L’intervento del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al World Economic Forum a Davos, è significativo, per termini e contenuti, e dimostra la crescita politica tangibile dell’avvocato pugliese, sempre meno mero equilibratore tra Di Maio e Salvini e sempre più figura di riferimento, autonoma ed autorevole.

Conte ha spiegato come lui e la sua squadra di governo intendono dare attuazione all’ istanza di cambiamento, dicendosi sicuro che l’esperienza italiana possa essere un precursore dell’aspetto che assumerà l’Europa domani.

“C’è una parola chiave attorno alla quale abbiamo costruito la nostra visione politica e la nostra attività quotidiana: questa parola è POPOLO”, ha detto il premier, rimarcando la fiducia che il popolo italiano, paziente e disciplinato per molti anni, ha avuto nelle istituzioni nazionali ed europee, politiche e tecniche, e nell’euro, ritenuto in grado di risolvere problemi cronici.

“Il prezzo da pagare per avere una moneta stabile e una bassa inflazione, ha spiegato Giuseppe Conte, è stato un debito pubblico crescente, nonostante si richiedesse continuamente di stringere la cinghia per mantenere la spesa pubblica primaria (al netto della spesa per interessi) costantemente al di sotto delle entrate fiscali. La disciplina di bilancio ha frenato la crescita del PIL. Nel terzo trimestre del 2018, il PIL è ancora 5 punti percentuali al di sotto del picco massimo di questi anni, registrato nel 2008. L’apertura globale dei mercati, la libera circolazione dei capitali e la rivoluzione tecnologica hanno prodotto grandi risultati come promesso, ma di questi benefici hanno goduto in pochi, e non in molti”.

Una situazione di squilibrio che ha fatto sì che “l’entusiasmo sul futuro fosse rimpiazzato da una visione più cupa”. “Si è diffuso un sentimento di disperazione; persino la classe media, che si sentiva emancipata dalle necessità economiche di base, ora teme la povertà. Tutti, con poche eccezioni, tendono a ritenere che il domani sarà peggiore dell’oggi. Chi può permetterselo incoraggia i propri figli a trasferirsi e cercare migliori opportunità altrove. La storia ci insegna che può accadere di tutto quando le persone si sentono ingannate e trattate ingiustamente”, ha proseguito il presidente del Consiglio.

Conte ha evidenziato orgogliosamente la via italiana al cambiamento, con il popolo italiano che ha utilizzato lo strumento democratico del voto “per sconfiggere le vecchie élite e sostenere coloro i quali suggeriscono strade alternative per tornare su un sentiero di prosperità”, creando i presupposti per la nascita di un governo che “costituisce la risposta istituzionale al desiderio degli italiani di trovare una nuova prospettiva per il futuro”.

E ancora: “Nel passato, hanno chiesto al popolo di fare sacrifici in nome di un futuro brillante. Hanno smantellato la regolamentazione del mercato del lavoro nel nome di una maggiore e migliore occupazione. Hanno accettato una ritirata dello Stato dal suo ruolo di produttore diretto di beni e servizi, in cambio di una presunta migliore qualità dei servizi, di prezzi inferiori e una maggiore soddisfazione dei consumatori. Temendo i ‘fallimenti dello Stato’, hanno chiesto al popolo di tollerare i ‘fallimenti del mercato’. La cura degli interessi di lungo termine è stata rimpiazzata dalla dipendenza dal breve termine. Le persone hanno già pagato il costo di questi cambiamenti, mentre i benefici si devono ancora vedere. I cittadini sono ora consapevoli del fatto che tutti i cambiamenti che hanno dovuto sopportare abbiano prodotto una società peggiore in termini di opportunità, distribuzione del reddito, giustizia sociale, condizioni del welfare, sicurezza del lavoro e prospettive di crescita per loro e i propri figli”.

Il presidente del Consiglio ha illustrato ai presenti le due principali misure contenute nella Legge di Bilancio: il Reddito di Cittadinanza e la cosiddetta Quota 100, definite “le nostre risposte immediate alle urgenze del Paese”, “interventi estremamente importanti e urgenti, necessari a guarire delle gravi ferite sociali”, anche se non sufficienti a “fornire di per sé una soluzione a problemi profondamente radicati nella nostra società, che è percepita come disuguale nelle opportunità che offre, ingiusta nella distribuzione della ricchezza prodotta, e incapace di generarne abbastanza per tutti”. Problemi ai quali si può porre rimedio solo con delle regole “che mettano al centro gli esseri umani, le famiglie e la comunità”.

Per Conte è tempo “di smetterla di confondere i mezzi con i fini, come abbiamo fatto per tanti anni. Abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo’. Una visione radicalmente nuova, non costruita in termini di una contrapposizione tra statalismo e liberismo, come ha fatto la tradizionale divisione tra sinistra e destra per più di un secolo”, perché “la vera divisione risiede tra coloro che hanno e coloro che non hanno il potere di cambiare le sorti della propria nazione”.

“Siamo radicali perché vogliamo riportare questo potere dove fin dall’inizio lo aveva collocato la nostra Carta Costituzionale: al popolo, che lo esercita nelle forme e nei limiti della legge. Si tratta di un programma vasto e multiforme, guidato da un concetto semplice: sostenere il merito mentre si combattono i monopoli e le rendite di posizione”, ha detto ancora il premier.

La parola popolo ritorna nella parte conclusiva del suo intervento: “L’Italia oggi sta percorrendo questa strada. Noi vogliamo andare molto lontano, non so dire quanto tempo ci vorrà. Quello che so è che senz’altro la nostra battaglia per una società migliore sarebbe più facile se non fossimo soli lungo questo percorso. Ogni comunità, se lasciata sola, faticherà a fronteggiare i venti contrari che provengono da chi mette una Nazione contro l’altra solo per il proprio vantaggio. Se noi, come europei, fossimo più uniti in questi sforzi, saremmo molto più forti nel sostenere la visione originale che ha ispirato il sogno di un’Europa che protegge i suoi cittadini e i valori a noi cari: la libertà, la giustizia sociale, un trattamento equo per ciascuno, la solidarietà fra popoli e nazioni, lo Stato di diritto. Questa è l’Europa che noi italiani sogniamo. Un’Europa del popolo, dal popolo, per il popolo”.

 

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A margine del World Economic Forum, l’inquilino di palazzo Chigi indirizza due bordate contro Berlino e Parigi, attaccando l’asse franco-tedesco e bocciando l’ipotesi di concedere un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite alla Germania, uno dei punti dell’intesa Merkel-Macron.

Conte definisce anche “ambiguo” e “poco comprensibile” il comportamento della Francia sulla vicenda Fincantieri-Stx.

“Parliamo tanto di ideali europei, ma poi bisogna essere coerenti, altrimenti non si è più credibili”, ha detto il premier, aggiungendo che “oggi leggiamo il testo del trattato franco-tedesco sottoscritto ad Aquisgrana, molto ricco di riferimenti all’Unione europea. Solo che poi si precisa che la priorità della diplomazia franco-tedesca è allargare il consiglio di sicurezza Onu a un singolo stato membro dell’Unione. Non si è però sempre detto che l’Unione europea dovrebbe avere un proprio seggio permanente?”.