Nel giorno della Festa della Repubblica popolare cinese lo yuan è di fatto entrato nel paniere delle valute utilizzate dal Fondo monetario internazionale per il calcolo dei DSP (diritti speciali di prelievo) insieme a dollaro, euro, sterlina e yen.

I DSP sono un’unità di conto creata dal Fmi nel 1969 al fine di essere utilizzata come riserva valutaria delle banche centrali degli Stati membri (sostituendo parzialmente l’oro e il Dollaro). Questi, infatti, non sono una vera e propria moneta, ma conferiscono ad una banca centrale il diritto di acquistare, da un altro Stato membro una o più delle quattro valute citate sopra in caso di necessità (cinque con l’inserimento dello yuan). Rispetto a come furono concepiti, i DSP hanno avuto un impiego ed una importanza marginale nel sistema monetario globale, tant’è che alcuni esperti hanno espresso scetticismo riguardo il recente passo compiuto dalla Cina.

I PROBLEMI DEL DOLLARO-CENTRISMO

Seppur i DSP non abbiano tutte le caratteristiche delle valute che noi conosciamo e che utilizziamo quotidianamente, questi nascono da una esigenza che è andata rafforzandosi con l’espansione del commercio internazionale. La necessità di una moneta fiduciaria “mondiale”, tra gli altri, è ribadita da Keynes durante la conferenza di Bretton Woods del 1944, quando i paesi più industrializzati del mondo si confrontarono per stabilire i meccanismi che avrebbero regolato le relazioni commerciali e finanziarie per gli anni seguenti.

A dispetto del Bancor sostenuto dall’economista inglese, a trionfare fu l’idea di un sistema monetario internazionale a cambi fissi disegnato sulla piena e soprattutto esclusiva convertibilità del dollaro in oro. Keynes si batteva comprensibilmente per bilanciare il potere del biglietto verde con quello della sterlina, ma vide accantonati i propri progetti esattamente come l’Inghilterra verso la fine dell’ottocento, ai tempi potenza dominante, rigettò la richiesta di creare una sorta di unificazione monetaria proveniente dai dirimpettai transalpini.

Il sistema che si delineò nella cittadina del New Hampshir, era basato su rapporti di cambio fissi tra le valute, tutte agganciate al dollaro, il quale a sua volta era agganciato all’oro. In un sistema così designato quindi, tutti i paesi tranne gli USA avevano politiche monetarie inefficaci ai fini dell’equilibrio interno, il che avrebbero pesato per anni sull’intero sistema globale.

L’egemonia degli Usa poneva però il Paese davanti a grandi contraddizioni tra cui quelle enunciate dal Dilemma di Triffin. Con lo svilupparsi del commercio mondiale la banca centrale americana doveva far fronte alle richieste di moneta, sempre più pressanti, che provenivano dai paesi esteri, i quali per acquistare prodotti e materie prime avevano necessità di reperire dollari.

Le riserve auree di Fort Knox, tuttavia, non erano abbastanza capienti per garantire la piena convertibilità del dollaro in oro stabilita dagli accordi del’44. L’alternativa di limitare la liquidità fornita all’estero, in modo che l’offerta di moneta non eccedesse le reali disponibilità di oro, non era molto allettante. Questa scelta avrebbe, infatti, compromesso la possibilità delle altre nazioni di acquistare i beni americani, frenando la crescita statunitense.

LA FINE DI BRETTON WOODS

Davanti all’incombenza di una crisi finanziaria, nel 1971 il Presidente Nixon sospese arbitrariamente ed unilateralmente la convertibilità del dollaro in oro. Decaduto l’obbligo di garantire il cambio con il metallo prezioso, la Federal Reserve poté continuare a soddisfare la domanda di Dollari indipendentemente dalle riserve auree.

Tale regime venne rimpiazzato da un ‘non-sistema’, che è semplicemente il risultato di scelte dei singoli paesi all’interno di un vasto menù di regimi di cambio – dai tassi liberamente fluttuanti, ai tassi fissi, fino ad arrivare alle unioni monetarie. (La crisi globale e il futuro del sistema monetario internazionale. Fabrizio Saccomanni) 1

La fine di Bretton Woods non compromise tuttavia l’egemonia della valuta americana, che rimaneva l’unico strumento di finanziamento degli scambi commerciali. In questo modo, non venne sciolto il nodo fondamentale alla base del dilemma concepito dall’economista belga così gli Stati Uniti nel ruolo di emittente unico di valuta, avrebbe dovuto convivere con un deficit strutturale della bilancia dei pagamenti e di conseguenza con una crisi di fiducia nei suoi confronti.

