A pochi giorni dalla brutta batosta nel piccolo Land dell’est a ridosso della Polonia, il Meclemburgo-Pomerania Anteriore, stavolta è la capitale a lanciare ad Angela Merkel e al suo partito l’urlo disperato di una popolazione europea, che anche nel paese baluardo dell’europeismo comincia ad averne abbastanza di un’Eurozona che non ha la minima idea di come uscire dalla crisi che dal 2009 ha colpito le economie dell’UE. I dati dell’ultimo trimestre indicano infatti che l’Europa a 27 alla fine dell’anno solare 2016 crescerà soltanto dell’1,6% del PIL.
Nella capitale il giovane partito euroscettico Alternative für Deutschland (AfD) si è presentato per la prima volta alle elezioni regionali ottenendo il risultato straordinario di ottenere la preferenza del 14% dei votanti (25 seggi), rosicchiando una grossa fetta di voti. L’SPD, abituato a ben altre percentuali nella capitale, da partito di governo uscente ha ottenuto soltanto il 21,6% delle preferenze, ottenendo quasi il 7% di voti in meno rispetto alla precedente tornata elettorale. La CDU della Merkel crolla invece al 17% e rispetto al 2011 cala di quasi il 6% delle schede. Ciò renderà difficile la composizione di un governo, se non attraverso un governo di centro-sinistra oppure una Große-Koalition con i Verdi o i Cristiano-Liberali.
Un risultato davvero preoccupante per l’attuale leadership tedesca, proprio nella capitale che da anni viene presentata come capitale rappresentativa di un’Europa multietnica che avrebbe dovuto rappresentare dal punto di vista culturale la nuova Londra dell’Europa continentale. La realtà, tuttavia racconta uno scenario diverso: Berlino, capitale situata nel profondo della Germania est paga anch’essa lo scotto di quella colonizzazione economic da parte della RFT nei confronti del resto d’Europa, iniziata a partire dal crollo del muro.
Parliamo in sostanza di due paesi che restano malgrado l’unificazione distinti e separati. La Germania orientale ha di fatto subito la stessa sorte del resto dell’Europa, coinvolta nella moneta unica e nella neocolonizzazione economica targata Francoforte, (vera capitale economico-finanziaria del paese), fondata su salari bassi ed export commerciale (secondo paese esportatore dopo la Cina), possibile grazie al meccanismo dei cambi fissi dell’euro, che consente ai tedeschi di esportare mantenendo una moneta svalutata rispetto al valore reale basata sulla propria economia.
Secondo alcune stime rese note di recente, Berlino è la capitale europea che presenta l’economia meno florida, addirittura la Germania, senza la sua capitale, vedrebbe il proprio PIL incrementare. Una stima che piazza Berlino come fanalino di coda delle capitali europee, addirittura dietro Roma, che essa stessa non si può certo definire una potenza industriale.
Berlino, malgrado il suo successo dal punto di vista di immagine e turistico, presenta concreti problemi dal punto di vista sociale, tesi che trova conferme nel dato di Berlino est, dove il partito di Frauke Petry ha preso oltre il 17% delle preferenze, mentre la Linke anch’essa nel frattempo raccoglie i frutti di una linea politica più critica nei confronti dell’euro e dell’Europa, pur tenendo in molti i casi certi capisaldi della sinistra radicale che si sposano di più con la linea europeista che con quella scettica. Ciò le ha comunque permesso di superare, nella regione orientale della città l’SPD, in crollo verticale in questa parte della capitale.
Parliamo di una città che oltre ad ospitare il maggior numero di stranieri in assoluto, in maggior parte turchi, ha compiuto, soprattutto nella parte ex DDR, ben pochi passi in avanti. La maggior parte del tessuto sociale è composto dalle classi operaie che si sono viste sottrarre i loro poteri contrattuali grazie al Piano Hartz, riforma del lavoro che permette maggiore flessibilità lavorativa, in cambio del sussidio di disoccupazione e altri benefits per chi perde il lavoro. Ciò fa sembrare i dati della Germania positivi, ma in modo simile a quanto accade in Italia con i voucher, che vengono contati nell’ISTAT per le stime della disoccupazione, in Germania, impieghi temporanei a poco meno di 500 euro al mese (mini-job) vengono considerati anch’essi nei dati macroeconomici.
Si tratta dunque di una mala occupazione, che si accompagna al problema di un’immigrazione sempre più incalzante, se si tiene conto che anche gli stranieri presenti in Germania dopo diversi anni di lavoro spesso beneficiano del sistema di welfare previsto dalla riforma approvata da Gerhard Schröder ormai dal 2003, e che vanno a pesare sulla spesa pubblica. Una miccia pronta che è pronta ad esplodere nei prossimi anni, se l’attuale leadership tedesca non dovesse tornare sui propri passi.
Una minaccia per l’europeismo che può provenire proprio dal vento dell’Est. Il partito di Frau Petry sembra avere le sue radici proprio in quella Germania orientale (essa stessa nasce a Dresda, una delle città più importanti della DDR) lasciata ai margini dello sviluppo economico tedesco e nella quale la sempre diffusa Ostalgie e la sfiducia verso le politiche sociali dell’Unione Europea potrebbero essere un mix letale per Frau Merkel e i suoi alleati. Proprio da Berlino qualche giorno fa è montata la protesta verso il TTIP che sebbene avvantaggerebbe un’economia votata ormai all’export come quella tedesca, peggiorerebbe ancora di più le condizioni delle fasce meno privilegiate della popolazione. A conferma di una situazione che può ritenersi tutt’altro che tranquilla è da segnalare anche l’incidente capitato alla Petry, che si è ritrovata la macchina incendiata a Dresda, la sua città. Un’incidente che era già capitato al suo vice: Beatrix Von Storch.
In definitiva, dopo le ultime tornate elettorali, si può ormai ipotizzare che l’AfD sia pronto a contendersi l’elettorato con i partiti principali nelle federali del 2017. Tuttavia, malgrado l’attestato flusso di voti dai due partiti della Große Koalitzion verso l’AfD, difficilmente quest’ultimo, salvo grandi sorprese, potrà aspirare a governare il paese, se non attraverso una strategia di alleanze per ora ben difficile, vista l’attuale incompatibilità dell’AfD con la quasi totalità delle forze politiche in campo. Ma un risultato almeno a doppia cifra dovrebbe condurre gli euroscettici a un’opposizione solida e non scontata ai paladini dell’euro.
Mirco Coppola