Afghanistan: dopo la pace con i talebani

Il 29 febbraio scorso, rappresentanti degli Stati Uniti, della Repubblica di Afghanistan e dei talebani (quasi la totalità dei quali sono membri delle tribù pashtun) hanno firmato un accordo di pace a Doha, la capitale del Qatar, che prevede il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan e l’inizio di un dialogo tra gli afghani. Il documento è stato firmato dal rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Afghanistan e dal capo della delegazione ai colloqui, Zalmay Khalilzad, e dal leader politico talebano Mullah Abdul Ghani Baradar.

L’accordo prevede che gli Stati Uniti riducano il numero di truppe in Afghanistan da 12 a 8,6 mila unità in 135 giorni e, se i talebani si asterranno dalla violenza, gli USA continueranno a ritirare sia le loro forze che quelle della NATO dal paese entro 14 mesi. In cambio, i talebani dovranno abbandonare l’uso del territorio afghano come base per attaccare gli Stati Uniti e altre nazioni. Immediatamente dopo aver firmato l’accordo, sono iniziati i negoziati tra i talebani e il governo afghano.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di essere pronto a firmare personalmente il documento. “Stiamo lavorando per porre fine alla guerra più lunga d’America e per riportare a casa le nostre truppe” ha detto Trump. In effetti, la guerra in Afghanistan è la guerra più lunga della storia degli Stati Uniti. Le forze della coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti hanno occupato l’Afghanistan nel 2001.

L’accordo afferma anche che gli Stati Uniti e il governo dell’Afghanistan rilasceranno 5 mila talebani catturati dalla coalizione occidentale e dall’esercito afghano. Questa potrebbe rivelarsi una grande minaccia e un pericolo per l’Afghanistan, perché non ci sono garanzie che questi 5 mila prigionieri talebani non possano ricominciare gli attacchi terroristici. Questa clausola dell’accordo può significare due cose: o gli Stati Uniti si arrendono ai talebani, o Trump e i suoi rappresentanti in Afghanistan, parlando della pace di cui Trump ha bisogno durante la campagna elettorale degli Stati Uniti, stanno in realtà preparando una nuova tornata di guerra nel Paese con il pretesto dei colloqui di pace.

Il fatto di avere iniziato negoziati con i talebani rappresenta un fallimento della politica americana in Afghanistan. Gli USA non sono riusciti a sconfiggere i talebani, che sono stati dichiarati colpevoli (insieme ai terroristi di Al Qaeda) dell’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle. Pertanto, è possibile che l’obiettivo principale dei negoziati afghani sia legato agli interessi politici interni del presidente americano.

I negoziati interni tra gli afghani saranno probabilmente molto più difficili di quelli tra gli Stati Uniti e i talebani, soprattutto ora che la situazione in Afghanistan non è chiara. In effetti, vi sono due presidenti nel Paese: l’attuale presidente Ashraf Ghani e l’ex capo dell’Esecutivo (fino all’11 marzo 2020) e principale rivale di Ashraf Ghani nelle elezioni presidenziali, Abdullah Abdullah. Il confronto tra loro è spiegato non tanto dai programmi politici, ma dalle origini etniche. Ghani è un pashtun della influente tribù Ahmadzai (e allo stesso tempo ha un dottorato alla Columbia University), mentre Abdullah è per metà tagiko. Di conseguenza, il primo è supportato principalmente dai pashtun, e il secondo dagli appartenenti ad altre etnie.

È molto difficile prevedere il futuro dell’Afghanistan. Ma il futuro del Paese sembra molto preoccupante. È possibile che vi sarà una divisione intelligibile dell’Afghanistan in tre parti: una parte rimarrà sotto il dominio dei talebani, le altre due saranno controllate da Ashraf Ghani e da Abdullah Abdullah e dai suoi alleati.

Ma vi è anche un altro fattore molto inquietante: l’ISIS. Con l’aiuto degli americani, le strutture governative (organizzative e finanziarie) dello Stato Islamico, che è stato quasi distrutto dalle forze siriane, dalle guardie rivoluzionarie islamiche (Iran), dalla milizia sciita (movimento libanese Hezbollah, distaccamenti di afghani kazari) e dall’aviazione e dalle forze speciali russe, sono state trasferite in Afghanistan. Ora, secondo stime approssimative, fino a 25 mila terroristi ISIS si sono accumulati in Afghanistan, sebbene vi siano anche altre cifre. Certo, nessuno darà numeri esatti. Gli americani hanno di fatto contribuito alla creazione dello “Stato Islamico”, e se non fosse stato per l’intervento di Russia e Iran, l’ISIS avrebbe controllato l’intero Medio Oriente e non solo la Siria. Attualmente, di fatto gli americani stanno salvando frettolosamente i jihadisti in modo da poter mettere in crisi l’Iran e disturbare la Russia.

È possibile che, anche se i negoziati tra talebani e governo dell’Afghanistan avranno successo, la guerra in Afghanistan non finirà comunque. Proprio perché gli americani hanno “esportato” i terroristi dell’ISIS nel paese.

(Traduzione dal russo di Silvia Vittoria Missotti)