Nel giorno in cui a Milano, presso la prestigiosa e centralissima ambientazione di Palazzo Marino, sede dell’autorità comunale, si tiene una conferenza dal titolo “Persecuzioni Religiose e Diritto d’Asilo“, altre e nuove notizie giungono a conferma di cose che già avevamo scritto in passato: ovvero che, pur di tirare acqua al proprio mulino della lotta e della delegittimazione politica e mediatica a tutto quartiere contro la Cina ed altri paesi visti come rivali del predominio occidentale ed in particolare dell’asse “euro-americano”, sempre più spesso si finisce col promuovere e difendere e persino assolvere legittimandoli nelle loro azioni eversive gruppi e personalità che hanno come unico merito proprio quello di turbare la stabilità di tali paesi.
Va da sé che per raggiungere con successo e facilità tale obiettivo, quasi senza colpo ferire e persino riscuotendo gli applausi delle platee e dell’opinione pubblica addestrata ad anni e decenni di russofobia, sinofobia, ecc, si descrivono questi gruppi e queste personalità come “perseguitati” per ragioni politiche, religiose o umanitarie, e non per i terroristi o gli autori di reati contro il pubblico ed il privato che invece spesso sono. Ricorrere quindi alla famosa tematica dei “diritti umani” ed in particolare a quella della “libertà religiosa” calpestate in questi paesi è pertanto la prima mossa, che suscita sempre ben poche contrarietà dal mondo comune così come dal mondo politico, e permette di giustificare e difendere l’operato di questi gruppi e personalità elevandoli al rango di amici ed alleati che l’Occidente deve difendere e proteggere, secondo il ben noto principio per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”.
L’iniziativa milanese, in ogni caso, testimonia la sostanziale benevolenza che l’attuale giunta comunale della città ambrosiana riserva fin dal suo insediamento verso queste cause, avendo ospitato e promosso iniziative volte a demonizzare l’immagine e la credibilità del governo di Pechino come quelle a sostegno del Dalai Lama e dei “Free Tibet” o, ancora, quelle della Falun Dafa o della Chiesa di Dio Onnipotente. Sappiamo inoltre come i dintorni del milanese, una zona dove la presenza delle istituzioni ecclesiastiche ed il loro seguito appaiono decisamente abbondanti oltre che benedette da grandi risorse anche economiche, ospitino gruppi e realtà cattoliche che da sempre tentano di portare avanti insolite sinergie con le filosofie e le religioni orientali, dando non poco spazio proprio ai gruppi cristiani provenienti dalla Cina come la stessa Chiesa di Dio Onnipotente, o dottrine di ambito Zen, e così via.
Ultimamente, a causa anche dal grande aumento dell’immigrazione dai paesi mediorientali e dell’Africa subsahariana, ha iniziato a rafforzarsi e a svilupparsi sempre di più anche il “dialogo” col mondo musulmano, di fatto già esistente da prima ma oggi corroborato dalle ben più cospicue presenze di fedeli musulmani, e persino di convertiti italiani. In quest’ultima area non poteva non trovare un proprio spazio, considerando la già precedente attenzione verso gli “affari religiosi cinesi”, anche la causa dell’Islam in Cina. La questione degli uiguri nella Regione Autonoma dello Xinjiang, da questo punto di vista, ha così facilmente trovato piede sia negli ambienti ecclesiastici milanesi che nelle istituzioni politiche e sociali della città, anche perché i legami fra i primi e la politica lombarda è ugualmente una tradizione di vecchia data, con tutta l’influenza che ne può comprensibilmente derivare.
