VERSO SPAGNA 1982 TRA LE POLEMICHE:

Dopo il deludente Europeo casalingo del 1980, l’Italia di Enzo Bearzot si tuffa nelle qualificazioni in vista del Mundial di Spagna 1982. Gli azzurri sono inseriti con Lussemburgo, Danimarca (quella che nell’84 sarà nominata Danske Dynamite), Jugoslavia e Grecia. Nel primo match vinto 2 a 0 in Lussemburgo Bearzot prova per la prima volta la coppia d’attacco Spillo Altobelli-Bettega. Il 1° novembre 1980 a Roma un altro 2 a 0, stavolta contro la più temibile Danimarca di Sepp Piontek, mattatore dell’incontro è Ciccio Graziani che segna due gol. La legge del 2 a 0 si impone anche contro la Jugoslavia e contro la Grecia in trasferta. L’Italia ha la qualificazione in tasca e a gennaio 1981 parte alla volta di Montevideo per disputare il Mundialito (manifestazione nata per celebrare i cinquant’anni trascorsi dal primo titolo mondiale conquistato dall’Uruguay nel 1930). Bearzot rinuncia a Zoff, che ha quasi quarant’anni e va preservato in vista del mondiale e pure ai milanisti Collovati e Baresi impegnati in Serie B con il Diavolo. L’Italia rimedia una sconfitta contro i padroni di casa dell’Uruguay e un pareggio contro l’Olanda. A Bearzot non interessano i risultati, importa semmai l’esordio di Ancelotti, Vierchowod e Bagni. Dopo due amichevoli poco indicative contro una Selezione Europea (sconfitta per 3 a 0) e la Germania Est (0-0) l’Italia si scopre vulnerabile e accusa una pesante sconfitta per 3 a 1 in Danimarca e rimedia uno squallido 1 a 1 in Jugoslavia, una delle partite più brutte della gestione Bearzot dove si è vista (per la prima volta nella sua gestione) un’Italia catenacciara e remissiva salvata solo da un grande Zoff. Il periodo nero prosegue con un pareggio risicato contro la Grecia (14 novembre 1981) e una vittoria di misura contro il modesto Lussemburgo. Il primato nel girone non è in discussione ma il brusco calo degli azzurri non passa inosservato. L’anno nuovo si apre sotto i peggiori auspici e l’Italia rimedia due sconfitte in amichevole contro Francia e Germania Est, partita dove esordisce un giovanissimo Massaro della Fiorentina.

Bearzot, che non è un ruffiano e non ha adepti presso stampa e giornali, intanto incomincia a farsi molti nemici in giro. Da Roma spingono per la chiamata di Pruzzo, da Milano acclamano a gran voce Beccalossi che con la maglia nerazzurra fa prodigi. Tutti accusano il Vecio di essere filo-juventino, servo di Boniperti, raccomandato da Bernardini eccetera eccetera. Bearzot se ne frega, lui segue il suo istinto, il suo fiuto mistico che gli darà ancora una volta ragione. Berazot è conscio che giocatori come Pruzzo, Beccalossi snaturerebbero il gioco fatto di trame palla a terra della sua nazionale e va avanti per la sua strada. Piccola nota: Paolo Rossi in silenzio passa alla Juve, proprio con il beneplacito del CT e incomincia a prepararsi per i mondiali meditando vendetta. Nei mesi che precedono il Mundial, la contestazione a Bearzot è sempre più violenta: la sua casa in via Washington 107, riconoscibile dalle scritte sul marciapiede in vernice bianca “A morte Bearzot“, il Vecio inoltre è costretto a cambiare telefono, a trasferirsi in un’altra abitazione; le minacce di sedicenti amanti di Pruzzo e Beccalossi si fanno più forti di giorno in giorno. Il picco di provocazioni e violenza è nei giorni che precedono la partenza degli azzurri per la Spagna: Bearzot e alcuni giornalisti vengono addirittura alle mani dopo un violento alterco, una tifosa in aeroporto gli urla “scimmione bastardo” e per tutta risposta si becca uno schiaffone dal destinatario delle ingiurie. L’Italia parte per la Spagna in un clima ancora più pesante e sfiduciato rispetto a quattro anni prima, questa volta il capro espiatorio in vista di un eventuale insuccesso è già bello e pronto: si chiama Enzo Bearzot.

