Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono il 55mo sito italiano iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco. A Baku, il comitato per il Patrimonio mondiale Unesco, ha approvato a pieni voti l’iscrizione delle Colline nel registro mondiale, facendo proprie le valutazioni consegnate dagli esperti di Icomos (Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti).
L’Italia ha rafforzato ulteriormente il proprio primato di Paese con il maggior numero di siti iscritti nel registro dei patrimoni dell’umanità.
L’iter della candidatura, concluso con la proclamazione, è durato dieci anni. Rilevante è stato il peso dello sforzo congiunto del governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, e dei viticoltori della denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore.
“Ci avevamo creduto sin dall’inizio, dieci anni fa, quando demmo avvio al percorso per candidare questa porzione così unica e particolare del territorio veneto a patrimonio dell’umanità e ora, grazie anche agli approfondimenti richiesti da Icomos, siamo riusciti a portare la palla in meta”, ha dichiarato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, presente a Baku insieme ai tre consulenti scientifici del dossier della candidatura, Mauro Agnoletti (docente di pianificazione del paesaggio rurale all’Università di Firenze e coordinatore scientifico del catalogo nazionale dei paesaggi rurali), Amerigo Restucci (ex rettore dello Iuav di Venezia) e Leopoldo Saccon (architetto di Conegliano) e al presidente dell’Associazione temporanea di scopo per la candidatura, Innocente Nardi.
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Tra le motivazioni che hanno portato al raggiungimento del prestigioso risultato, risalta il riconoscimento dello straordinario lavoro dell’uomo: “Il sito si trova nel nord-est dell’Italia e include parte del paesaggio viticolo di produzione del Prosecco. La zona è caratterizzata da dorsali collinari, ciglioni (piccoli vigneti in terrazzamenti), foreste, villaggi e coltivazioni. Per secoli questi terreni aspri sono stati plasmati e adattati dall’uomo e dal 17° secolo l’uso dei ciglioni ha creato un paesaggio a scacchiera fatto di filari di viti paralleli e verticali alle pendenze. Nel 19° secolo la tecnica della ‘bellussera’ (un sistema di coltivazione delle viti disposte a raggiera grazie al sostegno di pali in legno collegati fra loro) ha contribuito alle caratteristiche estetiche del paesaggio”.
Eccellenza, protezione del paesaggio rurale e mantenimento dei vigneti, dei ciglioni e delle altre caratteristiche fondamentali per la conservazione delle tradizioni locali e la tutela della biodiversità.
“Le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono finalmente, e giustamente, patrimonio dell’umanità. Un grande riconoscimento che valorizza le straordinarie qualità sceniche e le tradizioni di un paesaggio culturale unico di eccezionale valore mondiale. Una terra dalla quale nascono i frutti che danno vita a uno dei prodotti che più caratterizza l’eccellenza del nostro made in Italy”, ha dichiarato il ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Sen. Gian Marco Centinaio.
“Questo riconoscimento è un punto di partenza per il futuro. Adesso la sfida che ci attende è quella della conservazione dei caratteri specifici e tradizionali di questo splendido territorio quale Patrimonio da trasmettere alle future generazioni, a beneficio dell’intera Umanità”, ha aggiunto Centinaio.
Mi permetto di dissentire dall’articolo perché, a proposito di Prosecco, da anni si susseguono le denunce. Ricerche dell’Università di Padova dicono che 3/4 del consumo di suolo (cioè 400.000 tonnellate di terreno ogni anno) nella regione vinicola del Veneto è effetto della produzione di prosecco. Ogni bottiglia determina l’erosione e la perdita di 4,4 kg di terreno. I ricercatori confermano che l’industria del prosecco è responsabile del 74% dell’erosione totale del suolo della regione, poiché gli effetti della monocoltura intensiva si combinano con altri danni ambientali come l’uso dei pesticidi e erbicidi. Non sono mai riusciti progetti di “aggiustamento” (mantenere l’erba tra i filari delle vigne per dimezzare l’erosione totale, effettuare la piantumazione di siepi intorno a vigneti o incrementare la presenza di vegetazioni nei pressi di fiumi e torrenti), perchè gli organismi di controllo e vigilanza dipendono da una molteplicità di soggetti non coordinati tra loro, e perché le proprietà sono state accentrate in poche mani (non sempre pulite se uno dei business innovativi della mafia sarebbe l’acquisizione di aziende o di vendemmie che non rispettano le regole della qualità per commercializzare all’estero).
Quindi se l’illustre UNESCO, di cui riconosco altri meriti, ma a cui non ho mai risparmiato le critiche per la gestione di siti e per scelte non sempre trasparenti, è ridotta a fare da supporter agli interessi di caimani privati e multinazionali… beh vedo giunta l’ora di non pagare più una tessera di iscrizione.