Giulio Cesare avrebbe parlato con rispetto del ponte attualmente in costruzione in Cina, e che collegherà Hong Kong e Macao, forse le isole cinesi più famose (assieme a Taiwan). Il tutto, per un lunghezza di ben 50 km, cosa che ne farà il ponte più lungo mai costruito. Un’impresa così grandiosa, da essere paragonabile, tenendo presente il divario tecnologico, appunto con la costruzione-lampo del ponte sul Reno, a opera dei legionari di Giulio Cesare, descritta nel De Bello Gallico.

Sarà in verità un insieme di strade sopraelevate e di tunnel sottomarini, più che un’unica strada sospesa sul mare, e dovrebbe essere completata in un anno circa. E qui non possiamo non far notare che la Salerno-Reggio Calabria attende da svariati decenni di essere realizzata.

Il Ponte Hong Kong Macao
Un’immagine virtuale di quello che diventerà il ponte più lungo del mondo.

Ad aggiungere al tutto un retrogusto dolceamaro, vi è la notizia che alla costruzione parteciperà un’impresa italiana, la «Trevi» incaricata di deporre in mare 450 piloni di cemento altamente teconologico. Impresa già realizzata, e che ha fruttato alla Trevi 9 milioni di euro.

Che dire? Da noi è impossibile, per l’opposizione dei tanti cretini e dei pochi furbi egoisti, costruire il Ponte sullo Stretto, che sarebbe lungo solo 3 km, o la realizzazione dell’Alta velocità in Val di Susa.

Il Ponte cinese servirà sopratutto a decongestionare il traffico, essendo l’arteria attuale (che collega Hong Kong alla terraferma) la più trafficata al mondo, a tutte le ore del giorno e tutti i giorni dell’anno. Sul ponte transiteranno milioni di persone e di tonnellate di merci, e questo basta a ridicolizzare le argomentazioni contrarie al Ponte sullo Stretto inerenti alla sicurezza.

La cosa divertente è che molti di quelli che, giustamente, sono per puntare sulla crescita tecnologica e infrastrutturale, poi fanno anche del razzismo spicciolo nei confronti della Cina, dipinta come una specie di centro sociale, o giù di lì. La verità è che ormai l’Italia si è avviata lungo il piano inclinato (e dannatamente scivoloso) della decadenza, della decrescita e dell’impotenza. Noi avremmo solo da imparare dalla Cina, la cui economia è la seconda al mondo, la prima per crescita, e che riesce ad assicurare a tutti i suoi cittadini lavoro, istruzione e sanità, vale a dire i veri diritti.

La decrescita, l’idea cioè che bisogni deindustrializzarsi, smettere di fare figli, di costruire aeroporti, ferrovie ad alta velocità, etc. per vivere bene non è altro che la tomba verso cui vogliono che l’Italia si avvii, per poterne poi comprare i «pezzi» migliori con due soldi, costringere all’immigrazione la gran parte dei poveri, sfruttare beceramente gli altri etc.

Un destino che ha già subito la Grecia. E il nostro destino è quello, se non cambieremo registro, se non torneremo a riaffermare a gran voce la nostra volontà di far grande e piena di speranza, questa nostra Italia. O ci riusciremo, o finiremo come la Grecia, ma senza la dignità dei greci.