
I protagonisti dell’andata delle semifinali di Champions League sono stati loro. Uno è portoghese, si chiama Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro, ha 31 anni e da anni è il re incontrastato (forse anche Mida, diciamolo pure) del Real Madrid. L’altro è argentino, di nome fa Gonzalo Gerardo Higuain, ha 29 anni e re, della Torino sponda bianconera, lo vuole diventare e ci sta lavorando.
Cristiano Ronaldo e Gonzalo Higuain. Due uomini, calciatori sì diversi ma per una serata, martedì uno e mercoledì l’altro, accomunati da un solo destino. Trascinare a suon di goal le rispettive squadre verso la finale di Cardiff del 3 giugno. Il dì del probabilissimo scontro diretto per la contesa della Coppa dalle grandi orecchie.
Il primo, dopo aver sbattuto fuori il Bayern Monaco dell’ex indimenticato Carlo Ancelotti con cinque marcature, ha fatto (quasi, per ora, in attesa di mercoledì) lo stesso con l’Atletico Madrid, nel remake della finale del 2014 e dello scorso anno quando, guarda caso (davvero beffardo il destino) è stato lui a calciare il rigore decisivo.
Questa volta le marcature, tre, tutte di pregevole fattura, sono arrivate nei 90′. Fanno sette nelle ultime tre partite continentali, 103 in totale in Champions League, 106 nelle competizioni europee. In realtà, c’è anche di più: quattro palloni d’oro (record per un giocatore europeo), 399 goal in 389 partite disputate con i blancos, tre Coppe dei Campioni vinte, miglior marcatore nei derby di Madrid e del Real, l’unico calciatore nella storia a esser andato a segno per più di 50 volte in competizioni ufficiali in sei stagioni consecutive.
Il secondo, invece, si era appiccicato una brutta etichetta, che da anni, per esempio, accostano a Zlatan Ibrahimovic. Segnare caterve di goal in patria, e pochini quando si tratta di giocare in mezzo alla settimana.
Se l’era guadagnata perché nella Juventus dei vari Buffon, Cuadrado, Bonucci, Barzagli, Dybala, lui non c’era. Non ha lasciato il segno né contro il Porto e né contro il Barcellona, ma timidamente soltanto nella prima fase. Mercoledì, quindi, nel principato di Monaco, è entrato ranocchio e ne è uscito principe, anzi da re come hanno scritto alcuni giornali italiani del day after.
È bastata una doppietta per far cambiare idea ad alcuni opinionisti, ma la realtà è semplice. Il Pipita non è un “animale” europeo, sicuramente, ma è uno degli attaccanti centrali più forti al mondo. E tanto basta.
Cristiano e Gonzalo. Due modi diversi di fare calcio. Due stili differenti per essere uomini copertina.
Real Madrid-Atletico Madrid 3-0
Non c’è stata partita al Bernabeu. Zinedine Zidane (ecco, forse, si dovrebbero elogiare meglio le sue doti da allenatore) ha imbrigliato benissimo Diego Simeone, impostando una gara molto attenta e accorta a livello tattico, per sfruttare al meglio le ripartenze offensive, soprattutto con un Cristiano Ronaldo implacabile nel suo ruolo di centravanti e senza Gareth Bale.
Certo, la marcatura dopo 10′ ha aiutato e non poco i Campioni d’Europa in carica a impostare la gara come volevano, ma martedì sera si era su due piani diversi.
Tutto merito del Real? L’Atletico è apparso impacciato, spuntato in avanti dove ha creato pochi pochissimi grattacapi davanti a Navas, sofferente a centrocampo e debole in difesa, da sempre i punti di forza della compagine del Cholo. Che subisce la sconfitta europea più pesante negli ultimi anni, ma è una conferma sul fatto che al tecnico argentino e alla sua squadra forse occorre qualcosa per diventare vincenti. Probabilmente, farebbe bene a cambiare aria dopo 5 stagioni e mezzo – e cinque titoli, tra cui una Europa league e una Supercoppa europea – passati in prima linea.
E, nel frattempo, il Real è l’unica squadra che ha sempre vinto tutte le partite a eliminazione diretta, segnando 15 reti in cinque partite. Un rullo compressore.
Monaco-Juventus 0-2
Anche a Monaco, quella francese, va in scena una grande lezione tattica firmata Massimiliano Allegri.
I Campioni d’Italia giocano, appunto, all’italiana. Pensando prima a non prenderle, mostrando una grande organizzazione offensiva e un insuperabile Gianluigi Buffon (gara numero 100 nell’Europa che conta) che in Francia, vedasi Lione qualche mese fa, è sempre super ispirato.
Cercando, poi, di fare male, malissimo, con la qualità degli uomini davanti. Di Higuain si è già detto, ma guai a dimenticare le giocate di Dybala, l’esperienza di Dani Alves, i sacrifici di Mandzukic, la sostanza di Marchisio.
Anche fuori dalle mura italiche, insomma, la Juventus ha capito di essere forte (solo questione di modulo?) e di poter far male a chiunque in qualsiasi momento. Non è sicuramente la squadra più forte del continente, ma è quella organizzata meglio e impossibile da scalfire.
Due reti subite in 11 partite, nessuna nelle ultime sei. Chiaro, no?