L’Agenzia delle Entrate ha ricevuto 318 milioni di euro dalla Apple, come pagamento dovuto per aver frodato il fisco italiano di ben 880 milioni.

Il procuratore aggiunto Francesco Greco, insieme al Pubblico Ministero Isidoro Palma, sta portando avanti una difficile battaglia giudiziaria contro Google, in quanto il celebre motore di ricerca pare abbia evaso oltre un miliardo di euro, ma a dfferenza della Apple sembra sia restìo a trovare un accordo di pagamento. Insieme alle americane Apple e Google, anche l’italiana Prada ha dovuto versare allo Stato più di 450 milioni di euro, come risarcimento per non aver pagato le dovute tasse attraverso un esterovestizione finanziaria in Olanda, sotto il nome di Prada Holding.

Nel mirino della procura milanese ci sono anche il magazzino online Amazon e la casa produttrice di hard disk, la Western Digital, entrambe società statunitensi. Sarebbe interessante riportare il fatturato annuo dei colossi aziendali citati in causa:

Apple: il fatturato dell’azienda informatica con sede a Cupertino conta 182,79 miliardi di dollari al 2014, e per lo stesso anno registra un utile netto di 39,51 miliardi.

Google Inc.: la società californiana, proprietaria di Google, Android e dei servizi Youtube, Gmail, Google Maps, Google+ ecc., ha registrato per il 2014 ben 66,00 miliardi di dollari di fatturato e 14,44 miliardi di utile netto.

Prada: il colosso milanese della moda, guidata da Miluccia Prada, registra al 2013 un fatturato di 3,58 miliardi di euro, e un utile netto di 625,7 milioni; probabilmente entrambi i dati sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi due anni.

Amazon: la società statunitense al 2014 segna un fatturato di 88,99 miliardi di dollari e un utile netto in negativo con i suoi 241 milioni. I dati hanno subito modifiche nel corso del 2015, e attendiamo le Financial Statements for Amazon.com, Inc. a opera della già citata Google per avere numeri certi.

Western Digital Corporation: i dati disponibili sono relativi al 2013, e segnano un fatturato di 15,40 miliardi di dollari e un utile netto di 1,67 miliardi, in più il sito wikipedia.org indica che, al 2012, i dipendenti dell’azienda sono oltre 96.000

Il dato più interessante che emerge da questa montagna di numeri, é che tutte le società coinvolte nei casi giudiziari, considerando l’utile netto e il fatturato, erano in possibilità di pagare le tasse italiane, che certo non sono alte per le aziende extraeuropee – e per le grandi aziende in generale -, ma sono più elevate rispetto a molti paesi che invece lasciano immense fette di mercato alle società statunitensi. Emblematico é infatti che tra le grandi società che hanno frodato il fisco italiano, ci sia proprio l’italianissima Prada, punta all’occhiello degli esaltatori del Made in Italy.

Data la possibilità di pagare i debiti con il fisco italiano, sembra strano che si sia cercato di evitare il contributo. Ma, proprio per questo dato, sorge il dubbio che le frodi non si siano limitate soltanto all’Italia, ma a diversi altri paesi europei ed extracontinentali, dove le multinazionali possono entrare a piede libero per formare veri e propri monopoli che impediscono lo sviluppo dei ceti imprenditoriali nazionali, creando spazi di dissenso nelle popolazioni locali. É importante notare che le aziende in questione sono in prevalenza di origine statunitense, per testimoniare come questi siano i colpi di coda di una geopolitica americana fallita, basata sulla conquista e su di un ruolo esculusivo nei mercati stranieri delle zone povere e in via di sviluppo; politica che dati gli ultimi avvenimenti internazionali, é oggettivamente fallita. Non a caso, la Cina popolare da anni conduce un nuovo esperimento: la penetrazione cinese in Africa é infatti una macro-operazione volta ad accattivarsi la simpatia dei governi locali e a conquistare mercati, in chiave anti-statunitense. A differenza della politica americana però, questa non crea eccessivo malumore nei territori in cui viene applicata, perché é una politica basata sulla compartecipazione delle aziende nazionali e la fornitura di credito a queste ultime; favorendo l’indipendenza economica dei paesi e al contempo trovando nuovi alleati e spazi di mercato.

Le aziende statunitensi invece, grazie anche alla collaborazione del Regno unito che permette di aprire società economiche in menneno due ore, agiscono ancora in base alla visione di un mondo unipolare: mondo che, in questi ultimi anni, é crollato – o sta crollando – su se stesso. Difficoltà per queste imprese é anche l’Europa che – giustamente – mira all’indipendenza economica e alla superiorità delle proprie imprese sul territorio. Non é affatto un caso che la Volksvagen, azienda tedesca e quindi europea, sia stata attaccata dagli Stati Uniti nel momento in cui aveva superato i suoi colossi automobilistici.

Il fatto che l’Italia abbia portato in giudizio queste macro-aziende é un fatto positivo, ma limitato. Prevenire é meglio che curare, e per quanto sia cospicua l’entrata di un miliardo di euro nelle casse statali, quest’entrata consiste un risarcimento per delle tasse non pagate, che avrebbero portato molto più di un miliardo di euro. Questo in un momento in cui vediamo la piccola e media impresa italiana tirare avanti di stenti o di fondi prelevati dagli stipendi dei deputati cinque stelle.

Una considerazione logica, che potrebbe venire anche da un’ala politica destra e sovranista e non solo da voci di sinistra extraparlamentare, sarebbe quella di aumentare la tassazione e i controlli per le grandi aziende extraeuropee – e le grandi aziende in generale -, per far pagare le tasse nel paese in cui si fa profitto; e utilizzare parte del ricavato nello stanziamento di fondi alla piccola e media imprenditoria e nell’innovazione tecnologica, per poter raggiungere e produrre noi quello che altrimenti siamo costretti a prendere all’estero, venendo, come abbiamo visto, anche frodati.

Tete Mir