
Cile-Argentina è la partita delle tante “prime volte”:
Il primo trofeo in assoluto nella bacheca del Cile, alla veneranda età di 99 anni.
La prima Coppa America conquistata, dopo che c’è andata vicina già 60 anni fa, sempre a domicilio, e sempre contro l’Argentina.
Già, l’Argentina. Per la prima volta sconfitta dal Cile nella competizione, e per la seconda volta consecutiva fermatasi a un passo dal traguardo.
L’anno scorso, in Brasile, è stata la Germania e Mario Gotze a impedire a Messi e compagni di coronare il sogno mondiale. Quest’anno, invece, sono fatali i calci di rigore – emblematico il cucchiaio di Sanchez – a impedire all’Albiceleste di portare a casa una Copa che manca dal 1993. Germania e Cile. Accomunate anche da due immagini. Da un lato le lacrime di Messi, che si conferma ancora una volta poco decisivo in nazionale (un solo gol, su rigore, in questa edizione) e ancora incapace di alzare un trofeo. Dall’altro gli errori di Gonzalo Higuain, già fatali contro la Germania e decisivi anche ieri, come dimostra il gol divorato al 91′ e la “ciavattata” sul calcio di rigore.
C’è, poi, una maledizione per il Pipita dai tiri dagli 11 metri. Davvero tanti sbagliati quest’anno, e alcuni davvero decisivi. Basta chiedere al Napoli e a Rafa Benitez per conferma.

Finisce 4-1, insomma. Il Cile gongola. Si prende la Coppa e la partecipazione alla Confederations Cup del 2017 in Russia. Anche questa è una prima volta…
La Roja ha meritato? Non ha certamente rubato nulla, giocando assolutamente alla pari con i vice campioni del mondo.
Per provare a limitare Lionel Messi e lo straordinario potenziale offensivo dell’Albiceleste, il commissario tecnico Sampaoli decide di scommettere su un inedito quanto rischioso 3-4-1-2, con lo spostamento di Medel sul centro-sinistra a mordere le caviglie della Pulce e l’arretramento di Diaz in difesa. Nessuna alchimia invece per il “Tata” Martino, che conferma la formazione che ha schiantato il Paraguay in semifinale, a parte la presenza di Demichelis al centro della difesa nonostante il recupero di Garay.
La contesa è subito incandescente, ma la Prima svolta poco prima della mezz’ora, quando Di Maria è costretto ad alzare bandiera per un infortunio muscolare. L’Argentina perde così efficacia nelle ripartenze, ma riesce a guadagnare metri perché il Cile abbassa ritmo e baricentro e inizia a soffrire in difesa.
Anche la ripresa si gioca a viso aperto. La tensione però è a mille sugli spalti, dove i familiari di alcuni giocatori argentini vengono aggrediti con insulti e spintoni. Bersaglio principale è Rodrigo Messi, fratello della Pulce, che subisce una botta alla nuca. Per riportare la calma si è reso necessario l’intervento dell’ambasciatore argentino. I Messi sono stati fatti sedere su una zona più defilata della tribuna, lontana dai caldi tifosi cileni, dove hanno potuto seguire la partita in tranquillità.
La finale scivola via con le due squadre sempre più stanche, e a parte l’incredibile gol fallito da Higuain al 92′ (azione imbastita sull’asse Messi-Lavezzi), accade poco o nulla. Anche ai supplementari.
Per risolvere la questione, allora, servono i calci di rigore: per la Roja segnano Fernandez, Vidal e Aranguiz, per l’Albiceleste fa centro Messi prima degli errori di Higuain e Banega. Poi il rigore decisivo di Alexis Sanchez, che fa esplodere di gioia gli oltre 45 mila tifosi sugli spalti e dà il via alla festa per le strade di Santiago. Quello che sembrava un sogno è diventato realtà.
Michele Cotugno Depalma