Lee Kuan Yew, lo storico padre fondatore della Singapore moderna, è scomparso poco più di un anno fa. Eppure, le sue azzeccate intuizioni continuano a costituire materia studio in molti Paesi emergenti, dove l’esempio della città-stato del Sud-est asiatico rappresenta uno dei maggiori successi sociali ed economici della seconda metà del Novecento: una metropoli di circa 5,5 milioni di abitanti che, sfruttando al massimo la sua strategica posizione geografica alla fine dello Stretto di Malacca, vanta un PIL da potenza regionale, il miglior clima per gli investimenti al mondo, decine di grandi aziende capaci di investire in tutto il globo nei più svariati settori (trasporti, logistica, immobiliare, bancario, agri-business, Oil&Gas ecc.) e uno dei welfare più avanzati in Asia e nel pianeta, elevatissimi coefficienti di efficienza e trasparenza amministrativa.
Da ieri, poche ore dopo il Brexit, sta rimbalzando sul web una previsione che l’ex leader singaporiano ha espresso quattro anni fa, quando, interpellato sul tema, disse: “No, non vedo l’Unione Europea come una fonte d’ispirazione per il mondo. Piuttosto la vedo come un’impresa concepita in modo sbagliato perché si è espansa troppo velocemente e probabilmente destinata al fallimento”. Tra i Paesi fondatori dell’ASEAN, il secondo mercato comune più longevo dopo l’Unione Europea, dal 1967 Singapore ha acquisito molta esperienza in materia di regionalismo e integrazione economica. Pare proprio che Lee Kuan Yew la sapesse davvero molto lunga.