Lo scorso 28 ottobre si è aperta la Quarta Sessione Plenaria del Diciannovesimo Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. La notizia, di rilevante importanza per le linee che il gigante asiatico andrà a seguire per la sua politica interna ed estera, così come in ambito economico e sociale, non ha forse ricevuto una particolare attenzione nel nostro Paese, a causa anche del prevalere di alcuni fatti nazionali che comprensibilmente hanno catalizzato l’attenzione di buona parte dell’opinione pubblica. Tuttavia, quanto discusso a Pechino fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, quando la sessione ha avuto termine, riveste un interesse di non poco valore anche per il nostro Continente ed il nostro Paese, ed è proprio per questo che è bene parlarne, sia pur tardivamente.
Il Segretario Generale del Comitato Centrale del PCC, Xi Jinping, ha presentato una relazione di lavoro a nome dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale, e nell’introdurlo ai presenti ha illustrato un progetto preliminare sulle decisioni che questo importante organismo dovrà considerare per dare al “Socialismo con caratteristiche cinesi” una natura ed una fisionomia sempre più strutturate e consolidate, oltre a portare avanti la modernizzazione del sistema e della capacità di governo della Cina, ovvero della sua governance, per utilizzare un termine oggi molto in voga. La decisione di svolgere la Quarta Sessione Plenaria dal 28 al 31 ottobre, con la conseguente presentazione del materiale decisionale da essa poi prodotto, era stata assunta soltanto pochi giorni prima, il 24 ottobre, ed in contemporanea erano state espresse anche le materie su cui avrebbe dovuto lavorare e le finalità che, di conseguenza, avrebbe dovuto auspicabilmente raggiungere.
In base agli obiettivi stabiliti, il Paese si troverà a godere di un consistente miglioramento delle proprie istituzioni, in ogni ambito e campo, esattamente nei tempi in cui si andrà a celebrare il Centenario del Partito Comunista Cinese, fondato da Mao Zedong ed altri rivoluzionari nel luglio del 1921, dopo un primo forte impulso scaturito nell’anno precedente e, ancor più estesamente, in tutta la fase rivoluzionaria che la Cina aveva conosciuto nel decennio sino ad allora trascorso, caratterizzato dalla caduta del sistema imperiale e dalla nascita della Repubblica. Ciò non arresterà comunque il processo di continuo affinamento e miglioramento del “Socialismo con caratteristiche cinesi”, giacché gli obiettivi di modernizzazione del sistema e di capacità di governance della Cina saranno sostanzialmente centrati soprattutto intorno al 2035, per giungere quindi alla consacrazione di una piena affermazione in occasione del Centenario della Repubblica Popolare Cinese, ovvero tra trent’anni esatti, il Primo Ottobre 2049.
L’importanza dell’evento occorso a partire dal 28 ottobre, agli occhi della politica cinese, è ben dimostrata dalla ponderazione e dal forte spirito di confronto e consultazione che ha caratterizzato proprio la presentazione del documento introdotto da Xi Jinping. Infatti, prima di essere presentato alla Sessione Plenaria, il documento è stato diffuso all’interno ed all’esterno del Partito, con l’intento di saggiare le opinioni e i punti di vista di più osservatori possibile, dalle singole persone fisiche fino a quelle giuridiche, giungendo quindi e doverosamente anche alle entità istituzionali quali Regioni e settori pubblici e privati, economici e non. Tutto questo “passaparola” ha ovviamente coinvolto anche i delegati del Diciannovesimo Congresso Nazionale del PCC, i quali non hanno ovviamente mancato di fornire ulteriori suggerimenti, giudicati come molto “costruttivi”.
In un’altra sessione dell’Ufficio Politico, quasi due mesi fa, era stato rimarcato come nei settant’anni trascorsi dalla fondazione della Nuova Cina, ovvero della Repubblica Popolare Cinese proclamata a Pechino il Primo Ottobre 1949 da Mao Zedong, il sistema del “Socialismo con caratteristiche cinesi” e quello di governance, dotati entrambi di un forte radicamento nel Paese, nella sua cultura e nel suo popolo, godessero oggi di una forza e di una vitalità enormi, addirittura maggiori rispetto alle origini così come agli anni più recenti. L’aver saputo far tesoro di quell’entusiasmo iniziale, riuscendo di volta in volta a reinvestirlo rendendolo così sempre più considerevole per quantità e qualità, è stato indubbiamente un risultato di primissimo piano e che, guardato oggi a mente fredda, non era assolutamente da ritenersi come scontato o automatico nel suo generoso svolgimento.
