La regione autonoma cinese di Xinjiang Uyghur è apparsa nuovamente nelle notizie quotidiane. I media occidentali hanno puntato i riflettori sui centri di formazione professionale o sui campi di rieducazione.

Tuttavia, perché la regione – come altre aree geopoliticamente sensibili – è stata costantemente sotto i riflettori dei media occidentali? Perché ciò avviene periodicamente?

I media occidentali pretendono di capire un paese straniero meglio dei media di quello stesso paese. Ancora peggio, spesso si occupano di erogare informazioni per scopi palesemente geopolitici. In questo senso, l’ipersemplificazione e la distorsione informativa sullo Xinjiang rappresentano una lezione ben appresa dai cinesi.

Il mio primo consiglio agli osservatori onesti è che le opinioni e le inchieste dei media stranieri dovrebbero essere prese seriamente in considerazione dagli occidentali. Secondo, lo Xinjiang è un posto delicato e complesso. Una regione abitata da una minoranza etnica che gode di un alto grado di autonomia, geograficamente vasta e ricca di risorse. Confina con l’Asia centrale e l’Asia meridionale da dove i gruppi terroristici entrano ed escono.

Quindi, lo Xinjiang è strategicamente importante e geograficamente vulnerabile. Negli ultimi anni, lo Xinjiang è stato preso di mira da attacchi terroristici che hanno mietuto molte vittime. I movimenti separatisti sostenuti da forze esterne sono stati pericolosi non solo per la Cina, ma anche per il mondo. Gruppi di terroristi nello Xinjiang si sono uniti allo stato islamico in Siria e Iraq. Quindi, perché i paesi occidentali non sono propensi a rispettare il diritto delle autorità cinesi di affrontare la questione in base alle priorità nazionali? Peraltro condivisibili? La Cina è stata un attore attivo nella lotta internazionale contro il terrorismo. Inoltre, la principale risposta della Cina è centrata sul miglioramento delle condizioni economiche e sul sostegno allo sviluppo. Pechino dovrebbe essere sostenuta nei suoi sforzi per migliorare le condizioni di vita in quella regione, a maggior ragione in quanto soggetta a infiltrazioni terroristiche.

Terzo, quanto è affidabile il rapporto di HRW, che è stato ampiamente citato dai media occidentali? Un rapporto che si basa su poche decine testimonianze, quasi tutte di persone espatriate da anni… Testimonianze che non hanno possibilità di essere verificate in alcun modo e che quindi non possono costituire una base credibile per accuse gravissime nei confronti delle autorità cinesi. Ricordo che un anno fa HRW avviò un dibattito attorno a un presunto scandalo nello Xinjiang. Era basato su argomenti molto deboli, come avviene oggi. Il 13 dicembre 2017, l’organizzazione per i diritti di New York ha pubblicato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. L’accusa, immediatamente respinta dalle autorità cinesi in quanto infondata, era legata alla raccolta di campioni di DNA, impronte digitali e scansioni dell’iride di tutti i residenti. Raccolta di dati demografici e biologici per costruire un database da condividere tra i vari dipartimenti governativi. In parole povere, una misura di sicurezza legittima e non discriminatoria nei confronti di un gruppo etnico perché applicata a tutti i residenti.

Queste misure sono dettate da motivi di identificazione e raccolta di informazione. Circa 120 paesi hanno iniziato a incorporare informazioni biometriche nei passaporti dei loro cittadini e molti esperti sostengono che nuove tecniche biometriche sono funzionali alla protezione dell’identità. Pertanto, le accuse contro la Cina sono irragionevoli. Human Rights Watch “ha continuato a rilasciare false accuse su questioni relative alla Cina. Ecco perché vorrei dire che tale accusa non vale nemmeno il tuo tempo di essere considerata”, ha detto Lu Kang, portavoce del Ministero degli Affari Esteri. Inoltre, è noto che HRW ha sempre seguito la linea della politica estera degli Stati Uniti.

Questi esempi evidenziano ancora una volta l’uso ipocrita della questione dei diritti umani da parte delle organizzazioni di un paese che, a sua volta, presenta aspre contraddizioni. Il deterioramento della situazione dei diritti umani negli Stati Uniti scredita il ruolo del paese come paladino dei diritti. Crimini d’arma da fuoco, tra cui sparatorie di massa, si sono ampliati negli ultimi anni, per non menzionare il più alto tasso di incarcerazione al mondo (secondo solo alle Seychelles), i numerosi casi di discriminazione razziale, il divario crescente tra i vari gruppi di reddito, le migliaia di uccisioni di civili negli interventi militari in Siria, Iraq, Yemen, Afghanistan e Somalia. Il rifiuto del governo degli Stati Uniti di firmare molte convenzioni e risoluzioni sui diritti umani all’ONU indica anche il doppio volto di Washington sulla questione.

Le critiche di HRW alle mosse e alle politiche cinesi nello Xinjiang sono dunque totalmente fuorvianti. Gli americani direbbero: “no doubt about it” …