Questo ha portato nel tempo all’esplosione di bolle speculative, drammatiche svalutazione e momenti di caos globale che hanno caratterizzato l’epoca contemporanea. La crisi dei sub-prime del 2008 ha dimostrato, solo in ultimo, i rischi di una bilancia dei pagamenti in deficit strutturale.

Se da un lato gli Stati Uniti garantiscono verso l’estero un adeguato flusso di valuta, dall’altra parte il mondo, dopo aver acquisito dollari ha concentrato i propri investimenti proprio verso gli States che garantivano una redditività maggiore. Così facendo l’afflusso di denaro ha pompato oltremodo alcuni settori dell’economia americana. Le banche diventavano così troppo grandi per fallire ma anche per essere salvate e l’immobiliare era ormai una bolla irrimediabilmente pronta ad esplodere. Solo successivamente alla ingloriosa fine di alcune banche americane e il crollo dei mercati occidentali i capitali iniziarono a migrare verso oriente.

LA NASCITA DEI DSP (DIRITTI SPECIALI DI PRELIEVO)

I DSP nascono in questo contesto, come strumento di liquidità globale alternativo al dollaro per mitigare le minacce del sopra esposto modello di Triffin e prevenire crisi economiche globali. Fu l’economista belga ad individuare la soluzione di un’unità di conto composta da un paniere delle monete allora maggiormente utilizzate negli scambi commerciali internazionali. La svolta epocale era dunque la demonetizzazione dell’oro, sulla scia ideologica del Bancor keynesiano, ma anche nell’idea di Triffin, di un’interdipendenza degli Stati e una gestione condivisa del sistema monetario.

Questo meccanismo tuttavia, non è mai entrato a pieno regime a causa di limitazioni sulla loro assegnazione e sulla portata del loro utilizzo, così che non ha mai ricoperto tutte le funzioni classiche attribuite alla moneta internazionale, cioè: unità di misura, mezzo di pagamento e riserva di valore. Oltre a non essere utilizzato come mezzo di pagamento ma solo di regolamento tra banche centrali, i DSP attualmente rappresentano meno del 4% delle riserve in valuta dei paesi membri dell’FMI.

RIFORMARE IL SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE

Successivamente alla crisi finanziaria del 2008, il governatore della Banca Popolare Cinese Zhou Xiaochuan, con il discorso “La riforma del sistema monetario internazionale” 2 portò nuovamente all’attenzione degli organismi internazionali la pericolosità di un sistema dollaro-centrico.

La sua proposta era quella di promuovere l’utilizzo dei Diritti Speciali di Prelievo come valuta di riserva globale svincolata da singole istituzioni statali emittenti da affidare pienamente al controllo del FMI. Veniva dunque auspicato un superamento delle barriere che oggi limitano l’utilizzo di questa moneta di conto non solo come riserva ma come mezzo di pagamento nel commercio internazionale e nelle transazioni finanziarie (a discapito del dollaro).

A seguito delle proposte del presidente della PBOC, la commissione di esperti delle Nazioni Unite guidata dal premio Nobel J.E. Stiglitz 3 si espresse positivamente riguardo un intervento riformatore del sistema monetario internazionale. L’insoddisfazione verso il sistema dollaro-centrico venne argomentato in momenti diversi, tra gli altri, dal Premio Nobel Ernest Mundell e dal ministro delle finanze francese Valéry Giscard d’Estaing, il quale diventò celebre per aver condannato pubblicamente l’“esorbitante privilegio” che lo status del dollaro conferiva agli Stati Uniti.

Vista la difficoltà politica dell’introduzione del Bancor keynesiano e la necessità di un sistema alternativo a quello dollaro-centrico, che espone oltremodo a cicliche crisi finanziarie globali, si comprende la volontà della PBOC nella promozione dei DSP.

