
C’erano 40 persone nel resort di Farindola, a Rigopiano (provincia di Pescara) il 18 gennaio, quando una valanga ha investito l’albergo – resort con la violenza di 120 mila tonnellate (di neve, legna e detriti vari).
29 sono i morti finora accertati, 11 sono i superstiti e gli ultimi due dispersi, sono stati trovati proprio mentre scrivevamo quest’articolo.
Delle vittime, dodici sono state identificate, l’ultimo dei quali è Alessandro Ricetti, 33 anni, receptionist dell’Hotel. Alcune sono morte subite dopo, colpite dalle proporzioni della valanga che le ha travolte all’interno della struttura, altre successivamente, con una concorrenza di cause: schiacciamento, ipotermia, asfissia, disidratazione.
Resta la grande disperazione dei partenti dei morti, il sollievo dei sopravvissuti, i sensi di colpa per non aver potuto evitare la sciagura. Le polemiche si susseguono con grande rapidità e riguardano soprattutto i tempi legati al soccorso. La valanga si abbatte sul resort tra le 16.30 e le 16.48, ma è solamente verso le 19 che la macchina di soccorsi comprende che a Farindola si è consumata una vera e propria tragedia: l’hotel non esisteva più.
Le due chiamate effettuate da Parete e Marcella, entrambi dipendenti dell’hotel, miracolosamente scampati alla tragedia, vengono registrate dalla Prefettura come due falsi allarmi. Lo stesso direttore dell’albergo, pur non essendo presente, afferma che la situazione è sotto controllo e di aver “chattato” con tranquillità con gli ospiti presenti nell’albergo.
Ci si chiede però, se tante morti potessero essere evitate, se la situazione iniziale fosse stata valutata con più coscienza e meno superficialità. Il Presidente del Consiglio, tuttavia, rivendica il grande lavoro effettuato dalla Protezione Civile, (che non gode più degli stessi “privilegi del 2008 – 2009, epoca in cui andava avanti senza selezioni e colpi di decreti) delle forze dell’Ordine e da tutti coloro che hanno collaborato, volontari inclusi, per limitare i danni o prevenirne maggiori.
Stesso valga per la nuova scossa di terremoto che ha nuovamente coinvolto Amatrice, dove la solidarietà è molta, ma gli atti governativi non moltissimi, se si pensa che si è preferito salvare una banca per 20 miliardi di euro, e si lasciano popolazioni intere senza nemmeno il riscaldamento (per non parlare di un tetto).
Tornando alla tragedia dell’Hotel, in base alle prime verifiche, è emerso che l’albergo era in possesso di tutte le autorizzazioni di sicurezza (tra smentite e accuse, l’Hotel da baita degli anni ’50 è divenuto un resort con spa grazie ad una società trevigiana negli ultimi anni), ma anche di tutti i bollettini meteorologici connessi al verificarsi di valanghe.
E se queste importantissime cose effettivamente erano in regola, nessuno degli ospiti è stato informato della pericolosità della situazione meteo: al contrario, è stato consigliato loro, da parte del direttore dell’Hotel, di non preoccuparsi e di raggiungere con tranquillità e serenità il luogo del soggiorno.
Piangono ora i genitori, i fratelli, i parenti dei morti. Ci uniamo al loro dolore, sperando che la natura in seguito sia più clemente, ma che anche l’uomo stesso sia meno avido e superficiale. Solo così si eviteranno ulteriori danni in territori sfortunati, già colpiti in precedenza dal terremoto, che non hanno, in futuro, bisogno di altre calamità, ma solo del desiderio di ricominciare.