varsavia l’8 agosto del 1955, finisce con un netto 4-1 per gli asiatici, che trovano Libano, la selezione algerina del Fédération sportive et gymnique du travail e i finlandesi del Työväen Urheiluliitto, in pratica i corrispettivi locali dell’UISP. Algerini (3-2 sulla Corea) e Libanesi (4-0 sui finlandesi) si giocheranno quindi la finale, vinta dalla squadra dell FSGT, progenitrice della mitica squadra nazionale del FLN.

Quei pazzi avvocati
Marzo del 1967, appena 8 mesi dopo il gol firmato da Pak Doo-Ik, il calcio italiano è ancora in fase di shock. I nordcoreani rappresentano uno strano connubio tra fascinazione esotica ed incubo nazionalpopolare. Alcune squadre, tra le quali Napoli e Roma, cercheranno di portare tra le proprie fila qualche virgulto di Pyongyang, ma i tempi sono ancora “precoci” con la cortina di ferro ancora ben in piedi. La speranza diventa quindi almeno quella di rivedere i Chollima, magari dal vivo, in un’amichevole sul suolo italico e magari centrare la rivincita. A cercare l’impresa disperata sono addirittura gli amatori della Società Sportiva Forense di Roma, per intenderci la squadra degli avvocati del foro capitolino. Lo spregiudicato tentativo è del procuratore Giovanni Cipollone, capitano ed organizzatore della squadra di amici e colleghi, che presi carta e penna ha messo nero su bianco un invito inviato alla Federazione calcistica di Kim Il-Sung: «Al di là del risultato dell’incontro, che riteniamo scontato, conoscendo i nostri limiti e soprattutto il Vostro valore, saremo felici di incontrarci con i nostri fratelli coreani… Dopo i fulgenti risultati ottenuti, moltissimi saranno gli inviti da Voi ricevuti ma noi siamo certi che vorrete accettare quello che proviene da semplici, entusiasti dilettanti, sicuramente più vicini al Vostro cuore». La spregiudicatezza di Cipollone meritava però risposta, tanto che Kim Eung Sur, il presidente della Federcalcio coreana, non ha perso l’occasione di manifestare interesse per l’incontro: «Vi ringraziamo del vostro amabile invito per la nostra squadra di visitare il vostro Paese. Faremo il possibile per accettarlo e vi terremo informati sui problemi concreti della data e del resto, non appena essi saranno stabiliti». Incredibile, quindi: saranno gli avvocati, squadra amatoriale, ad avere l’occasione per l’italica rivincita! Le macchine da scrivere di Cipollone e Kim non smisero di produrre epistole indirizzate ai due studi, ma a detta di Cipollone fu la FIGC a boicottare l’improbabile incontro: gli sfrontati avvocati non ebbero l’occasione di misurarsi con Pak Doo-Ik e compagni.

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Con Bearzot in Corea
Nel 1974 Enzo Bearzot era ancora un normale tecnico federale chiamato ad organizzare selezioni nazionali tra le più disparate. Nel caso in questione il friulano si trovò ad allenatrovaimg.aspre un’Under23 di Serie C, nientepopodimeno che a Pyongyang. I giovani semiprofessionisti vengono infatti invitati, nel marzo di quell’anno, a partecipare a due amichevoli nella capitale nordcoreana, contro il 25 Aprile e contro l’Amnokgang, la squadra del Ministero degli Interni. Al Moranbong di Pyongyang finisce con due salomonici pareggi: 0-0 e 1-1. Per la cronaca dettagliata degli eventi rimando al nostro Patria, Popolo e Medaglie, nel quale dedichiamo ben 4 facciate alla ricostruzione storiografica di queste gare.

Campioni del mondo…a Catania!
Nel 1972 all’atto di formazione della squadra sportiva dell’Armata Popolare Coreana, il 25 Aprile, l’allora “delfino” del Presidente Kim Il-Sung, il figlio Kim Jong-Il, pronunciò un discorso che fra gli aspetti organizzativi e i compiti da affrontare, definiva un obiettivo decisamente impegnativo: «il [nostro] compito e renderci un paese, nel calcio, ai massimi livelli mondiali, e vincere la Coppa». Al monento la nazionale nordcoreana è ben lontana dal raggiungere quell’obiettivo, ma, interpretando il discorso all’interno dell’ambito militare il 25 Aprile ha già raggiunto il trionfo iridato! Correva l’anno 2003 (tra il 2 e l’11 dicembre) quando a Catania si organizzavano i Giochi Mondiali Militari. Sei le squadre al via Lituania, Guinea, i campioni in carica dell’Egitto, il fanalino di coda Barbados, la squadra di casa, favorita alla vittoria finale, e, appunto, la Corea del Nord, rappresentata appunto dalla squadra del 25 Aprile.
Gli italiani, allenati dal romano Fabio Branchini, sono la squadra favorita, con una pletora di giovani provenienti dalle categorie minori, ma sufficientemente scafati per menare le danze in tutto il torneo. Anche l’Egitto non scherza: i faraoni di Mubarak a questi livelli hanno già portato a casa tre Mondiali (nel 1993 a Rabat, nel 1999 a Zagabria e nel 2001 in casa al Cairo). Le rinuncie di Eritrea (campione d’Africa in carica) e Algeria, traslano i nordcoreani dal Girone A (con l’Italia) a quello B. Passano le prime due con gironcini da tre, quindi salutano subito la compagnia la Guinea e Barbados, mentre negli scontri al vertice hanno la meglio Italia (1-0 su Lituania) ed Egitto (3-0 sui nordcoreani). La semifinale mette quindi difronte Italia e Corea. Dopo sessanta minuti senza reti è Yong Su a spostare gli equilibri con una rete al 27′ della ripresa. Gli azzurri pareggiano poco dopo con Becchetti e si va ai supplementari per decidere chi giocherà contro l’Egitto che si è sbarazzato comodamente della Lituania. I nordcoreani ne hanno di più e grazie al golden goal (si, siamo nell’epoca del gol ammazza partita!) di Nam Song-Chol portano a casa la finalissima. Giusto per dare un valore alla squadra coreana, va sottolineato che Nam collezionerà una cinquantina di partite internazionali con la maglia dei Chollima. L’atto finale va in scena allo stadio Angelo Massimino ed è una girandola di gol: vantaggio coreano al 20′ con Yong Su e pareggio egiziano dopo soli otto minuti con Abdel-Hamid Bassiouny, bomber dell’Ismaily. La ripresa si apre con la rete degli arabi con il difensore Ragab Abdullah (51′). A decidere l’incontro è ancora Nam Song-Chol che con una doppietta (58′ e 88′) chiude la gara sul 3-2. I coreani sono campioni del mondo: i soldati di Pyongyang esaudiscono in questo modo l’ordine di di Kim Jong-Il di 31 anni prima.militari

