Quest’anno il premio Nobel per l’economia è stato conferito, a detta di molti tecnici meritatamente, ad Angus Deaton “per le sue analisi sui consumi, sulla povertà e sul welfare”. Non condizionato dal riconoscimento ricevuto, il professore di origini scozzesi, ha pubblicato pochi giorni dopo il conferimento del premio, un studio shock riguardo la drammatica contrazione delle aspettative di vita tra la popolazione bianca americana di età compresa tra i 45 e i 54 anni nel periodo tra il 1999 e il 2013.


grafico

L’evidente inversione di tendenza visibile nel grafico sopra, sovverte decenni di miglioramenti, ed è un caso assolutamente unico nei Paesi sviluppati. Lo studio, infatti, evidenzia come, in questa fascia di popolazione, siano tragicamente in crescita le morti causate da droga, suicidi e malattie legate all’alcolismo come la cirrosi epatica. Secondo lo studio, le mutate condizioni economiche avrebbero maggiormente colpito i bianchi con uno diploma di scuola superiore o titolo inferiore, acuendo il divario dettato dalla diversa scolarizzazione rispetto a chi, a costo di enormi sacrifici in primis economici, ha potuto frequentare i costosi collage americani.

L’ultimo lavoro di Deaton attribuisce al deterioramento della situazione economica delle persone appartenenti al campione, la responsabilità del peggioramento delle loro aspettative di vita. Questo indirettamente conferma l’andamento dell’indice di Gini per gli Stati Uniti (il cui grafico è stato recentemente pubblicato in un nostro articolo) il quale evidenziava una crescente disuguaglianza nella società americana. Seppur il PIL sia sempre aumentato (tranne per il 2009) è evidente come non solo i più poveri o le minoranze etniche siano esclusi da tali benefici, ma anche buona parte della middle class (in particolare, bianchi con livello di istruzione medio e basso).

Un nuovo importante contributo arriva da un altro premio Nobel per l’economia, Joseph E. Stiglitz, il quale, commentando l’ultimo lavoro di Deaton, preannuncia la fine della classe medio borghese americana. Secondo l’economista, se gli Stati Uniti si sono sempre dovuti confrontare con le differenze tra bianchi e afro americani, in merito a reddito e aspettative di vita, ora il problema è notevolmente cambiato. I risultati proposti da Deaton e Case (coautore della ricerca) mostrano che quella americana, sta diventando una società sempre più divisa, non tanto tra bianchi e afro-americani, ma tra l’1% della società e la restante parte; tra chi può vantare un alto livello di istruzione e i meno istruiti, a prescindere dalla razza.
Basti rilevare che il reddito mediano di un lavoratore dipendente di sesso maschile a tempo pieno oggi è inferiore a quello che di 40 anni fa, così come i salari dei diplomati maschi sono crollati di circa il 19 % nel periodo tra il 1999 e il 2014. Il recente lavoro edito dal nuovo Premio Nobel, è però di fondamentale importanza poiché si spinge oltre, mostrando che il divario tra le classi non è più solo questione di salari, ma anche di aspettativa di vita.
Stiglitz conclude quindi che i bianchi americani di mezza età, mediamente istruiti che compongono l’ormai ex ceto medio, rappresentano una specie in via d’estinzione: da un lato per l’aspettativa di vita in discesa libera, dall’altro per la tendenza a scendere un gradino nella scala sociale della sempre più classista società made in USA.