La “Crociata contro le emissioni” varata negli ultimi anni dai principali governi occidentali continua a mietere vittime, ma trova salde sponde anche nel resto del pianeta.
E’ stata appena diffusa la notizia che in Israele, per esempio, dal 2030 non potranno più essere vendute autovetture a combustibili fossili, quindi né diesel né benzina: potranno essere solo elettriche. Quelle già esistenti, del resto, non avranno vita lunga perché si prevede di smaltirle in tempi ragionevolmente brevi. Solo per i camion ci sarà la possibilità di avere l’alimentazione a metano, in alternativa all’elettrico. Israele, del resto, ha vari giacimenti di metano, ed intende usarlo anche per alimentare le centrali elettriche, ma pure in questo caso dando sempre più spazio alla produzione di energia elettrica da fonti verdi.
La mossa varata dal governo israeliano è persino più estrema di quella già eclatante varata poco tempo fa da quello danese: in tal caso, infatti, si è detto di non voler più consentire la vendita di autovetture diesel e benzina dal 2030, con un’eccezione però per quelle ibride. Si tratta però di una misura transitoria, poiché dal 2035 il divieto di vendita sarà applicato anche a loro, con l’obiettivo di azzerrare completamente le emissioni nel paese entro il 2050.
Si tratta in entrambi i casi di progetti molto ambiziosi: in Israele, per esempio, girano oggi 177mila vetture elettriche, ma l’obiettivo nel giro di pochi anni è di approdare ad un milione e mezzo di unità; mentre in Danimarca il mercato dei mezzi elettrici nel 2017 è valso per lo 0,4% del totale ed arrivare alla totalità richiederà una pesante azione del governo. A titolo di raffronto, in Italia le auto elettriche costituiscono al momento lo 0,1% del venduto.
Nel frattempo, a Bruxelles, i ministri dell’Ambiente dei vari paesi UE si sono confrontati per 14 ore per definire i nuovi obiettivi di abbattimento delle emissioni di anidride carbonica. Entro il 2030 si dovrà quindi avere un taglio del 35% delle emissioni per le auto, ridotto al 30% per i veicoli commerciali. La soglia del 35% è stata un compromesso fra quanto votato in precedenza dagli europarlamentari, che puntavano al 40%, e quanto richiesto invece dai commissari UE, pari al 30%.
I paesi nordeuropei spingevano addirittura per limiti pari al 45%, ma si sono scontrati col parere degli altri Stati membri, che diversamente da loro hanno un’industria automobilistica da tutelare. I primi hanno poi anche criticato l’atteggiamento a loro dire troppo mite dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organismo ONU che si occupa dei cambiamenti climatici e che opera presso i vari paesi per tutelare e sensibilizzare sulla necessità di provvedere a tutela del pianeta.
Erik Jonnaert, che presiede l’ACEA, l’Associazione Europea dei Costruttori Automobilistici, ha criticato invece la scelta del 35%, pur apprezzando il ridimensionamento rispetto al 40% votato la scorsa settimana dagli europarlamentari, paventando conseguenze tanto per le industrie quanto per il mercato.
Nel frattempo, cominciando dal nostro paese, scatta la lotta contro le vecchie automobili Euro4 comprese: vetture tutto sommato ancora recenti, ma già indicate come inquinanti da molte amministrazioni regionali e locali. In Emilia Romagna i blocchi e le limitazioni hanno superato, per severità, le altre regioni: non solo le Euro3 ma anche le Euro4 sono state messe al bando, con sanzioni da 164 a 663 euro nel caso di Bologna. Anche in questo caso, però, dopo il primo duro colpo vi è stata una parziale mitigazione: dopo il vertice fra la Regione e i sindaci di trenta comuni, si è deciso infatti di riammettere alla circolazione le pur recenti Euro4.