L’incontro programmato al Viminale per la firma del Codice di condotta per le Organizzazioni non governative (Ong) impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare, non ha prodotto grandi risultati.
La gran parte del mondo delle Ong si è dimostrata ancora una volta allergica ad osservare regole ed indirizzi che i Paesi più esposti alle conseguenze degli sbarchi continui, hanno la necessità di varare.
Il documento è stato sottoscritto da Migrant offshore aid station (Moas) e Save the children, mentre Proactiva open arms ha fatto pervenire una comunicazione con la quale ha annunciato la volontà di sottoscrivere l’accordo.
Medici senza frontiere, invece, non ha firmato. L’organizzazione ha consegnato una lettera diretta al ministro Minniti, nella quale ha spiegato che non può accettare la presenza di armi sulle navi che soccorrono i migranti in mare né il divieto dei trasbordi dalle proprie imbarcazioni a quelle ufficiali.
“In nessun Paese in cui lavoriamo accettiamo la presenza di armi, ad esempio nei nostri ospedali”, ha dichiarato il direttore generale di Msf, Gabriele Eminente.
Non hanno preso parte all’incontro: Sea watch, Sea eye, Association europeenne de sauvetage en mer (Sos mediterranee).
La tedesca Jugend Rettet non ha voluto apporre la sua firma sotto l’accordo, rispedendo al mittente la proposta di “essere parte di un sistema istituzionale finalizzato al soccorso in mare, all’accoglienza e alla lotta al traffico degli esseri umani, senza in nessun modo interferire nei principi fondanti le singole organizzazioni”.
L’aver rifiutato l’accettazione e la firma, fanno sapere dal Viminale, “pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse. In una condizione diversa, saranno invece parte integrante le ONG che hanno sottoscritto il Codice”.
Questi gli impegni chiesti dal ministro dell’Interno Marco Minniti: non entrare nelle acque libiche, “salvo in situazioni di grave ed imminente pericolo” e non ostacolare l’attività della Guardia costiera libica; non spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione; non inoltrare comunicazioni finalizzate ad agevolare la partenza delle barche che trasportano migranti; attestare l’idoneità tecnica per le attività di soccorso e la “capacità di conservazione di eventuali cadaveri”; informare il proprio Stato di bandiera quando un soccorso avviene al di fuori di una zona di ricerca ufficialmente istituita; aggiornare il competente Centro di coordinamento marittimo sull’andamento dei soccorsi; non trasferire le persone soccorse su altre navi, “eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo (Mrcc) e sotto il suo coordinamento anche sulla base delle informazioni fornite dal comandante della nave”; informare costantemente lo Stato di bandiera dell’attività dell’imbarcazione; cooperare con il competente Centro di coordinamento marittimo eseguendo le sue istruzioni; accogliere a bordo “eventualmente e per il tempo strettamente necessario”, funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico; dichiarare le fonti di finanziamento alle autorità dello Stato in cui l’ong è registrata; cooperare con l’autorità di pubblica sicurezza del previsto luogo di sbarco dei migranti; recuperare, infine, “una volta soccorsi i migranti e nei limiti del possibile”, le imbarcazioni improvvisate ed i motori fuoribordo usati dai trafficanti di uomini.
La nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, che non ha firmato il protocollo, è stata bloccata in nottata al largo di Lampedusa dalla Guardia costiera italiana e scortata fino al porto da diverse motovedette della Guardia costiera.
Il comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa, il tenente di vascello Paolo Monaco, è salito a bordo della nave si è trattenuto per alcune ore.
In seguito gli investigatori del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile di Trapani e del Nucleo Speciale d’Intervento della Guardia Costiera hanno eseguito il sequestro preventivo dell’imbarcazione. La magistratura, secondo quanto si è appreso, sta indagando per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Persone che lavorano all’interno della Iuventa avrebbero trasbordato, per due volte, sulla nave migranti scortati da trafficanti libici”, ha dichiarato il procuratore facente funzioni di Trapani, Ambrogio Cartosio. Anche se, ha spiegato, “abbiamo documentato incontri in mare ma siamo portati ad escludere collegamenti tra Ong e libici”.