La puntata di ‘In onda’ trasmessa da La7 nella prima serata della viglia di Ferragosto è stata dedicata, con le parole di uno dei conduttori, alla “fenomenologia di Antonio Razzi”. Oltre allo stesso senatore e al suo collega di partito Gianfranco Rotondi gli altri ospiti erano Massimiliano Panarari, sociologo, ed Oliviero Toscani, pubblicitario, gli esperti che dovevano aiutare il pubblico a comprendere “il fenomeno”. Se la trasmissione è riuscita il merito è da riconoscere soprattutto a Razzi, vero mattatore della serata.
I conduttori facevano di tutto per confermarne un’immagine ridicola, quindi lo punzecchiavano con domande fastidiose, talvolta ricevendone anche risposte serie e puntuali, sulle quali però glissavano. E’ chiaro: lui è lì perché fa il cretino, sennò per loro non esisterebbe nemmeno. Razzi che forse è ignorante (anche se, citando lui e/o il suo imitatore, verrebbe da dire “questo non credo…”) ma tutt’altro che uno sprovveduto, capisce troppo bene la situazione, sta al gioco, perché gli conviene in quanto, così facendo, gli vengono concessi voce e spazio che altrimenti non avrebbe. Inoltre deve moltissimo all’emittente: proprio il telegiornale di La7 ha trasmesso l’intervista che l’ha reso famoso, nella quale usava quasi tutte le espressioni riprese poi da Crozza nelle sue esilaranti imitazioni.
La domanda che ci si pone di fronte a un personaggio così è “c’è o ci fa?”: è più probabile che ci faccia, non ci sembra inconsapevole delle reazioni che suscita coi suoi strafalcioni e le sue sgrammaticature. Più di una volta, sia venerdì sera che in occassioni precedenti, ha rilasciato dichiarazioni che facevano intendere che almeno alcuni suoi errori li ha fatti apposta. Oppure che ha mentito, per scopi tattici: dopo il suo passaggio da IdV a FI gli fu chiesto come mai avesse parlato male di Berlusconi proprio pochi giorni prima di entrare nel suo partito e lui, ineffabile, aveva affermato di averlo fatto per calcolo. Non è certo l’unico politico a fare di queste cose, però è l’unico che poi spiega anche il perché.
Razzi rivendica di piacere perché ammette cose che tutti gli altri pensano, ma non ammettrebbero mai: è vero che questo lo rende simpatico a molti, assieme al fatto che fa ridere e ispira un’imitazione che fa ridere ancora di più, ma quest’ora scarsa di trasmissione ci ha mostrato anche altri motivi, ovvero la bonarietà, la calma, la pazienza con le quali ha affrontato attacchi, insinuazioni e sghignazzamenti. Toscani, che ha esordito definendolo “la conseguenza di vent’anni di berlusconismo”, poi non lo ha attaccato più di tanto, anzi ha affermato di provare simpatia per lui: è l’effetto che a molti quest’uomo un pò buffo, ma dai modi gentili, tanto diversi da quelli della gran parte dei politici, quanto simili a quelli di Rotondi; entrambi verngono dalla DC e, dal punto di vista dell’educazione, si vede.
Il Professor Panarari ha dimostrato di assumere una posizione neutrale, ha sciorinato un linguaggio colto e modi eleganti. Il suo curriculum è di ottimo livello: insegna Comunicazione politica all’Università di Modena, è editorialista di vari quotidiani tra i quali “La Stampa” e ha pubblicato diversi libri. La nota stonata è che per ben tre volte si sia riferito alla Repubblica Popolare di Corea (RPDC), che ha tra l’altro chiamato con il nome inesatto di Corea del Nord, con commenti molto più che negativi, dimostrandosene quasi inorridito, definendo le dichiarazioni di stima che Razzi ha fatto verso il paese asiatico, dopo averlo visitato, come cose assurde, “iper-reali”, “che vanno oltre Crozza”.
Desta perplessità come una persona tanto preparata possa comportarsi così. E Panarari c’è o ci fa? Non è facile rispondere, forse siamo di fronte al solito provincialismo italiano, che fa sì che anche studiosi con una preparazione dì altissimo livello si concentrino solo sui fatti di casa nostra, senza guardare a cosa succede all’esterno. Opputre potrebbe trattarsi di un caso di bieca propaganda, d’una menzogna detta sapendo di mentire. Magari è solo vittima della propaganda, anche se sembra strano che l’autore di un libro come ‘L’egemonia sottoculturale. L’Italia da Gramsci al gossip’, che tratta tra l’altro di ‘soft-power’ esercitato attraverso il gossip, possa non intuire che nelle accuse rivolte dalla stampa occidentale verso la RPDC ci sia qualcosa che non quadra: si tratta soltanto di gossip, bufale sistematicamente rivelatesi false, anche se mai smentite dai giornali italiani. Ad esempio tre mesi fa l’Ansa ha diffuso la notizia secondo cui Kim Jong-un avrebbe condannato a morte il ministro della Difesa, Hyon Yong-chol, colpevole di essersi addormentato durante una parata militare e di aver risposto con mancanza di rispetto ai suoi rimproveri. La notizia inverosimile, ma ancore di più lo era la modalità dell’esecuzione, che sarebbe stata eseguita per mezzo di… un cannone antiaereo!
Quando un paio di giorni dopo il ministro è ricomparso alla televisione nazionale, i servizi segreti sudcoreani, che erano stati citati come fonte da parte dell’agenzia di stampa Yonhap nel momento in cui aveva diramato la “notizia”, hanno diffuso una rettifica. Numerose agenzia di stampa occidentali hanno subito fatto lo stesso, per esempio France Presse, l’Ansa invece no. La Yonhap, probabilmente imbeccata dai servizi sud-coreani, in realtà diffonde da anni storie degne di “The interview”, filmaccio americano nel quale si dileggiava pesantemente Kim Jong-un, per il quale i maggiori giornali occidentali, con gli italiani in prima linea, hanno sparato titoloni che parlavano di minacce nord-coreane di ritorsione in caso di uscita: leggendo bene gli articoli si poteva scoprire che tali minacce arrivavano da degli hacker irrintracciabili. La pellicola poi è uscita nelle sale, ha incassato la bellezza di 31 milioni di dollari, senza ritorsioni di alcun tipo. Una bella trovata pubblicitaria.
L’Ansa però prende la Yonhap sul serio, tanto che non ha mai smentito l’esecuzione del suddetto ministro, ma ha pubblicato la notizia della dichiarazione di incredulità sull’accaduto rilasciata da… Razzi. Insomma: per le notizie da Pyongyang ci si può fidare di lui e non della stampa italiana. A La7 ha raccontato di essere andato laggiù perché crede nel dialogo, allora Parenzo ha protestato “ma è una dittatura!” e lui, con grande tranquillità, ha ribattuto: “anche Cuba, eppure parlando con loro, si sono aperti”. Parenzo è ammutolito, ha sorriso nervosamente, poi ha cambiato discorso. E’ un vero peccato che Razzi, pur risultando simpatico, non venga preso troppo sul serio, d’altronde non lo si può rimproverare: se si comportasse in modo diverso non lo ascolterebbe nessuno.
Purtroppo il telespettatore medio è affamato di informazioni. ma di solito non ha né tempo né voglia di verificare che siano vere e così i media vengono considerati fonti attendibili, ma proprio per questo che dei giornalisti diffondano menzogne o anche solo notizie di così dubbia provenienza è inaccettabile.

Michele Orsini