Due importanti notizie provenienti dal Burkina Faso sono circolate negli ultimi giorni: la prima riguarda la presunta liberazione di Roch Marc Christian Kaboréil presidente destituito il 24 gennaio scorso da un golpe militare; la seconda è invece la condanna al carcere a vita per Blaise CompaoréHyacinthe Kafando e Gilbert Diendéré, considerati come i principali colpevoli dell’omicidio di Thomas Sankara e di altre dodici persone, il 15 ottobre 1987.

La notizia della presunta liberazione di Kaboré ha iniziato a circolare nei giorni scorsi, senza però trovare riscontri effettivi. In carica dal dicembre del 2015 e confermato per un secondo mandato alle elezioni del novembre 2020, Kaboré era stato messo in detenzione dopo il golpe militare che lo aveva destituito lo scorso 24 gennaio. In una conversazione del 6 aprile, però, il nostro contatto di Ouagadougou, vicino al partito di Kaboré, ha categoricamente smentito la notizia, bollandola come una “fake news”.

Solamente nella tarda serata dello stesso 6 aprile, il portavoce del governo ha rilasciato una nota ufficiale nella quale si annunciava il rilascio dello stesso Kaboré, secondo le richieste effettuate dai Paesi membri dalla CEDEAO, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale. Tuttavia, ancora il nostro contatto ci è venuto incontro per chiarirci la situazione: secondo la sua ricostruzione, l’ex presidente non sarebbe libero, ma in “residenza sorvegliata”. In pratica, si trova agli arresti domiciliari.

Solo la famiglia e alcuni membri della sua cerchia possono avere accesso a lui”, ci ha detto il nostro contatto. “Non è stato liberato, ha cambiato solo luogo di detenzione e si trova in condizioni migliori”. “In questi casi, le visite vengono severamente filtrate e il detenuto non ha nemmeno accesso al telefono”.

La notizia che ha avuto maggiore rilevanza mediatica, però, riguarda certamente la condanna al carcere a vita per i principali responsabili del golpe che portò alla morte di Thomas Sankara e dei suoi compagni, il 15 ottobre 1987. “È un giorno di giustizia non solo per Thomas Sankara e i suoi compagni, è un giorno di giustizia per tutto il popolo del Burkina Faso”, ha commentato il giornalista Abdoulaye Diallo.

Abbiamo chiesto giustizia, verità, e il processo ha confermato molte cose che erano state dette. Il verdetto è arrivato, il giudice ha fatto quello che poteva. Il nostro obiettivo era anche la fine di questa violenza politica. Penso che questo verdetto farà riflettere molte persone. Ringrazio tutti i media, che ci hanno sostenuto da quando è stata presentata questa denuncia”, ha detto la vedova Miriam Sankara.

Nonostante lo storico verdetto, che dopo quasi 35 anni ha contribuito a ricostruire in maniera inconfutabile la verità storica, in molti hanno fatto notare alcune lacune non da poco, prima di tutto quella per la quale due dei tre imputati principali, Blaise Compaoré e Hyacinthe Kafando, si trovino ancora oggi in stato di latitanza. Come noto, infatti, Compaoré si è rifugiato in Costa d’Avorio dopo la sua destituzione nel 2014, ottenendo addirittura la cittadinanza di quel Paese, mentre non è nota l’attuale ubicazione di Kafando, che secondo alcuni non avrebbe mai lasciato il Burkina Faso. Quanto a Gilbert Diendéré, costui si trovava già in carcere per le sue responsabilità nel golpe del settembre 2015.

Di fatto, con ogni probabilità, oggi 71enne, Blaise Compaoré finirà i suoi giorni nella sua lussuosa residenza di Yamoussoukro, dopo essere stato il principale artefice del golpe contro Sankara ed aver governato il Paese con piglio autoritario ed antipopolare per 27 anni. Addirittura, il nostro contatto prevede un epilogo che non renderebbe affatto giustizia alla memoria di Thomas Sankara, ma rappresentrebbe piuttosto una beffa: “Sappiamo già come andrà a finire. Compaoré chiederà la grazia presidenziale, che gli verrà accordata”. Non dimentichiamo, infatti, che il presidente golpista Paul-Henri Sandaogo Damiba ha fatto parte della guardia presidenziale di Compaoré fino al 2011.

Infine, in molti aspettano l’apertura del dossier internazionale riguardante l’omicidio di Thomas Sankara. Il processo che si è concluso in questi giorni riguardava infatti unicamente il filone nazionale, ma molti elementi hanno messo in evidenza le responsabilità dei governi occidentali, in particolare quelli di Francia Stati Uniti, ma anche dei governi di altri Paesi africani, come la stessa Costa d’Avorio. Fino a quando non verrà chiarito il coinvolgimento delle forze straniere, dicono in molti, giustizia non sarà stata fatta.