Domenica, le elezioni presidenziali brasiliane hanno posto fine al buio quadriennio di Jair Bolsonaro e rappresentato la rivincita degli ultimi, grazie alla vittoria di Luiz Inácio Lula da Silva ai danni del presidente in carica. Il ritorno di Lula alla presidenza ha ricevuto commenti positivi da parte di tutte le forze progressiste del continente e del mondo, ma questo non deve distogliere l’attenzione dalle difficoltà che il presidente eletto dovrà affrontare nel corso del suo terzo mandato.

Qui non siamo stati messi di fronte a un candidato, siamo messi di fronte alla macchina dello Stato brasiliano al servizio del candidato, per cercare di impedirci di vincere le elezioni. Siamo giunti al termine di una delle elezioni più importanti della nostra storia. Un’elezione che ha portato due progetti contrapposti per il Paese l’uno contro l’altro, e che oggi ha un unico e grande vincitore: il popolo brasiliano”, ha detto Lula dopo la pubblicazione dei risultati. “Questa non è una vittoria solo per me, né per il Partito dei Lavoratori, né per i partiti che mi hanno aiutato in questa campagna, è la vittoria di un immenso movimento democratico che si è formato al di sopra dei partiti politici, delle ideologie, affinché la democrazia potesse essere vincente”, ha aggiunto.

In questo giorno storico, la maggioranza del popolo brasiliano ha chiarito che vuole più e non meno democrazia, vuole più e non meno inclusione sociale, più e non meno mancanza di rispetto tra i brasiliani, vuole più libertà, uguaglianza e fraternità”, ha proseguito il leader del Partito dei Lavoratori (Partido dos Trabalhadores, PT), che ha ricordato come negli ultimi quattro anni il popolo brasiliano abbia subito un’erosione dei propri diritti nei settori della democrazia, dell’alimentazione, della salute, dell’istruzione, dell’alloggio e dell’inclusione sociale. Lula ha infatti fatto notare come la povertà e la denutrizione siano aumentate esponenzialmente sotto la presidenza di Bolsonaro, il Brasile sia il terzo produttore di cibo al mondo e il primo di proteine ​​animali.

Riporteremo il Paese nella sua posizione internazionale. Diciamo al mondo che il Brasile è tornato”, ha assicurato Lula, che in passato aveva giocato un importante ruolo nella comunità internazionale, essendo stato tra i promotori dei BRICS e dell’integrazione regionale sudamericana. In questo senso, ha aggiunto che si batterà per una nuova governabilità globale, per l’inclusione di più nazioni nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e per porre fine al diritto di veto. Infine, si è impegnato nel portare avanti la lotta contro i cambiamenti climatici, invertendo il processo di deforestazione dell’Amazzonia: “Il Brasile è pronto a riprendere il suo ruolo contro la crisi climatica globale. Il Brasile e il pianeta hanno bisogno di un’Amazzonia viva. Ecco perché riprenderemo la sorveglianza dell’Amazzonia e monitoreremo tutte le attività di sfruttamento illegale. Dimostreremo ancora una volta che è possibile ottenere ricchezza senza danneggiare l’ambiente. Abbiamo un impegno nei confronti delle popolazioni indigene e degli ecosistemi”, ha concluso.

Come detto, il nuovo presidente brasiliano dovrà fare i conti con numerose difficoltà nel suo terzo mandato, a partire dalla forte frammentazione parlamentare, che lo porterà inevitabilmente a dover trovare compromessi con altre forze politiche. In secondo luogo, il voto di domenica ha restituito una cartina del Brasile suddivisa nettamente tra Stati rossi, favorevoli a Lula, e Stati blu, in cui ha vinto la destra. Mentre il candidato di sinistra ha ottenuto successi netti negli Stati più poveri del nord-est, le aree più ricche, come San Paolo e Rio de Janeiro, sono rimaste fedeli a Bolsonaro.

Nel ballottaggio per la carica di governatore dello Stato di San Paolo, in particolare, Fernando Haddad, già candidato del PT alle presidenziali di quattro anni fa, è stato battuto da Tarcísio de Freitas dei Republicanos, che ha superato il 55% dei consensi. L’elezione statale di San Paolo era considerata particolarmente importante dallo stesso Lula, che si era fortemente speso a sostegno della candidatura di Haddad. A Rio de Janeiro, invece, aveva già vinto al primo turno Cláudio Castro, il candidato del Partito Liberale (Partido Liberal, PL) di Bolsonaro.

Il PT ha dunque eletto i propri governatori solamente negli Stati di BahiaCearáPiauí e Rio Grande do Norte, mentre il PL di Bolsonaro, oltre al già citato caso di Rio de Janeiro, è uscito vincente unicamente nello Stato di Santa Catarina, dove Jorginho Mello ha sconfitto al ballottaggio il petista Décio Lima. Da notare anche le vittorie del Partito Socialista Brasiliano (Partido Socialista Brasileiro, PSB), la formazione del vicepresidente eletto Geraldo Alckmin, che ottiene il governo negli Stati di Espírito SantoMaranhão e Paraíba.

Nel complesso, sui 26 Stati che compongono la federazione brasiliana, ben quattordici saranno governati da partiti riconducibili al centro-destra o alla destra, mentre solamente otto saranno quelli sotto il controllo delle formazioni di centro-sinistra (comprendendo anche la vittoria della lista Solidariedade nello Stato di Amapá) e cinque saranno governati da partiti centristi. A dimostrazione di come la riconquista del Brasile da parte delle forze progressiste sia solamente agli inizi.

GOVERNATORI ELETTI

Acre – Gladson Cameli (Progressistas)
Alagoas – Paulo Dantas (Movimento Democrático Brasileiro, MDB)
Amapá – Clécio Luís (Solidariedade)
Amazonas – Wilson Lima (União Brasil)
Bahia – Jerônimo (PT)
Ceará – Elmano de Freitas (PT)
Distrito Federal – Ibaneis Rochas (MDB)
Espírito Santo – Renato Casagrande (PSB)
Goiás – Ronaldo Caiado (União Brasil)
Maranhão – Carlos Brandão (PSB)
Mato Grosso – Mauro Mendes (União Brasil)
Mato Grosso do Sul – Eduardo Riedel (Partido da Social Democracia Brasileira, PSDB)
Minas Gerais – Romeu Zema (Partido Novo)
Paraná – Ratinho Junior (Partido Social Democrático, PSD)
Paraíba – João Azevêdo (PSB)
Pará – Helder Barbalho (MDB)
Pernambuco – Raquel Lyra (PSDB)
Piauí – Rafael Fonteles (PT)
Rio de Janeiro – Cláudio Castro (PL)
Rio Grande do Norte – Fátima Bezerra (PT)
Rio Grande do Sul – Eduardo Leite (PSDB)
Rondônia – Coronel Marcos Rocha (União Brasil)
Roraima – Antônio Denarium (Progressistas)
São Paulo – Tarcísio de Freitas (Republicanos)
Santa Caterina – Jorginho Mello (PL)
Sergipe – Fábio (PSD)
Tocantins – Wanderlei Barbosa (Republicanos)