Si è così riconosciuto come il “Socialismo con caratteristiche cinesi” e la governance della Cina siano due sistemi congeniali nel riuscire a garantire un costante e continuo progresso ad un Paese dall’enorme estensione e differenziazione geografica, con una popolazione di quasi 1,4 miliardi di persone suddivise in decine di etnie e culture distinte fra di loro, e al tempo stesso anche nell’assicurarne il ringiovanimento, essendo il “gigante asiatico” anche la più antica civiltà al mondo tuttora esistente, con oltre cinquemila anni di vita e di storia alle proprie spalle.
Il vertice, inoltre, ha riconosciuto come il Mondo si trovi oggi in una fase di grandi ed intensi cambiamenti, davvero epocali, proprio nel momento in cui la Cina si trova profondamente concentrata in uno dei momenti più cruciali del suo processo di ringiovanimento nazionale, e che proprio per questo motivo è doveroso aderire ai nuovi e continui progetti di riforme e d’innovazione. Lasciarsi tentare da strade che conducono a direzioni opposte, come invece è avvenuto ad altri ed altrove, può in questo senso portare, soprattutto nel lungo termine, a condizioni d’indebolimento o di minor rilevanza, dopo un’illusoria convinzione di forza o d’irrobustimento che caratterizza la fase iniziale. Proprio per questo motivo il documento presentato alla Quarta Sessione pone l’accento sull’importanza di una “robusta crescita” tanto della causa del Partito quanto di quella del Paese, fattori considerati come decisivi per avere la garanzia di una pace e di una stabilità durature.
È tuttavia interessante, a margine di queste considerazioni, notare quali siano state le sia pur tardive analisi compiute da alcuni osservatori occidentali, italiani e non solo, in merito al documento e ai risultati dei lavori della Quarta Sessione. L’analisi fornita da RadioWe, per esempio, è oltremodo onesta e, nella sua volontà di svolgere un approfondimento ed una contestualizzazione di questo avvenimento alla luce della storia e dell’attualità cinesi, dimostra anche la preparazione del suo autore. All’interno dell’articolo, infatti, si fa correttamente menzione dei “13 aspetti” che caratterizzano il sistema di governo o governance della Cina, scegliendo in particolare fra quelli che in Europa e più in generale in Occidente, probabilmente, da qualche tempo a questa parte non vengono più tanto presi a cuore, o che addirittura non sono mai stati davvero considerati: “la persistenza nel riconoscere al popolo la sovranità, la completa adesione al principio per cui il Paese è governato per mezzo della legge, e la complementarità tra sovranità e indipendenza, da un lato, e apertura verso l’estero, dall’altro”. Sempre secondo l’autore, uniti al riconoscimento della guida del PCC, “questi evidenti vantaggi rappresentano anche una finestra importante attraverso cui il Mondo può comprendere la Cina e il miracolo cinese”. Il pezzo si conclude con le “Decisioni” assunte ai termini dei lavori della Quarta Sessione, ovvero altri “13 compiti importanti da assolvere, che coinvolgono ambiti come la politica, l’economia, lo Stato di diritto, la cultura, il tenore di vita del popolo, la società, l’ecologia, gli affari militari, “Un Paese, due sistemi” e la diplomazia, e che rispondono alle attuali reali esigenze di sviluppo e di costruzione della Cina in vari campi”.
