L’Africa, il continente che ha dato i natali al genere umano, è ormai da diversi anni al centro di una battaglia ideologica, politica e religiosa che coinvolge vari centri di potere e che la riduce ad un sanguinoso campo di battaglia.
Fu Al Qaida la capostipite
Fu al-Qaeda, com’è noto legata a particolari ambienti sauditi, la prima ad infiltrarsi negli Anni ’90 nel Continente Africano, prendendo di mira vari paesi sia del Maghreb che dell’area subsahariana.
A favorire la penetrazione di al-Qaeda era stato un particolare fatto, la guerra avvenuta in Afghanistan contro i sovietici negli Anni ’80 e alla quale avevano partecipato cittadini di numerosi paesi islamici, africani compresi. Arabia Saudita e Pakistan avevano fatto ponti d’oro per tutti coloro che, provenendo dall’Africa e dal Medio Oriente, così come dall’Asia, avessero voluto arruolarsi per andare a combattere in Afghanistan.
Com’è noto, ritiratisi i sovietici e caduto Najibullah, molti di questi combattenti erano poi rientrati nei loro paesi di provenienza con l’intento di portarvi la jihad. Ciò inaugurò una nuova stagione di attentati ed eventi sanguinosi in tutto il Medio Oriente, e pure l’Africa vi si ritrovò coinvolta.
Dall’Afghanistan alla Libia
In Libia nel 1996 il regime di Gheddafi dovette ricorrere ai mercenari, alle forze dell’aviazione e della marina per reprimere una rivolta di stampo fondamentalista in Cirenaica, mentre in Egitto ed in Tunisia avvenivano frequenti attentati soprattutto nelle aree più turistiche, maggiormente frequentate dai turisti occidentali. Nel frattempo, in Algeria si consumava la guerra civile fra il regime guidato dal Fronte di Liberazione Nazionale, laico, e il Fronte Islamico di Salvezza, fondamentalista, con un impressionante bilancio in termini di vittime.
Somalia: da Al Qaeda a Al-Shabaab
In Somalia la caduta di Siad Barre, uomo certamente autoritario ma che aveva pur sempre garantito al paese una certa laicità, apriva la strada a numerosi signori della guerra, molti dei quali portatori di una visione fondamentalista della società, e ad una situazione di destabilizzazione permanente accresciutasi dopo il fallimento dell’intervento armato occidentale e che ha portato dapprima all’avvento delle Corti Islamiche e quindi delle milizie di al-Shabaab. Quest’ultime ormai dilagano anche in Kenya, che con esse si trova ad ingaggiare un confronto militare sempre più duro: all’inizio di marzo le forze armate keniote hanno ucciso 57 miliziani di al-Shabaab, mentre Trump ha assicurato al paese africano il netto sostegno degli Stati Uniti.
Il caso eritreo
Sempre al principio degli Anni ’90, la vicina Eritrea, da poco resasi indipendente dall’Etiopia, doveva subito fare i conti coi tentativi di al-Qaeda, stanziata in Sudan, dove aveva eretto il proprio quartier generale, di penetrare nel proprio territorio per crearvi un nuovo emirato. Sconfitta dagli eritrei, laici e socialisti, ed espulsa dal Sudan, al-Qaeda emigrò nell’Afghanistan nel frattempo caduto in buona parte nelle mani dei Talebani. Anche fra Ciad e Sudan, pochi anni dopo, si creò una situazione di forte tensione che vedeva cospicui tentativi di contaminazione del terrorismo fondamentalista.
Da al-Shabaab a Boko Haram
Ad oggi, tuttavia, oltre agli al-Shabaab, ciò che maggiormente preoccupa in Africa è Boko Haram, attivo principalmente in Nigeria ma anche in Ciad e Camerun. Questa organizzazione, che nel 2014 ha proclamato un proprio emirato e quindi un califfato fedele all’ISIS di al-Baghdadi, si è resa nota al grande pubblico soprattutto per le sue efferate esecuzioni di massa oltre che per il rapimento di 276 ragazze nigeriane, molte delle quali ancora in sua prigionia.
Ciò che è meno noto, invece, è che Boko Haram abbia addirittura mietuto più vittime dell’ISIS stesso, che pure fra Siria ed Iraq (e Libia, dov’è ugualmente presente, sia pur in netta fase di ridimensionamento, nella zona di Sirte) non ha certo manifestato particolare clemenza verso i suoi “nemici”, sciiti, alauiti, yazidi o cristiani che fossero.
Le recenti azioni degli eserciti del Camerun, del Ciad e della Nigeria, invero molto energiche e talvolta persino spietate, sono comunque riuscite a contenere il fenomeno di Boko Haram e a costringerlo a cedere terreno. Guidato da Abubakar Shekau, il gruppo, che è stato fondato da Ustaz Mohammed Yusuf, ha subito proprio pochi giorni fa un duro colpo da parte delle forze armate del Camerun, che hanno liberato cinquemila civili suoi ostaggi.
Il Mali in mano ad Al-Qaeda
Non va infine dimenticato quanto accaduto di recente in Mali, dove diversi gruppi jihadisti proprio all’inizio di marzo hanno deciso di federarsi insieme sotto le insegne di al-Qaeda.
Sono gli stessi gruppi che in precedenza avevano attuato la secessione de facto del nord del paese, erigendovi uno Stato fondamentalista dove gli antichi monumenti vanto del paese erano stati distrutti e saccheggiati. Anche quel conflitto, come molti altri nella realtà sahariana e subsahariana, è frutto della destabilizzazione in cui è stata precipitata la Libia con l’intervento della NATO del 2011 e la conseguente uccisione di Gheddafi.
L’immenso arsenale convenzionale libico si è disperso per mille rivoli attraverso il Sahara cadendo proprio nelle mani dei vari e numerosi gruppi jihadisti locali. Nel frattempo la stessa Libia a distanza di sei anni continua tuttora ad essere luogo di scontro fra milizie, tribù e signori della guerra, non di rado legati alle ideologie religiose wahabite e salafite propagandate e sostenute localmente dalle monarchie del Golfo Persico, che in questa regione così come in tutta l’Africa vedono un prezioso terreno di conquista.