Per 14 anni la figura di Chavez s’è associata al Venezuela al punto tale da formare un tutt’uno. Dal 2 febbraio 1999 al 5 marzo 2013, salvo la brevissima parentesi dell’11-14 aprile 2002, quando vi fu il fallito golpe contro di lui, Chavez ha inaugurato e guidato la Rivoluzione Bolivariana, la prima di una serie di grandi e piccole “rivoluzioni” o virate a sinistra che hanno contraddistinto tutta l’America Latina negli anni a seguire.
La sua figura divideva e continua a dividere ancor oggi: da una parte i suoi detrattori, che lo considerano un populista autoritario, dall’altra i suoi ammiratori, che lo definiscono un rivoluzionario socialista, impegnato a lottare contro la povertà e a difendere la giustizia sociale. Un destino, quello dell’essere amati o odiati, che è toccato in sorte a tante figure politiche e storiche, soprattutto latinoamericane, da Peròn a Castro, solo per citarne altri due di famosi.
La sua parabola politica iniziò col fallito golpe contro il presidente venezuelano d’allora, Carlos Andres Perez, il 4 febbraio 1992. Perez era colui che aveva provocato il “caracazo”, oggi dimenticato o mistificato dai più: una vera e propria strage, perpetrata dalle forze dell’ordine contro il popolo che si rivoltava a Caracas contro la crisi economica e la miseria. Il golpe, come abbiamo già detto, fallì, e Chavez e i suoi compagni finirono in prigione, ma si difesero accanitamente come già aveva fatto (corsi e ricorsi storici, direbbe il Vico) Fidel Castro nel ’53, dopo il primo e non riuscito tentativo di rovesciare Batista.
Quando, nel 1998, si candidò, vinse nettamente, e iniziò subito a varare una serie di politiche che le amministrazioni Clinton e Bush giudicarono perniciose per i loro interessi in Sud America, ovvero in quello che consideravano come proprio “cortile di casa”. Ciò provocò, su ispirazione americana, il fallimentare golpe del 2002, e il presidente golpista Carmona fu sbattuto fuori dal Palazzo di Miraflores da un popolo e da un esercito rimasti fedeli a Chavez.
A Chavez venivano rimproverate le sue frequentazioni internazionali: Cuba, l’Iran, la Siria, la Jamahiriya Libica, la Bielorussia, e così via. Ma malgrado le avvelenate accuse che riceveva all’estero come in patria, il suo carisma non faceva altro che crescere, e così anche i suoi risultati elettorali.
Nel 2012 si candidò per l’ultima volta: già dall’anno prima soffriva per un grave tumore, che ad un certo punto sembrava essere stato sconfitto. Non fu in realtà così, e soltanto l’anno dopo il suo cuore smise di battere, dopo un ultimo disperato tentativo di cura a Cuba. Si raccomandò coi suoi compatrioti, prima di partire per quell’ultimo viaggio, di unirsi intorno alla figura del suo successore Nicolas Maduro. Ritornò a Caracas solo per morire.
La sua scomparsa suscitò grande emozione in tutto il mondo, fra quanti avevano sempre visto in lui un uomo generoso ed onesto, ma al tempo stesso generò anche l’euforia dei suoi nemici, che nemmeno di fronte al mistero della morte ebbero il decoro ed il buon senso di tacere. Già questo elemento, da solo, contribuiva a descriverli e, soprattutto, a farci capire che con loro il Venezuela non sarebbe certamente mai stato in buone mani. E’ una lezione che molti venezuelani hanno imparato e che difficilmente potranno dimenticare.
…..unico grande …vero leader del popolo !!!…..difensore dei poveri….per sempre Chavez…