Ronald Reagan, Bettino Craxi

Nel 2011, mentre infuriava la guerra della NATO contro la Jamahiriya libica, poco prima che Tripoli cadesse (fu un bagno di sangue che i media tuttora vergognosamente nascondono), Muammar Gheddafi s’appellò a Silvio Berlusconi affinché facesse tutto quel che era in suo potere per fermare quell’immane massacro. Nella sua lettera, il Qa’id libico ricordava a Berlusconi l’accordo d’amicizia italo-libico sottoscritto meno di tre anni prima, nel quale era ben specificato come i due paesi avrebbero dovuto unirsi ed aiutarsi di fronte a simili e gravi avversità. Come sappiamo Berlusconi era troppo debole e ricattabile e diciamo anche troppo pavido per rischiare del proprio a favore di un amico che considerava ormai definitivamente spacciato, e così non mosse un dito. Il PD e Napolitano, insieme alle quinte colonne del morente governo di centrodestra (in primis La Russa e Frattini), blindavano il tutto impedendo qualsiasi pur timido tentativo d’invertire la rotta.

Non così fu negli Anni ’80, quando Bettino Craxi dimostrò ben altra stoffa morale e non solo, accettando di rischiare pur di salvare l’alleato Gheddafi anche allora sotto attacco americano e pagando in seguito, anche per questo motivo, un elevatissimo prezzo politico ed umano.

Tutto era cominciato coi cruenti fatti del dirottamento della nave “Achille Lauro”, con la trattativa avviata dal governo italiano in totale contraddizione coi dettami provenienti dalla Casa Bianca ed infine col dirottamento del Boeing 737 egiziano con all’interno gli uomini del commando palestinese guidato da Abu Abbas, inizialmente diretto verso Tunisi (a quel tempo il governo di Bourguiba aveva dato ospitalità all’OLP, pagando anche il prezzo di un’incursione aerea israeliana) e quindi intercettato da caccia americani e costretto ad atterrare in Sicilia, a Sigonella. Là s’era consumato un nuovo strappo fra le autorità italiane ed americane, con le prime decise a gestire la situazione avendo dalla propria parte il diritto internazionale e le seconde intenzionate invece a violarlo. Gli uomini della Delta Force avevano circondato i militari italiani e il governo italiano, per reazione, aveva fatto circondare a loro volta i militari americani da un altro cerchio di carabinieri e militari del nostro paese. Alla fine gli americani avevano dovuto arrendersi.

Quando poi l’aereo egiziano partì da Sigonella per dirigersi a Ciampino, si trovò la pista d’atterraggio sbarrata da un altro caccia americano, un F14 messosi di traverso. Sempre su ordine di Bettino Craxi, l’Ammiraglio Fulvio Martini, che sovraintendeva all’operazione, comunicò al pilota che se entro cinque minuti non fosse ripartito da solo, avrebbe provveduto a farlo buttare fuori dalla pista con le ruspe. Il caccia F14 ripartì mestamente. Un simile coraggio politico a tutela della sovranità italiana, nell’Italia della Seconda Repubblica, è semplicemente inimmaginabile.

Quella vicenda ebbe intuibilmente degli strascichi anche nell’anno successivo. Ronald Reagan continuava ad essere convinto che fossero soprattutto i libici la principale causa del terrorismo internazionale. Sosteneva questo con una mano, mentre con l’altra alimentava vero e proprio terrorismo in Nicaragua e nel Salvador, con lo scandalo Iran-Contras e via dicendo: ma tant’è. La crisi del Golfo di Sirte, con l’abbattimento di due caccia libici decollati da Tripoli per contrastare una violazione dello spazio aereo da parte di velivoli militari americani; l’abbattimento del DC9 ad Ustica, a quanto pare proprio perché si trovava nel bel mezzo di un conflitto aereo fra caccia libici, francesi ed americani; ed infine l’attentato presso la discoteca di Berlino Ovest “La Belle” del 5 aprile 1986, dove persero la vita due soldati americani, fatto sanguinoso di cui immediatamente Reagan attribuì la responsabilità alla Libia; tutti questi sono episodi che ben simboleggiano il livello della tensione fra l’Amministrazione USA di allora e la Jamahiriya libica di Gheddafi.

Proprio l‘attentato alla discoteca berlinese “La Belle” venne vista da Reagan come casus belli per un immediato attacco alla Libia, che si consumò il 14 aprile del 1986. Ad aiutare il presidente americano, c’era anche l’inglese Margaret Thatcher, che unì i propri aerei a quelli statunitensi. Bettino Craxi, informato dell’operazione, chiese al suo consigliere diplomatico Antonio Badini di avvertire l’ambasciatore libico in Italia, Abdurrahman Shalgam, in seguito divenuto ministro degli esteri libico. Queste sono le parole di Shalgam: “Craxi mi mandò un amico per dirmi di stare attenti, il 14 o il 15 aprile ci sarà un raid americano contro la Libia”, aggiungendo che fu proprio grazie a questo avvertimento che probabilmente il leader libico Muammar Gheddafi si salvò. Craxi aveva informato la Libia “due giorni prima dell’aggressione, forse l’11 o il 12 ci disse di stare attenti e che l’Italia non avrebbe permesso di usare il mare e il cielo” agli anglo-americani per condurre il raid.

Com’è noto, le forze anglo-americane bombardarono Tripoli e Bengasi, ma ciò provocò anche una forte spaccatura dentro la NATO. Gran parte dei suoi membri, infatti, condannarono l’azione, in primis l’Italia, dove solo i repubblicani nella compagine di governo si schierarono senza se e senza ma con Washington, come già era avvenuto ai tempi di Sigonella.