Nel momento in cui si sta avviando il progetto di cooperazione multilaterale Belt and Road Initiative, via di comunicazione e inter-cultura, oltre che di opportunità commerciali (così come fu l’antica Via della Seta), ecco riemergere il peggio dei pregiudizi dell’Occidente nei confronti della Cina: “la Cina è un regime, la Cina è una dittatura, la Cina invade i mercati, reprime i Diritti Umani, perseguita minoranze etniche e religioni, controlla i cittadini e limita la libertà di movimento, ha campi di detenzione illegali, pratica immigrazioni forzate… Non bisogna fidarsi se i cinesi lanciano un progetto, poiché i vantaggi sarebbero esclusivamente della Cina”.
Con l’aggravante che tali pregiudizi, veicolati e ingigantiti da sedicenti Osservatori dei Diritti Umani, fatti propri con estrema preoccupazione da nostri rapporti governativi, vengono banalizzati sui social per il pubblico inesperto provocando diffidenza e sospetto. Riescono a minare persino la fiducia nella distensione con la Chiesa cattolica.
La propaganda tesa a screditare gli orientamenti politici cinesi e la manipolazione di informazioni interessano in particolar modo Tibet e Xinjiang, le due Regioni autonome che sono al centro delle politiche di normalizzazione e attenta sorveglianza da parte del Governo della Repubblica Popolare Cinese, ma anche vie di transito dei nuovi progetti infrastrutturali come appunto la Nuova Via della Seta.
Negli ultimi rapporti Human Rights Watch 2018 relativi alla popolazione uygura dello Xinjiang, sulla base di “testimonianze” (raccolte tra marzo e agosto del 2018) di 58 ex residenti, tra cui 38 parenti di detenuti, intervistati (e con ogni evidenza pagati), si parla di detenzioni arbitrarie di massa, si parla di torture, maltrattamenti, controlli pervasivi sul territorio. Cito: “Un’operazione imponente di de-islamizzazione per cancellare storia, cultura, lingua uygura e origini di un intero popolo… le autorità cinesi sottopongono gran parte della popolazione uygura [circa 13 milioni in tutto] a restrizioni così straordinarie sulla vita personale che, per molti aspetti, essere rinchiuso o essere libero non fa una gran differenza”(1). Lo stesso copione di quando operatori dei Diritti Umani raccoglievano testimonianze sugli aborti coatti, e l’agenzia Reuters pagava genitori in lacrime che testimoniassero le infamie, o fotografava feti sanguinanti.
Il metodo dell’informazione “criminalizzante” è stato usato anche nel luglio 2017, quando il fermo di Polizia a Roma di Dolkum Isa, Segretario generale del Congresso mondiale uyguro, fu considerato dai Radicali un atto di subalternità alle richieste cinesi… benché sia noto che dovunque si controllano i sospetti di terrorismo internazionale, (ed è proprio di terrorismo che Dolkum Isa era accusato!). Il fermo è durato 3 ore e si è concluso con un semplice controllo: il fermato aveva tutte le carte a posto.
Patetico dunque ipotizzare violenze, complicità poliziesche e perseverare ad innescare rancori sull’abbietto “regime” di Pechino persecutore per vocazione di minoranze etniche e religiose, dal momento che il Congresso mondiale uyguro è legato al Turkestan Islamic Party, cioè in forte odore di terrorismo, come anche l’ONU ha ufficialmente riconosciuto; e dal momento che l’Islam non fondamentalista gode di ottima salute, specie in Xinjiang, fin dal 1980 con l’Assemblea Nazionale islamica cinese (AIC) che collabora con gli obiettivi di pacificazione e dialogo assunti dal Governo centrale.
Varrebbe la pena che le agenzie occidentali informassero e si documentassero meglio, distinguendo tra necessità di controllo del terrorismo e tutela dei diritti delle minoranze etnico-religiose (che in Cina sono tante, ben riconosciute e tutelate in termini costituzionali e norme pratiche). E che la si smettesse con le guerre di religione, gli anatemi e la distribuzione non richiesta di lezioni di democrazia.
Proprio quando la Cina si apre all’Europa, c’è da chiedersi: chi ha interesse a intorbidire le acque? Descrivendo la Belt and Road Initiative come una “Grande Marcia verso il Mediterraneo’” si evocano inevitabilmente spettri che ricordano il vecchio “Pericolo Giallo”; inoltre si supporta il recente allarme di “dominio” cinese lanciato dal Washington Center for Global Development secondo cui gli investimenti cinesi si trasformerebbero in rischio di sudditanza per i paesi aderenti. La tesi sostenuta dall’Agenzia è che già per otto Paesi (Gibuti, Kyrgyzstan, Laos, Maldive, Mongolia, Montenegro, Pakistan e Tajikistan), oggi dipendenti finanziariamente da Pechino, sarebbe scattata la “trappola del debito”(2).
Ma evidentemente i rapporti Human Rights, che arruolano volonterosi quanto sprovveduti intervistatori, ignorano che quell’armonia (Hé), sempre nominata dal Presidente Xi Jinping nei suoi discorsi ufficiali, è precetto confuciano praticato nei secoli fino ad oggi. Armonia di cui è garante lo Stato (responsabile della vita spirituale e materiale di un miliardo e mezzo di persone) che non ammette altre fonti di autorità (così come siamo storicamente abituati in Occidente). Armonia (che si realizza compiutamente e nel pieno rispetto delle diversità, non nel loro annullamento) è per la civiltà cinese ricerca costante del punto di equilibrio tra esigenze antitetiche, nascendo dal confronto-conflitto che porterà a soluzioni meno svantaggiose.
La questione culturale è quindi fondamentale al fine di favorire la cooperazione mettendo al bando la competizione aggressiva e distruttiva. È importante capire qualcosa di più del mondo cinese: quanto sia stato penalizzato dalle ingerenze coloniali occidentali, come abbia cercato di adeguarsi agli stessi modelli occidentali, senza per ciò rinunciare alle proprie millenarie tradizioni di Stato-civiltà e come, finalmente, Confucio abbia incontrato Marx.
Maria Morigi
(1)Citazione da https://www.osservatoriodiritti.it/…/uiguri-cina-repressio…/ (10 settembre 2018).
(2)Panorama Economia – Claudia Astarita – 9 aprile 2018 “Nuova Via della Seta: perché dipendere finanziariamente da Pechino è pericoloso”; Corriere della Sera – Danilo Taino -15 agosto 2018 “Investimenti dalla Cina? Così per otto Paesi è scattata la “trappola del debito”.
Purtroppo per anni sia la Cina, sia la vecchia Unione Sovietica sono state sempre tabù, sia nei media per poi non parlare nelle scuole, anzi, più fango le si buttava addosso e meglio era, creando in pratica una massa di “ignoranti” verso altri popoli e paesi.
Consiglio di leggere “Cina, 3000 anni di civiltà” un libro abbastanza completo su cosa era la Cina e che aiuta a capire meglio la Cina attuale.