giorgio napolitano

Partito ormai allo sbando, il Partito Democratico è stato letteralmente sacrificato sull’altare del commissariamento tedesco, che da anni è il vero governo di Roma.

Lo confermano ancora una volta i fatti di Bardonecchia, l’irruzione della polizia francese in una sede di un’Ong, che si occupava di gestire i migranti al confine con la Francia, è emblematico della considerazione che hanno i partner europei del governo italiano. Dalla questione del mare all’invasione di multinazionali francesi sul mercato nazionale con il beneplacito dei governi marchiati PD, il nostro paese è diventato ormai terra di conquista dei francesi come ai tempi di Napoleone Bonaparte e Napoleone III.

Sull’asse francotedesco la cui elongazione su Roma è garantita dall’ultranovantenne presidente emerito Giorgio Napolitano, Renzi, che si era presentato come l’uomo del rinnovamento, ha dovuto fare più di un passo indietro, riducendosi a macchietta politica, come un Hollande qualsiasi. Il politico di Rignano sull’Arno, aveva sdoganato molti paletti del centrosinistra giungendo persino a patti con Silvio Berlusconi, il nemico di sempre, avversato dalla sinistra anche oltre il ragionevole.

L’epopea di Renzi però dura ben poco, il tempo di riuscire laddove lo stesso Berlusconi aveva fallito, dare il colpo finale ai contratti a tempo determinato con il Jobs Act. Che piaccia o meno l’alleanza strategica con l’ex cavaliere si era rivelata strategica: Renzi poteva eleggersi il Presidente della Repubblica che voleva e magari scegliere di tornare alle elezioni nel momento di massimo consenso del PD in Italia, forte del 40% ottenuto alle europee.

Il venir meno del Nazareno ha dato modo ai suoi avversari di logorarlo, dando un ruolo rilevante all’opposizione interna. Renzi, privo dell’alleato Berlusconi è rimasto completamente isolato, attaccato da destra e da sinistra, ha compattato il centrodestra e rilanciato il Movimento Cinquestelle, sino alla astrusa e malscritta riforma costituzionale, che lo ha definitivamente distrutto.

L’attento osservatore politico non può far a meno di rilevare che l’ex segretario dei dem non può essere caduto improvvisamente dalle scale, rinunciando all’alleanza con Berlusconi ed eleggendo Mattarella. Ma è chiaro che da alcuni anni non è il segretario del PD il vero padrone del partito, ma Re Giorgio. Il presidente emerito, regista degli ultimi 4 governi del paese, da Monti a Gentiloni, nello stallo politico del 2013 ha potuto decidere ancora una volta al posto dei partiti, scegliendosi il successore, e il successore di Napolitano non poteva che essere l’amico Sergio. Le due famiglie sono infatti intrecciate in vari rapporti privati e istituzionali ed entrambi i figli sono legati in qualche modo al Ministro Marianna Madia.

Napolitano, dato per fallito il progetto PD già da una decina d’anni, quando né Veltroni, né Franceschini riuscirono a fare del sodalizio tra PDS e Margherita quel partito maggioritario in grado di battere da solo il centrodestra, si è giocato la carta del Garante del progetto europeo e dell’asse franco-tedesco. Re Giorgio ha corteggiato e poi buttato dalla finestra ben 3 leader per ottenere tale obiettivo: Monti, Letta e Renzi. L’ultimo addirittura rinnegato nel suo recente discorso da presidente provvisorio del Senato…

Ma in sede PD da scaltri politici hanno capito già da tempo quale sarebbe stato il destino del loro progetto politico, dopo che l’ambizione sciagurata dei dem e di Napolitano hanno gettato l’Italia nel fango dal punto di vista economico e sociale. È il motivo per il quale dopo la sonora batosta buscata da Renzi nel Referendum del 2016 non si è andati a votare, ma si è applicato l’accanimento terapeutico del Conte Mazzanti Vien Dal Mare, in arte Paolo Gentiloni Silveri.

In quasi un anno e mezzo il governo aristocratico del discendente del Conte Vincenzo Ottorino Gentiloni, fautore del patto con Giolitti che fece uscire i cattolici dall’isolamento politico, si è messo a poste tutte le sue cose, mettendo le mani in tutti i posti in cui poteva metterle. Destinato 20 miliardi al Fondo Atlante, per i quali la maggior parte utilizzati per salvare la banca della sinistra: il Monte Paschi di Siena, spolpato letteralmente da De Benedetti e altri imprenditori d’area; prorogato i vertici dei servizi segreti; rinnovato le missioni militari, addirittura andandosi a impegnare in Niger, sempre per aiutare i francesi; nominato 48 consiglieri del CNEL, che il predecessore del Conte voleva abolire.

In politica estera ha messo l’Italia in una posizione subalterna: ha ricevuto Erdogan senza lo straccio di una critica, ha lasciato che i turchi cacciassero una nave della SAIPEM da Cipro, preso posizione sul caso Skipral al fianco della NATO e espulso 2 diplomatici russi. Un atteggiamento da governo di vicereame, che prossimo alla caduta arraffa tutto prima di scappare, sistemandosi per se e per i suoi, preparandosi all’esilio, magari lasciando qualche vetro rotto ai rivoluzionari che li stanno per spodestare.

Il burrone nel quale è caduto il PD è bello profondo, ma il fondo evidentemente non è ancora arrivato per Gentiloni, Napolitano e compagni, ma continuando così l’Italia rischia di non avere più una tradizione di sinistra in Italia. Che può essere un bene a patto che qualcuno sia in grado di sostituire questa, decisamente fallimentare.

2 COMMENTI

  1. Attribuite troppa intelligenza a Napolitano che è sempre stato solo un galoppino di patito che faceva diligentemente ciò che gli dicevano i capi. Persino Occhetto, per toglieselo di torno, lo mandò a fare il presidente della Camera!

    • Napolitano ha sempre manovrato da dietro le quinte già ai tempi del pci, quando era fautore del migliorismo e organizzava viaggi a Washington.

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