Norbet Hofer e Alexander Van der Bellen

Gli appassionati della politica hanno già iniziato il conto alla rovescia: domenica 4 Dicembre gli Italiani saranno chiamati ad esprimersi sulla Riforma costituzionale, mentre in Austria i cittadini indicheranno chi tra Norbert Hofer, leader del partito Liberal-nazionale (FPÖ), e Alexander Van der Bellen, candidato indipendente sostenuto dal partito Socialdemocratico austriaco e dai Verdi, sarà il prossimo Presidente della Repubblica.

La vicenda austriaca ha assunto sin dall’inizio dei contorni paradossali, se non grotteschi, dal momento che il nuovo Presidente avrebbe dovuto iniziare il suo mandato da Maggio, quando il candidato ecologista ha finito col prevalere sull’avversario di un soffio (circa trentamila voti), a causa di schede elettorali arrivate per corrispondenza; questa circostanza ha spinto il candidato del FPÖ a fare ricorso (poi accolto), grazie al quale sono state fissate le nuove consultazioni per Ottobre.
Una colla di scarsa qualità ha causato quindi un ulteriore slittamento del ballottaggio fino a domenica.

Dal momento che gli aspiranti presidenti sono divisi da una manciata di punti, si prospetta un voto equilibrato, in cui probabilmente saranno decisivi anche questa volta i voti per corrispondenza. Nonostante l’incarico presidenziale sia in buona parte meramente cerimoniale, l’esito del ballottaggio potrebbe assestare un nuovo colpo ad un’Unione europea sempre più in difficoltà: non è un mistero che tale consultazione sia legata a doppio filo alle vicende europee, sulla scorta del voto inglese di giugno a favore della Brexit. Per questa ragione da Bruxelles, ovviamente, auspicano il successo dell’europeista Van der Bellen – figlio di profughi, lontano dagli stereotipi ambientalisti (viene dipinto come un “fumatore, amante delle automobili”) e senza un vero programma politico – che può annoverare fra i suoi sostenitori anche l’ex commissario Ue Franz Fischler; Norbert Hofer, viceversa, ha già fatto sapere di volere “una Unione Europea migliore” e “meno centralizzata”, non escludendo un’eventuale consultazione popolare sulla ”Oexit” (uscita dell’Austria dall’UE), ponendo l’accento soprattutto sulla politica immigrazionista di Bruxelles, contro cui propone misure più severe sui flussi migratori nel Paese, ottenendo così il placet del gruppo di Visegràd, un’alleanza di quattro Paesi che comprende Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria.
Dopo il suo ingresso datato 1994, l’Austria potrebbe così uscire dall’Unione, a causa dei dissapori nel modus operandi proposto, o per meglio dire imposto, da quest’ultima.

Le spinte centrifughe provenienti dai vari paesi europei di cui i partiti di destra si fanno portavoce hanno collaborato a caricare il ballottaggio del 4 Dicembre di una valenza non più esclusivamente nazionale, ma che investe inevitabilmente anche tutti gli Stati in cui si sta facendo crescente il malcontento nei confronti della politica europea, ritenuta essere lontana nella forma, ma soprattutto nei contenuti, dai cittadini, che si trovano ad essere governati da un’Istituzione fondata su palazzi, banche e mercati.
È questo il motivo che rende il ballottaggio austriaco, il Referendum italiano e le elezioni presidenziali francesi e tedesche (previste rispettivamente in primavera e autunno 2017) un banco di prova per l’Europa, che rischia di ottenere una sonora bocciatura per le politiche fin qui proposte.

Il 4 Dicembre merita davvero di essere una data da segnare sul calendario.

Mauro Gagliardi