Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha partecipato alla riunione straordinaria del G20 sull’Afghanistan tramite collegamento video. L’incontro è stato presieduto dal Primo Ministro italiano Mario Draghi. Wang Yi ha detto che l’Afghanistan oggi è arrivato ad un bivio e che c’è ancora molta strada da fare. Per la leadership cinese “imporre la propria ideologia agli altri, interferire arbitrariamente negli affari interni di altri paesi o persino ricorrere all’intervento militare, porterà solo continui disordini e povertà e causerà gravi disastri umanitari“. Un concetto, questo, che difficilmente potrà essere compreso da Biden e soci, ipocritamente impegnati ad accreditarsi come gli unici “salvatori” (ancora una volta) di un paese bombardato, impoverito e dilaniato con un’occupazione disastrosa.

Il G20, ha ammonito Pechino, dovrebbe far valere le sue prerogative per contribuire alla pace, alla stabilità, alla prosperità e allo sviluppo dell’Afghanistan e dell’intera Regione, nel rispetto della sovranità, dell’indipendenza e dell’integrità territoriale dell’Afghanistan e dell’applicazione del principio di base “a guida afghana e di proprietà afghana“.

Wang Yi ha avanzato quattro suggerimenti. In primo luogo quello di mettere il benessere delle persone al primo posto per aiutare l’Afghanistan a far fronte alla crisi umanitaria in atto, che rischia di aggravarsi con il calo delle temperature. La Cina sta accelerando la fornitura di aiuti all’Afghanistan per un valore di 200 milioni di yuan in cibo, materiali per fronteggiare l’inverno, vaccini e medicinali. Il primo lotto di materiali è stato già consegnato in Afghanistan. Non è mancata una stilettata agli Stati Uniti: “È ancor più necessario che il paese che ha creato l’attuale disagio in Afghanistan impari la lezione e si assuma la responsabilità di prevenire l’emergere di una crisi umanitaria e di un’ondata di rifugiati e di evitare di portare nuovi shock ai paesi vicini e alla comunità internazionale“.

In secondo luogo, perseguire interessi sia immediati che a lungo termine per guidare l’Afghanistan verso un percorso di sviluppo aperto ed inclusivo. “La comunità internazionale dovrebbe procedere con il dialogo ed il contatto con tutte le parti in Afghanistan da una prospettiva razionale e pragmatica, sostenere il popolo afghano nella scelta autonoma di un percorso di sviluppo adatto alle loro condizioni nazionali, incoraggiare e guidare l’Afghanistan a costruire infine una struttura politica ampia e inclusiva che attui politiche interne ed estere moderate e prudenti. La via d’uscita fondamentale per l’Afghanistan sta nell’aiutare il paese a continuare con il perseguimento della pace e della ricostruzione e raggiungere uno sviluppo economico e sociale benigno. A tal fine, la comunità internazionale dovrebbe lavorare di più tenendo i piedi per terra. I paesi che stanno ancora imponendo sanzioni unilaterali all’Afghanistan dovrebbero revocare le sanzioni il prima possibile e le istituzioni finanziarie internazionali dovrebbero aumentare il loro sostegno finanziario per la riduzione della povertà, il potenziamento delle infrastrutture e lo sviluppo di altri progetti (di ammodernamento) dell’Afghanistan“.

In terzo luogo, adottare un approccio di ‘tolleranza zero’ per garantire che l’Afghanistan si tenga lontano dal terrorismo. “È necessario incentivare le parti afghane interessate a prendere una decisione tempestiva e ad adottare misure pratiche per sradicare il terrorismo; è inoltre imprescindibile indurre la comunità internazionale a costruire un fronte unito contro il terrorismo abbandonando i doppi standard e la lotta selettiva al terrorismo, in modo da evitare che l’Afghanistan diventi di nuovo un focolaio e un porto per il terrorismo“.

In quarto luogo, per la Cina, il G20 dovrebbe sostenere il ruolo delle Nazioni Unite come canale principale per promuovere la pace e la stabilità, nonché l’assistenza umanitaria in Afghanistan, ed attivare vari meccanismi multilaterali per dar vita a sinergie. Il G20 dovrebbe far valere la sua posizione di forum per la cooperazione economica ed umanitaria internazionale. Pechino si è detta disposta e pronta a lavorare insieme a tutte le parti per aiutare l’Afghanistan ad iniziare un nuovo capitolo della sua storia e sostenere il popolo afghano nella costruzione “di un futuro luminoso di pace e prosperità”.

La Cina, dopo la caduta di Kabul, ha già incontrato in almeno una decina di occasioni esponenti apicali del redivivo emirato afghano. Abdul Salam Hanafi, vice Primo Ministro afghano, ad inizio settembre ha definito la Cina “un amico fidato dell’Afghanistan”, aggiungendo che “i talebani afghani sono desiderosi di impegnarsi ulteriormente nello sviluppo di relazioni amichevoli con la Cina e non permetteranno mai che alcuna forza utilizzi il territorio afghano per minacciare gli interessi della Cina, e prenderà misure effettive per garantire la sicurezza delle istituzioni e del personale cinesi in Afghanistan“. E ancora che “la cooperazione nell’ambito del progetto ‘Belt Road Initiative’ (Bri), auspicata dalla Cina, è foriera di sviluppo e prosperità per l’Afghanistan e per tutta la regione“.

Il ruolo dei Talebani può essere molto importante per mantenere la calma nello Xinjiang, abitato dai musulmani uiguri, che confina per 80 km con l’Afghanistan. Una regione centrale nella Via della Seta Terrestre. Tre dei sei percorsi della Via della Seta Terrestre passano attraverso lo Xinjiang: il Corridoio economico Cina-Pakistan, il Corridoio economico Cina-Asia Centrale-Asia Occidentale e il Nuovo Ponte intercontinentale dell’Eurasia.

Non solo interessi economici reciproci, dunque, ma delle vantaggiose relazioni politiche che rafforzano entrambi i Paesi, sia all’interno che all’esterno. Il manuale delle alleanze subalterne made in USA è sempre più ingiallito e desueto. E manca il numero di richieste necessarie per renderne conveniente una ristampa aggiornata. L’agenda cinese ha ogni giorno nuovi estimatori, anche se sulle sponde europee ancora pochi ne comprendono le potenzialità.