Nato a Sabaneta, nello Stato di Barinas, il 28 luglio 1954, Hugo Rafael Chavez Frias era il frutto di una famiglia nel cui sangue s’erano mescolati elementi amerindi, afrovenezuelani e spagnoli: geneticamente, insomma, era la sommatoria delle tante identità e della storia del suo Paese. Il padre, povero maestro elementare,  non sapendo come mantenerlo l’aveva affidato insieme al fratello Adàn alla nonna Rosa Inès, che li aveva cresciuti nella sua capanna di stile indio, in paglia e fango secco. Tale era la povertà, che il piccolo Hugo venne persino rifiutato dalle scuole elementari perché aveva dei sandali di corda anziché delle scarpe. Ma il legame con la nonna, che chiamava “Mama”, rimase sempre profondissimo, al punto da indurlo a scriverle accorate lettere di ringraziamento anche dopo la sua morte.

A 17 anni, sorte comune a molti altri venezuelani poveri, cercò nell’esercito il modo per sopravvivere e s’arruolò all’Accademia Venezuelana di Arti Militari. Là ebbe modo d’approdare fino alla Laurea in Scienze ed Arti Militari, e dopo qualche mese di servizio militare d’iscriversi all’Università Simon Bolivar di Caracas, dove studiò Scienze Giuridiche senza tuttavia giungere alla Laurea.

Fu proprio in quegli anni che il giovane Chavez potè avvicinarsi a persone di valore, con cui avrebbe condiviso le avventure future. Là s’avvicinò alle dottrine della sinistra rivoluzionaria e patriottica che in quegli anni godeva di grande attenzione in America Latina, grazie anche agli influssi del peruviano Juan Velasco Alvarado, del boliviano Paz Estenssoro, del cileno Salvador Allende, del panamense Omar Torrijos, fino ovviamente a Marx e Lenin. Non sfuggirono all’attenzione di Chavez nemmeno Gramsci e Garibaldi. L’immagine del Libertador Simon Bolivar, comunque, svettava su tutti, e fu da ispirazione per la fondazione, a partire dal 1983, del Movimento Bolivariano MBR-200, il primo prototipo di movimento rivoluzionario “chavista” e “bolivariano”.

Nel 1989 in Venezuela venne eletto Presidente Carlos Andrés Pèrez, proveniente dallo stesso partito socialdemocratico Azione Democratico che un tempo aveva visto come grande statista del Venezuela Romulo Betancourt. Nel corso degli anni il partito aveva ormai abbandonato tutti i suoi elementi anticapitalisti ed antimperialisti, divenendo sempre più un fidato strumento del “Washington Consensus”. Pèrez lo dimostrò fin da subito, portando avanti con ancor più ferocia la politica liberista già attuata dai suoi predecessori, fino al punto da provocare il famoso “Caracazo”, ovvero la ribellione di massa della popolazione di Caracas contro il carovita ed il caropane, a cui il governo rispose mandando i soldati a sparare nelle strade. Fu una carneficina, sui cui numeri ancor oggi si discute, anche se la stima di diverse decine di migliaia di vittime è tutt’altro che inverosimile.

Chavez, che nel 1991 era divenuto colonnello, il 4 febbraio 1992 organizzò pertanto un golpe contro Pèrez, giudicato corrotto e filo-statunitense. Il golpe fallì e Chavez e i suoi compagni vennero incarcerati, ma per i venezuelani diventò subito un mito: finalmente qualcuno aveva osato ribellarsi contro l’arroganza del potere. Alla fine, nel 1994, il governo lo dovette graziare a patto che abbandonasse le Forze Armate.

Nel 1998, presentatosi alle elezioni col Movimento V Repubblica, vinse a larga maggioranza contro i contendenti e l’anno dopo giurò come nuovo Presidente. Sarebbe stato nuovamente eletto, a ripetizione, anche nel 2000, nel 2006 e nel 2012, sempre con un vantaggio netto sull’opposizione legata a Washington e che, nel 2002, aveva tentato anche un breve e goffo colpo di Stato contro di lui.

Fu proprio il fallimento di quel golpe a dimostrare come l’opposizione venezuelana, esattamente come oggi, fosse al di fuori della legittimità costituzionale, golpista e violenta. L’Esercito Bolivariano del Venezuela, allora come oggi, non si schierò con essa ma al contrario, non appena venne a sapere che Chavez era ancora vivo e detenuto in una base, provvide subito a liberarlo e a riportarlo in trionfo al Palazzo Presidenziale di Miraflores, scacciando come un inquilino abusivo il Presidente golpista Pedro Carmona, capo di Federcameras, la Confindustria locale. Ad informare i militare venezuelani di dove si trovava Chavez era stato il programma cubano “Mesa Redonda”, che aveva rilanciato su scala internazionale quanto raccontato dalla figlia del Presidente.

Chavez era amato per la modestia del suo stile di vita: girava ancora con un vecchio Maggiolone 1600 made in Mexico, vestiva in tuta o in divisa come i soldati del suo paese e, solo più raramente, indossava qualche completo di non particolare lusso. Qualcuno insinuò che fossero abiti di Armani, ma poi venne ben presto messo dinanzi all’evidenza che erano semplici completi fatti in serie, e preferì tacere.

Quando s’ammalò, nel 2010, si trovò a combattere per ben due anni contro un cancro che, dopo una serie di cure, sembrava essersi finalmente arrestato. Ma la realtà era diversa, e alla fine morì dopo un’operazione a Cuba dove le speranze erano ridotte al lumicino. Prima di partire per quell’intervento, in un discorso alla televisione, Chavez s’appellò ai suoi compatrioti raccomandandosi d’affidarsi al suo vice Nicolas Maduro, qualora non fosse ritornato vivo in Patria. Anche il suo funerale divenne un evento: vi parteciparono praticamente quasi tutti i leader latinoamericani del momento, ma anche capi di Stato e delegazioni provenienti da Africa, Russia, Cina, Iran, Bielorussia e così via.

Sotto di lui il Venezuela raggiunse la piena copertura sanitaria, grazie anche all’aiuto dei medici cubani (in cambio il Venezuela dava a Cuba, ancora sotto embargo, il proprio petrolio) e, soprattutto con l’Operazione Miracolo, moltissime persone ritrovarono la vista con le operazioni alla cataratta: l’esperimento risultò così vincente da venir poi riprodotto in tutti gli altri paesi latinoamericani guidati da governi progressisti. Non solo, ma sotto il suo governo il Venezuela raggiunse la totale alfabetizzazione e più di due terzi della popolazione uscì dalla soglia minima di povertà. Tutte queste cose, ovviamente, l’opposizione venezuelana e i suoi vari sostenitori, dagli USA all’UE, non gliele perdonano ancora. Ma del resto non tutti a questo mondo nascono per essere degli animi grandi: a qualcuno, anzi, a molti, tocca invece essere soltanto dei poveri individui meschini e mediocri.