L’avvertimento di Triffin risale a più di cinquant’anni fa, ma il suo messaggio ha avuto particolare riscontro di recente, dal momento che l’ascesa della Cina ha reso il mondo sempre meno incline a tollerare l’instabilità causata da un sistema denominato in dollari. La soluzione, però, non consiste nella sostituzione del dollaro con il renminbi, bensì nel rafforzamento del ruolo dell’unica moneta veramente globale, i Diritti Speciali di Prelievo del Fmi” (Dopo il Dollaro, Josè Antonio Ocampo)4).

 

La letteratura economica ha raggiunto un unanime consenso nell’identificazione dell’attuale sistema come fonte di inefficienze e squilibri del sistema finanziario globale. Non si è ancora arrivati tuttavia, per mancate motivazioni più che per capacità, ad un nuovo disegno capace di superare le attuali carenze.

“Cito questo contesto per indicare che sono stato un sostenitore dei DSP fin dall’inizio e di un loro ruolo più significativo nel sistema monetario internazionale. Mi considero uno dei tanti nonni dei DSP e ho sentimenti nostalgici nei loro confronti. Se avessi una bacchetta magica, vorrei trasformare tutte le riserve ufficiali di valuta estera e l’oro, al di là dei saldi operativi, in DSP. Vorrei anche ampliare la capacità del Fondo Monetario Internazionale di emettere DSP, impegnandosi in emissioni regolari ed irregolari — qualora ce ne fosse bisogno (…) ma non abbiamo la bacchetta magica” .

(Cooper R. Conference on the International Monetary System, on the 70th Anniversary of BrettonWoods. Conference on the International Monetary System) 5)

YUAN NEI DSP: SCELTA AZZARDATA?

L’inserimento del Renminbi nel paniere ha suscitato reazioni contrastanti sia in Cina che all’estero. Visto il limitato utilizzo dei DSP nel sistema monetario mondiale, alcuni commentatori asiatici valutano l’apertura del mercato finanziario e la parziale perdita di autonomia sulle proprie politiche monetarie uno scotto troppo grande da pagare in cambio dell’ingresso nell’élite delle valute mondiali.

E’ stata proprio la parziale chiusura del mercato finanziario, infatti, a limitare lo scoppio delle bolle pompate dal grande afflusso di capitali provenienti dall’occidente dopo la crisi dei sub-prime. Secondo alcuni analisti, la liberalizzazione dei flussi di capitali potrebbe portare ad una maggiore volatilità del mercato e la piena convertibilità della moneta limiterebbe la politica della banca centrale sui tassi di cambio minandone la stabilità.

E’ innegabile che l’utilizzo della propria moneta come valuta di riserva porti evidenti vantaggi, ma non è affatto scontato che lo Yuan, una volta riconosciuto nel calcolo dei DSP, sarà utilizzato dai governi come moneta di riserva. Risulterà infatti determinante la credibilità, la liquidità e la convertibilità percepita dagli altri paesi perché questi si convincano a sostituire le attuali riserve con la valuta cinese.

LIBERARSI DALLA MORSA DEL DOLLARO

Se in senso figurato la Federal Reserve stampa moneta, in senso pratico emette titoli di Stato (Treasury Bill) che gli altri Paesi acquistano per vedersi riconosciuti interessi periodici (ovviamente in dollari) da spendere o reinvestire. L’enorme massa di obbligazioni americane possedute dal governo della Repubblica popolare espone il creditore (in questo caso la Cina) alle politiche monetarie del debitore (FED). Se il dollaro subisse una svalutazione, per esempio, il rischio per i creditori sarebbe quello di veder crollare il valore dei loro assets, cioè i titoli denominati in dollari. Non c’è dunque da meravigliarsi che i Paesi emergenti abbiano cercato di proteggersi dalla crisi occidentale attuando forme più o meno esplicite di protezionismo, promuovendo accordi monetari e commerciali di tipo bilaterale 6.

Raggiungere l’autonomia dal dollaro è impresa assai ardua, ma i paesi emergenti hanno dimostrato uno spiccato attivismo che denota una voglia di indipendenza non trascurabile. In questa strategia possiamo inserire la costituzione della BRICS Development Bank, della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) fino ad arrivare al Silk Road Gold Fund, un fondo di investimento sul metallo giallo da 40 miliardi di dollari.