Ciò che lascia perplessi nelle convocazioni è l’ostinazione con la quale il CT punta sul quarantenne Zoff (da tutti considerato bollito, in primis dal presidente della Lega Matarrese), su Paolo Rossi e le convocazioni a sorpresa del diciottenne Bergomi e di Selvaggi. Tre giorni prima del debutto gli azzurri vincono per 1 a 0 contro il Braga (Serie B portoghese), scoppiano le polemiche, nell’occhio del ciclone finisce la pessima condizione fisica degli azzurri e Paolo Rossi, irriconoscibile a sentire le cronache di quel tempo e sottopeso di cinque chili. Il presidente federale Sordillo sbotta: “Se giochiamo così è meglio tornare a casa, ho visto giocatori che non stanno neanche in piedi e ho chiesto spiegazioni a Bearzot”, In realtà è Bearzot che ha capito tutto e gli altri che non hanno capito nulla: ricordando il calo avuto dai suoi ragazzi nelle ultime tre partite del Mundial argentino, sta volta il suo staff medico gli suggerisce una partenza più soft per poi esplodere nella seconda fase.

Lunedì 14 giugno 1982 allo stadio Balaidos di Vigo è in scena Italia-Polonia. Bearzot manda in campo Zoff; Gentile, Cabrini; Marini, Collovati, Scirea; Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani. Gli azzurri disputano una buona gara ma Rossi è un fantasma e ci si mette in mezzo anche la sfortuna quando Tardelli colpisce la traversa dopo che un colpo di testa di Collovati era stato intercettato sulla linea. Zoff festeggia la sua centesima gara in azzurro senza sporcarsi i guantoni. La buona prestazione degli azzurri stempera un po’ le polemiche, ma è solo una tregua.

18 giugno, sempre a Vigo, l’Italia è impegnata contro il Perù del vecchio fromboliere Teofilo Cubillas. La squadra italiana parte forte ancora una volta, al 19° Bruno Conti porta in vantaggio l’Italia con un bel tiro da fuori area ma ha il demerito di non chiudere la partita. Nel secondo tempo ancora una volta gli azzurri calano (retaggio della preparazione pesante voluta da Bearzot): Nando Martellini parla di quarantacinque minuti interminabili, dove gli azzurri sembrano spaesati, all’85° dopo un lungo forcing, un tiro da fuori area di Diaz viene deviato da Collovati nella porta di Zoff, 1 a 1. Come d’incanto ritornano le polemiche, Bearzot viene accusato di eccessivo difensivismo e di essersi accontentato dell’1 a 0, il presidente della Lega Matartrese rincara la dose: “Li prenderei tutti a calci nel sedere!”. Ciò che preoccupa Bearzot non è tanto la condizione fisica (lui sa che la squadra dalla seconda fase crescerà) piuttosto la mentalità di una squadra che sembra impaurita e sfiduciata.