Ecco perché non deve sorprenderci che il Comune di Milano e l’UCAI (Unione Comunità Africane d’Italia), in collaborazione col CESNUR e il suo “organo ufficiale” BitterWinter, oggi abbiano organizzato questo convegno dedicato proprio alla libertà religiosa nei paesi considerati più “tribolati” o “ostici” per l’Occidente, cominciando dalla Nigeria (con particolare attenzione a Boko Haram, organizzazione terroristica affiliata all’ISIS) e dall’Egitto del Generale al-Sisi (in questo caso si parla di “discriminazioni religiose” in generale, guardando forse più al caso dei Fratelli Musulmani messi al bando dal nuovo governo, succeduto a quello di Morsi, anziché ai Cristiani Copti; e del resto tale “demonizzazione”, per quanto argomentata, si va ad inserire in un terreno come possiamo immaginare molto fertile, legato in particolare alla questione della morte di Regeni che ha mobilitato ampi settori della politica italiana, in particolare a sinistra, contro il nuovo regime egiziano di stampo laico e quasi “nasseriano” rispetto al precedente, guidato proprio dagli oggi discriminati Fratelli Musulmani sostenuti dall’Amministrazione Obama-Clinton e dall’UE nella Primavera Araba del 2011 ed anni seguenti).
Naturalmente la parte del leone di questo convivio è riservata al CESNUR e a BitterWinter, ovvero a Marco Respinti e Massimo Introvigne, che parlano proprio della “Persecuzione religiosa in Cina” e della “Persecuzione della Chiesa di Dio Onnipotente in Cina”. Quest’ultimo tema, trattato da Introvigne, è di per sé l’unico dedicato esclusivamente ad un gruppo cristiano, ed è seguito per concludere l’evento dalle testimonianze di varie persone che hanno subito nei loro paesi d’origine la persecuzione religiosa.
Ora, la notizia di questo convegno giunge proprio nelle ore in cui l’UE assegna il Premio Sakharov ad Ilham Tohti, presentato dalla stampa italiana come “noto economista” incarcerato “arbitrariamente” dalle autorità di Pechino nel 2014 con la “falsa accusa” di aver portato avanti la causa del “separatismo” dello Xinjiang dalla madrepatria. Ben guardandosi dall’esprimere un’analisi concreta di tale vicenda, e dallo spiegare se davvero Toti non abbia invece fatto qualcosa di sbagliato o pericoloso contro il suo paese, i media europei ed italiani hanno preferito giubilare, dato che il messaggio proveniente dalle istituzioni di Bruxelles era fin troppo chiaro: promuovere la causa del terrorismo nello Xinjiang presentando i suoi volti come “perseguitati politici o religiosi” da parte del “regime di Pechino”.
Il tutto non è ovviamente casuale, dato che proprio in queste ultime settimane la “questione uigura” è entrata nel dibattito fra Stati Uniti e Cina, con Washington che ha messo nella sua lista nera alcune società accusate proprio di aiutare Pechino nella “repressione” nello Xinjiang. La mano occidentale è sempre più palese ed avvertibile nei tentativi di destabilizzare ed ostacolare la Cina, da Hong Kong allo Xinjiang, e certe mosse politiche e diplomatiche dall’alto sono probabilmente, in tutta questa vicenda, l’aspetto meno eclatante o pericoloso. Ma di sicuro l’UE, per elemosinare migliori condizioni da Washington, non ha esitato a lanciare un suo primo chiaro segnale proprio col riconoscimento a Ilham Tohti, ben sottolineato del resto anche da quanto dichiarato dal Presidente dell’Europarlamento David Sassoli: “Con l’assegnazione di questo premio esigiamo fermamente dal governo cinese il rilascio di Tohti e chiediamo il rispetto dei diritti delle minoranze in Cina”.
E’ una palese presa di posizione contro la Cina lanciata nella speranza d’incontrare il favore e la soddisfazione del “padrone” d’Oltreoceano, un po’ come del resto già avvenne con la grande incensazione nei confronti di Liu Xiaobo, premio Nobel per la pace. In tutto questo clima che viene a crearsi, non può pertanto sorprendere che anche i difensori delle sette religiose più pericolose, sempre pronti a definirle con nomi più rassicuranti come “nuove religioni” o “minoranze religiose discriminate”, adottino la “causa uigura” come nuova freccia anticinese da mettere al proprio arco.