“La Cina ha espresso il desiderio di aumentare la copertura aurea delle valute dei paesi eurasiatici lungo la Via della Seta. Il che suona come se il governo stesse pensando in modo lungimirante alla creazione di un gruppo stabile di valute sostenute dall’oro per facilitare il commercio lontano dalle guerre valutarie di Washington”. (The Worth of Gold Growing by the Day, F. William Engdahl7)

Seppur l’internazionalizzazione porterebbe essere non auspicabile portando ad una maggiore volatilità e un più stretto controllo dei capitali, secondo Yukon Huang (ex direttore per la Cina della Banca Mondiale) due aspetti fondamentali da tenere in considerazione sono le ragioni di sicurezza e il prestigio politico. Il predominio del dollaro nel sistema attuale, appare per Huang, oggi senior associate di un think tank americano 8), come una potenziale arma letale in tempi di conflitti come è stato dimostato dalle sanzioni economiche contro l’Iran 9.

L’iniziativa Via della Seta del presidente Xi promuove una migliore connettività fisica e finanziaria con il Sud-est asiatico, l’Asia centrale, il Medio Oriente e l’Europa. Quattro secoli fa, al culmine della portata globale del suo commercio, le monete di rame della Cina erano utilizzate come strumento di scambio in tutta l’Asia e oltre. La visione che si ha oggi per lo Yuan è di scala molto più grande .

(Beijing’s Drive to Make the Renminbi a Global Currency is Misguided, Yukon Huang) 10

Huang, per ottenere il duplice scopo di internazionalizzare la propria moneta e al contempo non attirare instabilità economica, opterebbe per fare dello Yuan una “valuta regionale” in modo da non rischiare nel mare magnum della volatilità e dell’incertezza.

A nostro avviso, invece, lo Yuan non può accontentarsi dello status di moneta “esotica”. Con l’evolversi del commercio e della finanza internazionale le crisi sono sempre più globali e trasversali per cui, oggi più che un tempo, il mondo deve porre la de-dollarizzazione come obiettivo imprescindibile. L’espansione dell’economia cinese, ha portato finalmente ad un sistema geopolitico multipolare e considerando la crisi delle materie prime e di alcuni paesi emergenti, è comprensibile che sia proprio il dragone asiatico ad impersonare le speranze non solo dell’Asia ma di tutti i paesi emergenti e di tutti gli Stati che vorrebbero rimanere fuori dall’ombrello degli Usa.

Non sono poi da sottovalutare le nuove dinamiche politiche europee, fomentate dalla crisi dell’eurozona, che potrebbero in qualche modo destabilizzare alleanze consolidate favorendo direttamente o indirettamente proprio la Repubblica Popolare. Per quanto non privo di rischi l’idea dell’internazionalizzazione della moneta è l’unico strumento con cui raggiungere una maggiore indipendenza dall’egemonia americana, obiettivo non trattabile per un paese ambizioso come la Cina.

Luca Caselli

Note

(1) https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-direttorio/int-dir 2010/150410_saccomanni_pechino_it.pdf

(2) https://vocidallestero.it/2014/12/29/la-riforma-del-sistema-monetario-internazionale-secondo-il-governatore-della-banca-popolare-cinese/

(3) Report of the Commission of Experts of the President of the United Nations General Assembly on Reforms of the International Monetary and Financial System (September 21, 2009)

(4) José Antonio Ocampo, docente presso la Columbia University, ex sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari economici e sociali e ministro delle finanze della Colombia.

(5) Richard Cooper, economista, docente e consulente. È membro del Council on Foreign Relations, la Commissione Trilaterale e l’Aspen Strategy Group.

(6) Finchè dollaro non vi separi, Emiliano Brancaccio.

(7) https://journal-neo.org/2015/08/12/the-worth-of-gold-growing-by-the-day/

(8) Carnegie Endowment for International Peace, organizzazione non-porfit.

(9)https://china-files.com/it/link/46369/dragonomics-uno-yuan-regionale-2

(10)https://carnegieendowment.org/2015/08/26/beijing-s-drive-to-make-renminbi-global-currency-is-misguided-pub-61110