Nell’ultima partita contro la cenerentola Camerun, l’Italia può permettersi anche di pareggiare. Ancora una volta gli azzurri partono a razzo ma non concretizzano, anche per merito del funambolico portiere N’Kono. Nel secondo tempo la musica non cambia: al 16° Graziani porta in vantaggio l’Italia con un colpo di testa (sua specialità) ma un minuto dopo su una palla sporca capitata in area M’Bida anticipa Zoff e fa 1 a 1. Terzo pareggio consecutivo e le polemiche divampano: c’è chi come Oliviero Beha, che parla di combine (mai provata), l’opinione pubblica vuole le dimissioni del CT, Fascetti (allenatore del Varese mica del Real Madrid!) sentenzia: “Mi vergogno di appartenere alla categoria di Bearzot”, più ironico è il Mago Helenio Herrera: “Bearzot? Non è un grande allenatore, ha allenato solo il Prato”. In ritiro Mario Sconcerti e Tardelli quasi vengono alle mani, in Italia tutti vogliono Niels Liedholm al posto del vergognoso Bearzot. Addirittura Pea e Ziliani su Il Giorno parlano di una presunta relazione omosessuale tra i compagni di stanza Paolo Rossi (il maschio) e Antonio Cabrini (la muchacha), le polemiche come si vede scadono nella volgarità gratuita e nel pessimo gusto. Bearzot e i suoi uomini tirano avanti per la loro strada e concordano un silenzio stampa clamoroso (il primo della storia calcistica), solo il capitano Zoff (cioè uno che non parla mai!) ha il diritto di parlare con la carta stampata. Lasciata la fresca Vigo (Artemio Franchi sapeva fare bene i suoi conti…), la Nazionale si acquatta nel ritiro di Sant Boi de Llobregat in vista dei due match che si disputeranno nel piccolo Sarriá, secondo stadio di Barcellona e grande circa un terzo del Camp Nou. L’Italia è inserita nel Gruppo 2 con Brasile e Argentina, le due grandi favorite per la vittoria finale. Gli argentini sono suppergiù la stessa squadra vittoriosa quattro anni prima, in più dispongono dell’asso Maradona, da molti considerato il più forte calciatore del mondo. I brasiliani sono uno squadrone stellare, il CT Telé Santana dispone di un centrocampo da favola: Zico (il più forte numero dieci dopo Pelé), Toninho Cerezo, il dottor Socrates (perché laureato in farmacia), l’ottavo re di Roma Falcao, Junior, Eder (un’ala che calcia il pallone a 200 kilometri orari). Gli unici punti deboli sono il portiere Valdir Peres, un citofono, e il centravanti Serginho, un lungagnone con i piedi quadrati. La leggenda vuole che il Brasile (che ha ottimi attaccanti come Roberto Dinamite e il giovane Careca) mettesse apposta il brocco Serginho a mo’ di esca per tenere impegnata la difesa, favorendo così le giocate dei suoi favolosi centrocampisti. L’Italia è un vaso di coccio tra vasi di ferro, nessuno punta una lira sulla silenziosa squadra bearzottiana, sola contro tutto e tutti.

Martedì 29 giugno 1982 è in programma al Sarrià di Barcellona Italia-Argentina. Menotti fa lo spavaldo “Siete rimasti a quarant’anni fa” e schiera una formazione superoffensiva con Bertoni e Diaz larghi, Maradona centravanti con Kempes alle sue spalle. Bearzot studia le contromosse a consegna Gentile su Maradona, Collovati su Diaz, Cabrini su Bertoni, Oriali sul regista Ardiles e Tardelli nella zona di Kempes. L’Italia inizia bene bloccando tutti gli spazi agli argentini che appaiono nervosi e contratti, Gentile segue Maradona in ogni zona del campo bloccandolo con le buone e con le cattive. L’arbitro romeno Rainea (molto vicino ad Artemio Franchi presidente della FIFA) chiude un occhio, gli argentini non riescono a sfondare, per gli azzurri buona partita di contenimento nei primi quarantacinque minuti. La ripresa vede un’Italia più intraprendente che lentamente assume il comando del gioco, dopo cinque minuti un bolide di Tardelli impegna severamente Fillol, al 57° scambio in velocità Antognoni-Tardelli e rete dell’1 a 0. L’Argentina reagisce al 61° con una punizione di Maradona che sbatte sul palo a Zoff battuto, qualche minuto più tardi altra punizione, colpo di testa di Passarella e volo plastico di Zoff che toglie la sfera dalla traversa. Al 67° lancio verso Rossi che si fa ipnotizzare da Fillol, sulla respinta magia di Brunetto Conti, assist al bacio per l’inserimento di Cabrini (un terzino!) e raddoppio magistrale degli azzurri. L’Argentina si butta davanti alla disperata ma gli azzurri chiudono tutti i varchi ripartendo con belle trame palla a terra. All’83° i gauchos accorciano con una punizione battuta d’astuzia da Passarella, un minuto più tardi Gallego si fa cacciare e gli azzurri sfiorano il terzo gol ma Conti (migliore in campo) spreca con un debole pallonetto bloccato da Fillol. In Italia scoppia l’entusiasmo attorno all’undici azzurro che prosegue il silenzio stampa.