Questione di sponsor
Il sito giapponese “Football Shirt Voltage” svolge un ruolo fondamentale per gli appassionati di materiale sportivo raccogliendo, elencando e descrivendo l’evoluzione di tutte le maglie delle nazionali del mondo. Il sito, in questo contesto, ci torna utNorth-Korea-2010-LEGEA-away-kit-white-white-whiteile per descrivere il particolare rapporto prioritario tra Pyongyang e le industrie di abbigliamento sportivo del Bel Paese. È necessario aggiungere però che non sempre, anzi quasi mai, si è trattato di un rapporto di sponsorship o di fornitura tecnica, semmai qualche “stock” di maglie veniva girato in Corea da intermediari di paesi o federazioni amiche.
Dal 1985 ad oggi, la nazionale della Corea Popolare ha vestito maglie di 10 fornitori tecnici differenti, provenienti da 7 paesi differenti e in questa particolare classifica comanda proprio l’Italia, con tre “brand”: Fila, Lotto e Legea. Gran Bretagna segue a 2 con Admiral e Umbro, mentre a 1 troviamo Germania (Adidas), Danimarca (Hummel), Cina (Erke), Messico (Pirma) e Spagna (Astore).

Choe, il primo
5 marzo del 2016, mancano venti minuti alla fine di Fiorentina-Virtus Entella, partita valida per il campionato Primavera. È un momento storico, almeno per l’argomento trattato in questo articolo. Con la maglia numero 20 infatti entra in campo Choe Song-Hyok, giusto il tempo per mettere lo zampino sull’azione del definitivo 4-2 ed entrare nella storia. Il fantasista è infatti il primo nordcoreano a giocare una partita ufficiale con una squadra italiana. L’Italia diventa così il tredicesimo paese al mondo ad ospitare un calciatore nordcorano nei propri caimage_337mpionati. Prima del nostro paese troviamo Unione Sovietica, Kazakistan, Cina, Lettonia, Serbia, Danimarca, Mongolia, Cambogia, Tailandia, Spagna, Svizzera e Liechtenstein, per un totale di 52 calciatori che tra il 1990 e il 2016 hanno varcato il confine sul fiume Yalu.
Choe appartiene alla nidiata di talenti che ha vinto il Campionato d’Asia Under-16 nel 2014 e che furono smistati tra Spagna e Italia, 11 alla catalana Fundación Marcet e 20 alla perugina Italian Soccer Management. Un evento unico, un’apertura di credito nei confronti del calcio europeo mai successo prima. I 31 giovanissimi talenti nordcoreani giunsero in Europa grazie all’interessata intercessione del governo di Pyongyang, già protagonista dello sviluppo calcistico con la fondazione della Scuola Internazionale di Calcio nella capitale nordcoreana.

Tre misteri per concludere
Come ogni articolo che si “rispetti” sulla Corea Popolare, dobbiamo fare accenno ad alcuni misteri, che, ad oggi, non abbiamo avuto modo di capire se trattasi di realtà o fantasia.
Il primo risale al 2013 e riguarda la squadra di calcio di Ischia, che in quell’estate versava in una situazione di disfacimento totale. Pare infatti che interessato all’acquisto della squadra fu addirittura un nordcoreano, l’amministratore delegato della Ryonbong General Corporation, un enorme complessimageso industriale multi-operativo: Kang Kyong, cinquantunenne rampante manager di Pyongyang e dintorni. Una storia riportata alla luce dal giornalista Massimo Coppa, sulla quale nessuno è in grado di dare una risposta.
Il secondo mistero fa riferimento ad un’intervista, riportata anche da questo giornale, al calciatore nippocoreano, ed ex nazionale, Jong Tae-Se che dichiara: “so che la Lega nordoreana ha un italiano e un brasiliano, il giocatore italiano è figlio di un cuoco immigrato in Corea”. Un calciatore italiano in Corea del Nord? Per indagare abbiamo chiesto ad Ermanno Furlanis, “mastro pizzaiolo” di Codroipo, uno dei primi chef italiani ad aprire un ristorante a Pyongyang, ma la risposta è stata “non ho mai sentito nulla del genere”.
Terzo mistero, più recente, riguarda la nomina del norvegese-tedesco Jørn Andersen, alla guida dei Chollima. Proprio lo stesso Andersen ha dichirato che in Corea ha superato la concorrenza di numerosi tecnici stranieri, tra cui un italiano. Il nome, però, è top secret.