Nel registro dei defunti della Chiesa madre di Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani e nella bellissima Sicilia, a un certo punto si legge: “Romano Angela filia Petri et Joanna Pollina consortis. Etatis sua an.9 circ.Hdie hor.15 circ in C.S.M.E Animam Deo redditit absque sacramentis in villa sic dicta della Falconera quia interfecta fuit at MILITIBUS REGIS ITALIE. Eius corpus sepultum est in campo sancto novo“ (Angela Romano, figlia di Pietro Romano e Giovanna Pollina, di anni nove che ha reso l’anima a Dio senza aver avuto i sacramenti nella contrada Falconera, uccisa dai soldati del Re d’Italia, è sepolta nel Camposanto nuovo).
Altrimenti detto, una storia che dopo 157 anni grida ancora rabbia, vergogna e profonda, profondissima tristezza. Una delle pagine oscure – e ve ne sono tantissime, purtroppo – di quella fetta di storia nostrana chiamata Unità d’Italia. Che più che tale è stata un’annessione, una conquista di quel Mezzogiorno borbonico all’epoca più ricco del famigerato Regno di Sardegna. E sono i libri (non quelli scolastici e ministeriali, figuriamoci) a certificarlo. Sì, perché il processo di unificazione dello Stivale – fondamentale l’aiuto degli inglesi e di generali spagnoli corrotti e compiacenti – è stata una mattanza e una carneficina per il Sud, tra deportazioni nei campi di concentramento e trucide esecuzioni di massa per i ribelli. Ma anche nei confronti di chi non ha fatto nulla, e non poteva fare nulla. Come Angela Romano, appunto. Otto anni appena compiuti. Uccisa senza pietà perché si trovava dove non doveva nel momento meno opportuno.
Chi era questa pargoletta? Era nata il 5 novembre 1853 da Pietro Romano e Giovanna Pollina. Il 3 gennaio 1862, si trovava in un casolare insieme al sacerdote Benedetto Palermo, di anni 43, Angelo Calamia e Antonino Corona, entrambi 70enni, Mariano Crociata, 30 primavere alle spalle, Marco Randisi, di anni 45 e Anna Catalano, che di candeline ne ha spente 50. Tutte persone, in particolare il parroco, considerato il più filo-borbonico di tutti, accusate di aver favorito alcuni briganti e rivoltosi, e di non averne svelato il nascondiglio ai soldati. La loro pena è stata decisa da Pietro Quintini, generale dei bersaglieri che si trovava in Meridione per sedare le prime forme di quello che diverrà famoso come il brigantaggio post unitario. Ma a cui – ed è questa la vera infamia – qualche Comune italiano ha pensato bene di dedicare anche strade. E la condanna è questa: i soldati del neonato Regno italico fanno fuoco e uccidono quelle persone, condannate senza processo né appello. Siamo nella contrada di Falconera.
Angela è stata uccisa probabilmente perché piangeva di fronte al terrore dell’esecuzione, o forse perché aveva rivolto la parola ai soldati, o forse ancora perché conosceva Padre Palermo. In realtà il vero motivo non è mai stato chiarito. I tristissimi fatti hanno inizio, però, giorni prima. Il 1 e il 2 gennaio di quell’anno. C’è una rivolta nella quale tantissimi giovani si sono ribellati, aggredendo gli ufficiali della locale caserma e il comandante della Guardia nazionale. Come c’è da segnalare alcune leggi discutibili approvate qualche mese prima. Nel giugno 1861 – il Regno d’Italia ha tre mesi di vita – si obbliga i nati nel 1840 a sette anni di servizio di leva obbligatorio. In agosto, invece, si costringeva la Sicilia a contribuire con i suoi ragazzi al componimento del Regio esercito. La rivolta è aspra con morti da ambi gli schieramenti, e per “vincerla” il Governo ha dovuto mandare i rinforzi. I bersaglieri comandati da Pietro Quintini. Il terribile Pietro Quintini. Tutto viene sedato. Viene aperto un rapidissimo processo nel tribunale di Trapani per appurare, naturalmente, le colpe dei rivoltosi. E procedere ad altre esecuzioni sommarie.
Una vergogna senza fine, insomma. Tanto più che di quel processo non rimangono che poche, frammentarie carte, e i volumi degli atti sono andati durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Tanto più che la storia di Angela Romano è stata sconosciuta per oltre un secolo, quando poi è stata portata, faticosamente, a galla. Ma, chissà perché, non siamo affatto sorpresi.
Maledetta l’Italia, maledetti i savoia