Lunedì 5 luglio stadio Sarrià, davanti a 45 mila spettatori si gioca Italia-Brasile. I verdeoro tre giorni prima avevano liquidato l’Argentina per 3 a 1 in un match nervoso (Maradona espulso), nonostante la fatica accumulata e i tre giorni di riposo sono sicurissimi di passare. A loro basta un pareggio per le semifinali ma il tecnico Santana vuole attaccare fin dal primo minuto. In Italia tutti pensano a una goleada brasiliana, Gianni Brera invita a essere almeno dignitosi, in fondo il successo con l’Argentina era dovuto più alle scelleratezze di Menotti e alla fortuna… Bearzot conferma ancora una volta Paolo Rossi, il peggiore dell’Italia nella vittoria argentina. Il Brasile schiera Serginho unico riferimento avanzato con Zico ed Eder alle spalle. L’Italia davanti a Zoff schiera Scirea libero, Collovati in marcatura sullo spilungone Serginho, la marcatura chiave è quella di Gentile su Zico. Novità sulle fasce: a destra viene dirottato Oriali (su Eder) a sinistra Cabrini. In mezzo giostrano Tardelli, Conti e Antognoni con Rossi e Graziani di punta. Insomma, Bearzot estrae dal cilindro una sorta di 5-3-2 (o 3-5-2) due lustri prima dell’avvento del famigerato Parma di Scala. Il piano dell’Italia è di attaccare sulle fasce per cercare di aprire il Brasile, intento che riesce al 5° minuto: Cabrini crossa da sinistra un pallone delizioso che viene spinto in rete da Paolo Rossi (!!). Incredibile al Sarrià, l’Italia è avanti contro i marziani del Brasile! Al 12° pareggio del Brasile con un perfido tiro sul primo palo di Socrates, l’Italia torna con i piedi per terra ma al 25°, su un pasticcio di Junior, Rossi, ancora lui, prende palla e fulmina Valdir Peres, 2-1! Collovati si fa male e Bearzot butta nella mischia il diciottenne baffuto Bergomi: in un match delicatissimo il Vecio fa esordire un ragazzino, ma questo è matto pensano gli italiani davanti alla TV… Il primo tempo si chiude con gli azzurri avanti di un gol, la partita è assolutamente equilibrata tanto che Italia e Brasile registrano lo la stessa percentuale di possesso palla. Nel secondo tempo il Brasile preme ma Zoff para tutto con una facilità disarmante. Al 68° il sogno dell’Italia sembra evaporare: finta da urlo e conclusione di Falcao dal limite dell’area, impercettibile deviazione di Bergomi ed è 2 a 2. Al Brasile basta il pari per passare avanti ma, con molta presunzione, continua ad attaccare. Al 74° i brasiliani concedono il primo corner del match, sugli sviluppi, un tiro sballato di Tardelli viene ribadito in gol dal redivivo Rossi, 3 a 2, incredibile ma vero! Il Brasile è tramortito, attacca senza lucidità, è l’Italia a segnare il 4 a 2 con Antognoni, ma l’arbitro israeliano Klein annulla inspiegabilmente per un fuorigioco che non c’é. All’89° il cuore degli italiani si ferma quando un colpo di testa di Oscar da pochi passi obbliga il quarantenne Zoff alla parata del secolo: con un volo plastico e un balzo felino, Super Dino blocca il pallone sulla riga di porta, non è gol, non è gol! Finisce 3 a 2, Zoff impazzito rifila un bacio sulla guancia di Bearzot. Sul sambodromo del Sarrià cala un silenzio irreale. Per il Brasile è uno shock, non si contano i suicidi, per molti brasiliani sembra di rivivere un nuovo Maracanazo. Tutt’altro clima in casa Italia, i giocatori azzurri per festeggiare gettano il loro tecnico in piscina ma non sanno che Enzo Bearzot non sa nuotare, solo il tempestivo intervento di Zoff e Tardelli evita ogni guaio!

