“Se elimini 25 persone avrai un incremento del 30% della retribuzione. Accetti?”. Questa è la proposta che il personaggio del film ‘Volevo solo dormirle addosso’ (regia di Eugenio Cappuccio, 2004), il manager Marco Pressi, interpretato da Giorgio Pasotti, si sente fare dai suoi superiori. Gli viene chiesto di licenziare un terzo del personale entro due soli mesi, in cambio d’un avanzamento di carriera, ma se dovesse fallire verrebbe licenziato. “Mi rendo conto che è un target difficile, ma non è negoziabile”, sottolinea Jean-Claude, l’odioso dirigente che arriva da Parigi, sede della multinazionale MTI.

Il compito è ancora più improbo perché non devono sorgere problemi con i dipendenti né coi sindacati: “devi eliminare 25 unità e tutti devono essere contenti. Contenti quelli che lasciano l’azienda, contenti quelli che rimangono. Contento il sindacato, contenta Parigi, contento tu”. Il suo precedente ruolo in azienda, quello del formatore, gli aveva permesso, grazie anche ai suoi modi garbati, di ottenere la benevolenza di tutti: proprio questa circostanza aveva convinto i suoi capi a sceglierlo per un compito così terribile, immaginando che i “trombati” potessero avere qualche remora nel reagire con estrema rabbia nei confronti di un collega così carino. Il suo migliore amico tra i colleghi lo apostrofa difatti così: “Pressi, da simpatico formatore a killer”.

Non diciamo qui niente di più, per non rovinare il piacere di un’eventuale visione, immaginiamo però che i manager di ‘Air France’ che devono licenziare 2.900 “esuberi” entro il 2017 abbiano ricevuto ordini simili a quelli dello sventurato protagonista, poiché queste logiche aziendali sono alquanto diffuse. Se qualcuno si rifiuta di “tagliare teste” è la sua che rotola, poi si cerca qualcun altro disposto a mettere in pratica gli atti di crudeltà richiesti dall’azienda: in tal modo vengono sistematicamente selezionati per posizioni importanti e molto ben remunerate degli individui del tutto incapaci di empatia, degli psicopatici: da ciò è emerso di recente un nuovo settore di studi che riguarda la ‘psicopatia aziendale’ (‘corporate psychopaty’).

Il canadese Robert Hare, riconosciuto come uno dei più brillanti esponenti della psicologia criminologica a livello mondiale, proprio nel tentativo di comprendere questo fenomeno ha proposta una modifica del suo ‘Psychopaty Checklist’, uno dei questionari più noti per identificare i disturbi psicopatici. La nuova versione è differenziata in due parti, la prima indaga la presenza del cosiddetto ‘fattore 1’: mancanza di scrupoli, di responsabiltà, di sensi di colpa, tendenza alla menzogna e alla manipolazione, cinismo; la seconda il ‘fattore 2’: instabilità, comportamenti marcatamente devianti, aggessività incontrollata. Gli studi condotti con questo strumento hanno rivelato che la personalità del manager di successo ha non pochi elementi in comune con quella della psicopatico, per essere più precisi il fattore 1 di Hare, che comprende le caratteristiche più nascoste e perciò maggiormente pericolose, è presente in entrambe le categorie, mentre il fattore 2 si ritrova soltanto nei criminali comuni. In conclusione i manager di successo assomigliano, da un un punto di vista psicologico, non tanto a dei criminali comuni, quanto a dei serial-killer.

Il primo ministro francese Manuel Valls si è detto scandalizzato dall’aggressione avvenuta ai danni di Pierre Plissonnier, vicepresidente dell’hub di ‘Air France’ a Orly, e Xavier Broseta, responsabile delle risorse umane. In realtà non ci è molto chiaro cosa sia successo esattamente, le immagini che circolano mostrano i due che fuggono arrampicandosi su una rete di recinzione e poi si allontanano scortati dalla polizia.

La compagnia aerea ha fatto sapere di aver sporto denuncia per violenza aggravata, ma ha emesso anche un comunicato secondo il quale “queste aggressioni sono state compiute da pochi individui violenti mentre la manifestazione dei lavoratori si svolgeva in modo tranquillo”. Più che essere scandalizzati per la violenza, proviamo pena per l’impotente disperazione dei lavoratori. C’è chi ha parlato di un tentato linciaggio, ma nelle camicie strappate si può vedere anche un contenuto simbolico, un messaggio del tipo “voi ci state spogliando di tutto”.

Di fronte a tanta rabbia, piuttosto che scandalizzarsi, chi fa parte della classe dirigente forse farebbe meglio a spaventarsi, ma non serve a nulla farsi prendere dall’emozione, c’è invece la necessità di comprendere, chiedendosi per esempio se si possa riscontrare o meno violenza sociale ed economica da parte di ‘Air France’, società che tra l’altro è ancora di proprietà dello stato francese per il 15,9%.

Questa rabbia è pericolosa perché come detto impotente, rassegnata, in quanto la lotta di classe oramai “l’hanno vinta i ricchi”, come dal titolo del libro dello storico e sociologo Marco Revelli, pubblicato l’anno scorso da Laterza.

Nelle attuali condizioni gli scioperi appaiono un’arma del tutto spuntata, inefficace, però possono dare ai lavoratori la sensazione, forse addirittura l’illusione, di poter fare ancora qualcosa per difendere i propri diritti: non li fa sentire del tutto impotenti.

Coloro che oggi pensano di limitare il diritto di sciopero, dovrebbero rifletterci bene.