Secondo il portavoce del governo catalano Jordi Turull, al referendum il “sì” all’indipendenza avrebbe vinto col 90% dei voti. Al voto avrebbero partecipato 2,2 milioni di elettori, su un totale di 5,3 chiamati alle urne. Il “no” si sarebbe attestato ad un misero 7,8%.
All’annuncio dei risultati, migliaia di sostenitori dell’indipendenza si sono radunati in Piazza Catalunya. Contemporaneamente tutto il centro di Barcellona s’è ritrovato invaso dalle bandiere catalane.
Stando alle parole del portavoce Jordi Turull, la partecipazione al voto avrebbe potuto superare anche il 55% “in condizioni diverse”, ovvero senza l’intervento nei seggi della polizia spagnola. Le schede conteggiate, pari a 2,262 milioni, costituiscono infatti il 42,2% degli aventi diritto al voto. Altri 770mila elettori, ha riferito il portavoce, erano iscritti ai 400 seggi chiusi dalla polizia di Madrid. Si ritiene che la maggior parte delle persone contrarie all’indipendenza, piuttosto che votare no, abbia preferito non recarsi proprio ai seggi.
Il Presidente catalano Carles Puigdemont ha annunciato che trasmetterà i risultati del voto referendario al parlamento nei prossimi giorni, affinchè vengano prese le decisioni del caso. La normativa approvata nello scorso agosto e sospesa dalla Corte Costituzionale spagnola, infatti, prevede fra le varie cose che l’assemblea possa dichiarare l’indipendenza nell’arco delle 48 ore successive alla proclamazione del risultato del referendum.
Oggi, nel frattempo, il premier spagnolo Mariano Rajoy presiederà la direzione del Partito Popolare per vagliare le iniziative degli indipendentisti catalani e le ultime dichiarazioni di Puigdemont. La tensione, dentro il partito così come nel governo e nelle istituzioni spagnole, è molto alta. Gli 844 feriti provocati dall’intervento delle forze dell’ordine spagnole presso i seggi hanno sollevato numerose polemiche. Si ritiene che, grazie anche alla macchina mediatica (non sono mancate foto di vecchie manifestazioni degli anni passati spacciate per immagini della repressione governativa contro gli indipendentisti, per esempio), l’intervento del governo di Madrid sia stato una sorta di boomerang per Rajoy, e che abbia fornito una grossa spinta pubblicitaria alle ragioni degli indipendentisti. Molti elettori indecisi potrebbero per esempio aver scelto il “sì”, sdegnati dall’atteggiamento delle autorità madrilene.
Carles Puigdemont ha dichiarato che “i cittadini catalani si sono guadagnati il diritto ad uno Stato indipendente”. E ha lanciato un appello all’Europa perché smetta d’ignorare la crisi catalana e “le violazioni dei diritti umani” di cui s’è resa responsabile la Spagna. “E’ una vergogna che accompagnerà per sempre lo Stato spagnolo”, ha infatti tuonato, riferendosi ai numerosi feriti. E Jordi Turull ha aggiunto: “Dai tempi del franchismo non si vedeva una tale violenza di Stato”, minacciando di portare Madrid “davanti ai tribunali internazionali”. L’ex Presidente Artur Mas ha invece sentenziato: “Oggi la Spagna ha perso la Catalogna”.
Secondo Madrid invece l’operato della polizia è stato “esemplare”. “Hanno agito in forma professionale e proporzionale”, ha spiegato la vicepremier Soraya de Santamaria. Mariano Rajoy ha invece dichiarato che “Non c’è stato alcun referendum” e che “la maggioranza dei catalani non ha partecipato”, definendo il tutto come “una sceneggiata”.
La tensione, dunque, non accenna a calare. Questo referendum ha visto persino scontri fra le forze dell’ordine catalane e quelle dello Stato centrale, i Mossos contro la Guardia Civil. Probabilmente ciò che abbiamo visto finora è soltanto il preludio: se davvero il parlamento catalano arriverà a proclamare ufficialmente l’indipendenza della Catalogna, l’intervento di Madrid con la reazione che ne seguirà sarà facilmente prevedibile. E anche difficilmente evitabile.
La probabilità che si crei una guerra civile strisciante nel cuore dell’Unione Europea, davanti al Mediterraneo e a pochi passi da casa nostra non è dunque un’ipotesi tanto peregrina.
2,2 milioni di elettori, su un totale di 5,3 chiamati alle urne.
Comunque sia non e’ la maggioranza degli aventi diritto al voto e per una cosa cosi importante mi sembra non sufficiente per poter dichiarare una qualsiasi forma di seccessione.
Questo ovviamente al di la’ delle valutazioni della giustezza o no di una decisione di questo tipo.
Forse da parte del governo centrale sarebbe il caso di indire una qualche forma di consultazione allargata che consenta di verificare veramente il consenso della popolazione catalana alla eventuale secessione dalla Spagna.
In fondo il 90% dei consensi del 42% degli aventi diritto al voto sono comunque una cifra seria e da prendere in seria considerazione.
Un eventuale snobbamento di questa situazione potrebbe fare sicuramente innalzare questa quota portando definitivamente la maggioranza della popolazione catalana su posizioni seccessioniste.
La principale responsabilita’ di un eventuale deperimento della siuazione politica ora e’ tutta in mano al governo centrale.