Giovedì 8 luglio 1982, allo stadio Camp Nou di Barcellona s’affrontano Italia-Polonia. Pesanti assenze su entrambi i fronti: l’Italia perde Gentile per squalifica, la Polonia il neojuventino Boniek per infortunio. La partita è senza storia, al 22° su una punizione dalla sinistra è ancora Paolo Rossi a metterci lo zampino per l’1 a 0 azzurro. L’Italia perde per infortunio Antognoni e Graziani ma al 73° chiude la partita ancora una volta con Paolo Rossi che raccoglie da pochi passi un delizioso invito di Conti. L’Italia è in finale, chi l’avrebbe mai detto solo poche settimane prima? Nell’altra semifinale succede di tutto tra Germania e Francia: i tempi regolamentari si concludono sull’1 a 1, poi pazzi supplementari, con i francesi avanti 3 a 1 ma riacciuffati dagli indomiti teutonici prima del 120°. Ai rigori sono i tedeschi a spuntarla grazie all’errore di Bossis.

Domenica 11 luglio, stadio Santiago Bernabeu, è l’ora della verità. Arriva anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini a sostenere gli Azzurri. I tedeschi allenati da Jupp Derwall giungono alla finalissima spompati e con gravi dissidi di spogliatoio. Bearzot spiazza ancora una volta tutti e schiera un 5-3-2 sulla falsariga di quello schierato contro il Brasile: Zoff; Gentile, Cabrini; Bergomi, Collovati, Scirea; Conti, Oriali, Rossi, Tardelli, Graziani. L’Italia perde dopo 5 minuti Ciccio Graziani, sostituito da Altobelli. I primi 25 minuti sono di studio poi su cross di Cabrini il marcantonio Briegel atterra il nano Conti, è rigore! Sul dischetto si presenta proprio Cabrini che però calcia fuori alla sinistra di Schumacher. Gli azzurri appaino tramortiti, ma i primi 45 minuti passano senza grosse emozioni. All’Intervallo Bearzot carica i suoi, che nella ripresa entrano in campo con un altro piglio. I tedeschi non ne hanno più e al 56° l’Italia passa, ancora una volta con Paolo Rossi che su una punizione di Tardelli anticipa tutti e batte Schumacher. I tedeschi reagiscono ma senza lucidità, al 69° l’apoteosi: proiezione in attacco di Scirea e uno-due di tacco con Bergomi (due difensori che palleggiano nell’area avversaria!), passaggio al limite dell’area dove c’è Tardelli che saetta a rete, 2 a 0! In Italia scoppia il pandemonio, in tribuna d’onore Pertini in barba al protocollo balzella e alza le braccia al cielo. Ormai i tedeschi sono spariti dal campo, all’80° fuga in contropiede sulla destra di Brunetto Conti, cross al centro per Altobelli che dribbla Schumacher e deposita la palla in rete, 3 a 0! “Non ci prendono più” dice Pertini muovendo l’indice della mano. In realtà i tedeschi buttano il cuore oltre l’ostacolo e al 83° accorciano con un bel diagonale di Breitner. Ormai la partita è segnata, al triplice fischio di Coelho, Nando Martellini urla: “Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo”. Un intero paese impazzisce: caroselli per le vie, tuffi nelle fontane, la plumbea cappa degli anni di piombo sembra un lontano ricordo proprio grazie alle imprese degli uomini di Enzo Bearzot. Tutti, da Beckenbauer, Pelé, Crujiff, Happel riconoscono che quella del 1982, l’Italia di Bearzot, è stata la più forte Nazionale italiana di tutti i tempi e una delle nazionali più forti di sempre. La vittoria causerà una sorta di elettroshock sul movimento calcistico italiano: scoppia negli italiani l’amore per il calcio, le scuole calcio si riempiono di piccoli aspiranti campioni come mai in precedenza, non è un caso che il trionfo del 2006 sia nato sulla scia di calciatori che hanno iniziato a dare i primi calci proprio nel lontano 1982 (Totti, Nesta, Cannavaro, Zambrotta…) e che da bambini sognavano di diventare come Zoff, Gentile, Rossi, Conti.