L’inconsistenza dell’accusa di doping rivolta a Maria Sharapova è sotto gli occhi di tutti. Risulta quasi inutile tentare una difesa davanti a così tante incongruenze.

Anzitutto sembrano pachidermiche le stesse “istruzioni per l’uso” inviate agli atleti dalla WADA, quasi a fare in modo che diventino difficilmente interpetabili proprio per usare il caso specifico come leva geopolitica, da utilizzare nel momento del bisogno. Stante a quanto dichiarato dalla Sharapova stessa la procedura per conoscere se un farmaco è presente o meno nelle liste aggiornate è, di fatto, impossibile:
Per quanto riguarda le email, se un giocatore avesse voluto accertare i fatti specifici riguardo le medicine aggiunte alla lista anti-doping, era necessario aprire l’email “Player News”, leggere attraverso una dozzina di collegamenti non correlati, trovare il link “Player Zone”, inserire una password, inserire un nome utente, leggere uno schermo a casa con più di tre dozzine di diversi collegamenti che coprono più argomenti, trovare il link ‘2016 Changes to Tennis Anti-Doping Program and Information’, fare clic su di esso e poi leggere una pagina con circa tre dozzine di collegamenti che coprono molteplici questioni antidoping. Poi si doveva cliccare sul link corretto, aprirlo, scorrere verso il basso a pagina due, e lì è dove si sarebbe trovato un nome diverso del farmaco che stavo prendendo. In altre parole, al fine di essere consapevoli di questo “warning”, era necessario aprire una e-mail con un oggetto che non ha nulla a che fare con l’antidoping, cliccare su una pagina web, inserire una password, inserire un nome utente, cercare, cliccare, cercare, cliccare, cercare, cliccare, scorrere e leggere. Credo che sia un po’ troppo sui media chiamarlo avvertimento. Credo che la maggior parte delle persone lo avrebbe definito troppo difficile da trovare
questa la lunga spiegazione della tennista, affidata ad un post sulla sua pagina internet ufficiale.

Ma la principale incongruenza è quella legata all’effettiva natura dopante del farmaco incriminato, il “meldonium”, inserito nella lista delle sostanze proibite il 1° gennaio del 2016. L’inventore della medicina, il lettone Ivars Kalvin, ha dichiarato:
“Dichiarando fuorilegge il meldonium si mette a rischio la vita di molti atleti professionisti, il suo uso portegge il cuore di chi, soprattutto in allenamento, si spinge oltre i limiti, e pone il suo sistema cardiovascolare al riparo da danni irreversibili. Considero la scelta della Wada un grave errore professionale, una pessima decisione, non c’è alcuna prova scientifica che il meldonium migliori la prestazione, esso si limita a prevenire danni vascolari in condizioni di fatica estrema”

Anche il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha espresso tutto il suo stupore per la decisione della WADA in una dichiarazione rilasciata all’agenzia Ria Novosti:
“Io credo che in risposta a domande professionali devono seguire chiarimenti professionali. Può essere che i responsabili della WADA avessero buone ragioni, che né a noi, né alla comunità scientifica, né alla comunità degli esperti sono note”.