Non tutte le testate italiane, comunque, manifestano il medesimo punto di vista, come del resto è pure normale che sia. Per esempio, la decana delle testate online nazionali, Affari Italiani, si chiede fin dal titolo: “Riuscirà la Cina a soccorrere il capitalismo?”. L’articolo, firmato da Antonio Amorosi, introduce la notizia dell’apertura del Diciannovesimo Congresso del PCC con quella della morte, avvenuta due mesi prima, dell’attivista per i diritti umani Wang Meiyu, che chiedeva un sistema politico all’anglosassone e le dimissioni dell’attuale leadership cinese. Anche questo tipo di approccio, basato sull’ingigantimento di una notizia di per sé inesatta, fa ben capire quale sia il punto di vista, tutt’altro che cerimonioso, nei confronti di Pechino e della sua politica. Non a caso, nelle righe successive, si parla del “rallentamento drastico dell’economia”, delle “proteste a Hong Kong” e della “gestione delle ambizioni globali di Pechino”, a comporre una sorta di identikit che ricorda vagamente quello dell’URSS di Leonid Breznev, con l’immancabile crollo finale di quest’ultima. Ma chi ben conosce la storia sa come tale accostamento sia a dir poco “precario”, dal momento che punta solo su una generica e banalizzata “natura comunista” propria di entrambi i paesi, volutamente ignorando però le enormi differenze fra quelle due forme di Socialismo, così come fra la cultura e la storia dei due paesi, a tacer poi della loro geopolitica. Anche Pinochet e De Gasperi erano entrambi anticomunisti e filoamericani, ma non è che per questo motivo fossero proprio politicamente, culturalmente e soprattutto umanamente uguali fra loro, anzi. Tuttavia, anche questi punti di vista giornalistici sono importanti, perché forniscono uno spaccato su quale sia il tipo di analisi e di giudizio che tanto il mondo mediatico quanto quello politico, in Italia, hanno nei confronti di parti del Pianeta su cui tuttora la conoscenza non è ancora piena, nel senso di completa e privata di certe vecchie inibizioni politiche e culturali. La “mentalità da Guerra Fredda” condiziona ancora molto l’opinione su qualsiasi Paese che certi ambienti italiani ed occidentali considerano come “al di fuori del Mondo libero”, ovvero “al di fuori della sfera d’influenza euroatlantica basata sul Washington consensus”, e questo conduce ad immancabili perplessità o diffidenze verso realtà come la Russia, la Cina o altre ancora, talvolta anche col risultato di sconfinare o quasi in sottili forme di russofobia o sinofobia.
Un’altra realtà, decisamente molto più preparata ed in grado di svolgere analisi molto più approfondite come il CSCC (Centro Studi sulla Cina Contemporanea), senza comunque far sconti a nessuno, ha per esempio svolto una disamina sulla Quarta Sessione indubbiamente più ricca di dati e di argomentazioni. In un documento PDF visualizzabile all’interno del sito, si può così individuare una lettura dell’evento diversa da quella fornita dalla principale agenzia italiana, l’Ansa, che ha correttamente e sobriamente tradotto il comunicato dell’agenzia omologa cinese, Xinhua, o da Affari Italiani, che invece ha proceduto nel modo che abbiamo raccontato. Secondo il CSCC, ad aver pesato almeno in parte sui lavori della Quarta Sessione è stato il tema di Hong Kong, unito alla guerra commerciale con gli Stati Uniti e alle ripercussioni che ciò ha anche con altri importanti interlocutori internazionali. Secondo gli analisti del Centro Studi, infatti, gli obiettivi presentati da Xi Jinping, relativi al miglioramento e al potenziamento del “Socialismo con caratteristiche cinesi” e della governance della Cina, sarebbero funzionali e propedeutici a dotare il Paese di quella forza e stabilità in più necessarie proprie ad affrontare le nuove sfide apparse negli ultimi tempi: dalle tensioni a Hong Kong ai nuovi interventi a sostegno dell’economia, dal confronto con gli Stati Uniti che hanno lanciato a Pechino un “guanto di sfida” non soltanto commerciale ad altre tematiche ancora. Questo tipo di lettura, sostanzialmente realistico o comunque improntato ad un approccio più pragmatico, in sé è anche giusto: esattamente come per il corpo di una persona anche la Cina, crescendo, si troverà ogni volta davanti a nuove sfide, e solo coltivare in modo sano ed equilibrato quel proprio “corpo” le permetterà di superarle, potendo così garantire una vita in salute ed in sicurezza a sé come alla propria “famiglia”. È in fondo ciò che la leadership cinese sa e fa fin dalla nascita della Nuova Cina.