Banca Etruria, l’Istituto di Credito di Arezzo, ha visto assolti i suoi ex vertici. Essi non avrebbero ostacolato le indagini di Bankitalia né avrebbero coperto le perdite di bilancio. Con sentenza del Gup di Arezzo, sono stati assolti Giuseppe Fornasari, ex Presidente di Banca Etruria; Luca Bronchi, ex direttore generale e Davide Canestri, ex direttore centrale. L’indignazione è naturale, visto che i tre dirigenti assolti erano accusati di ostacolo all’autorità di vigilanza in uno dei vari filoni (l’attività di vigilanza) del processo Banca popolare dell’Etruria e del Lazio. Sul banco degli imputati sono saliti i banchieri ritenuti responsabili del dissesto finanziario dell’Istituto di credito, che ha causato l’azzeramento degli azionisti e dei possessori di obbligazioni subordinate.

Ricordiamo che si tratta della Banca per la quale hanno lavorato il padre ed il fratello del Ministro Maria Elena Boschi, e che questa sentenza è come uno schiaffo sonoro alla Procura e alla Banca d’Italia (parte civile ammessa), asserendo che il fatto, non sussiste. Sentenza Inquietante.

Il primo filone d’inchiesta è partito alla fine del 2013, dopo la segnalazione di Bankitalia circa la criticità del bilancio 2012 di Banca Etruria. Secondo le indagini della procura, i tre dirigenti avevano nascosto alla Banca d’Italia la cessione di immobili da parte della società Palazzo della Fonte, una controllata dall’Istituto. Il Gup ha dichiarato che il fatto non sussiste, e l’altra accusa riguardava, sempre nel bilancio 2012, la sottovalutazione dei crediti deteriorati, intesi come incagli anziché sofferenze. Anche in questo caso, la motivazione è stata: per il Fornasari, il fatto non costituisce reato, per Canetri non aver commesso il fatto. Rimangono ora altri filoni: quello della bancarotta fraudolenta di Banca Etruria e per il Lazio. Secondo i magistrati la liquidazione favolosa destinata al Bronchi, è tra le cause del crack. Tra gli indagati troviamo anche Pier Luigi Boschi, padre della Ministra che lega il suo nome alla riforma costituzionale, seppur potrebbe il tutto presto essere archiviato.

Dunque la sentenza di ieri, conferma che la Banca d’Italia conosceva benissimo la situazione di Banca Etruria dalla primavera 2013, ma ha reso possibile l’emissione di obbligazioni subordinate di Bpel scaricandone i costi della crisi sui clienti. E fino al 2015, non c’è stata alcuna azione, sino al commissariamento dell’Istituto di Credito. E se gli organismi di vigilanza erano informati dei fatti, ora dovrebbero essere rimossi. E alla fine, come sempre, saranno a pagare i risparmiatori, quei piccoli investitori indotti a comprare le obbligazioni subordinate, che altro non erano che una gran fregatura. Ancora una volta, impunità: chi ha usato il denaro dei consumatori con tanta disinvoltura, la passerà lascia, senza risponderne davanti alla legge. Perché la banca è fallita, ma non è responsabilità di chi la guidava. Se la sentenza fosse giusta, innocenti sono i vertici, e tali lo sono anche i collaboratori. E la vigilanza, verrà punita?

Valentino Quintana

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