La visita di Giuseppe Conte in Etiopia ed Eritrea, indubbiamente coronata dal successo, ha destato la reazione isterica di numerose associazioni “umanitarie” e “dirittoumaniste”, del fronte politico ad esse collegato e composto in gran parte dalla sinistra ma non solo e soprattutto dei media mainstream che da anni trovano un loro rendiconto anche dalla denigrazione e dalla delegittimazione di Asmara e di tanti altri paesi non sottomessi ad un certo ordine politico, economico o persino culturale (può anche essere il caso, in altre circostanze, della Siria, dell’Iran, della Russia, del Venezuela, persino della Cina o dell’India, e così via).
Un caso è dato, per esempio, dal Gruppo GEDI, che dal 2016 è il più grande polo editoriale italiano a livello di quotidiani avendo assorbito anche l’ex Italiana Editrice: oltre alle sue storiche testate, ovvero la Repubblica e l’Espresso, controlla ormai anche Il Secolo XIX e la Stampa, insieme ad una vastissima sequela di giornali locali, senza poi dimenticare numerose radio d’importanza nazionale (Radio Deejay e Radio Capital, insieme a m2o, con le relative diramazioni televisive), e poi Micromega, la rivista di geopolitica Limes ed ancora la fondamentale concessionaria di pubblicità A. Manzoni & C. Si tratta, insomma, di un’enorme realtà industriale ed economica, dedita all’editoria e alla formazione dell’opinione pubblica, che quando si tratta d’attaccare il nemico di turno non si fa mai cogliere impreparata: che si tratti di Putin, di Maduro o di Afewerki, possiamo star tranquilli che le armi son sempre ben oliate e le munizioni abbondanti.
Ed infatti in questi giorni soprattutto L’Espresso, anche attraverso i suoi blog, non ha tardato a criticare il viaggio di Conte nei due paesi, soffermandosi soprattutto sull’incontro che il premier italiano ha avuto col presidente eritreo. Un esempio è dato da quest’articolo, ma in realtà ve ne sono tantissimi altri: basta semplicemente fare una bella ricerca a ritroso. In questo caso l’autore, Corrado Giustiniani, non ha esitato nel ripetere il solito adagio che vorrebbe l’Eritrea un “Paese ridotto a una caserma e a una galera insieme”, rilanciando le accuse che proprio in questi giorni, guardacaso, Amnesty International è tornata a scagliare contro Asmara. Non c’era bisogno neppure di dirlo, ma le associazioni internazionali impegnate nella lotta per i “diritti umani” (ovvero per gli interessi politici dei loro benefattori) in queste situazioni non perdono mai un colpo. Non le abbiamo mai viste molto solerti quando, invece, bisognava toccare gli interessi di certi “amici”, e anche questa cosa dovrebbe fare un po’ pensare sulla loro effettiva credibilità e buonafede.
Sempre per continuare la rassegna, non manca il riferimento, contenuto anche nell’articolo sopra citato, al Coordinamento Eritrea Democratico, un altro organismo che in questi giorni ha manifestato una grande preoccupazione per il riavvicinamento fra l’Italia e l’Eritrea, ma che quando a luglio è stata dichiarata la pace con l’Etiopia non ha espresso nessuna soddisfazione e men che meno vi ha trovato alcunché da festeggiare. Forse, la notizia che in Etiopia ci fosse stato il cambio della guardia e che il vecchio governo legato al Fronte Popolare per la Liberazione del Tigray fosse stato mandato in pensione, per i suoi esponenti era una vera e propria ragione di lutto. Fra l’altro, pare che queste associazioni umanitarie, cominciando proprio da Amnesty International fino ad arrivare al CED, non esprimano molto interesse o particolare preoccupazione per i disordini che il loro vecchio alleato politico, il FPLT, sta adessos cercando di scatenare in Etiopia pur di mettere i bastoni fra le ruote al nuovo premier Abiy Ahmed.
Ovviamente tra i nominati dall’articolo pubblicato da L’Espresso non poteva mancare neppure Don Musie Zerai, il prete dal discutibile passato che oggi si presenta come il nuovo Mosè che porta i migranti dall’Africa all’Europa. La sua associazione, Habeshia, è ben inserita esattamente come le altre nel giro di coloro che hanno sempre tifato per la destabilizzazione dell’Africa Orientale, che costituisce una giustificazione politica ed umanitaria per il loro traffico d’esseri umani. Del resto, di tutto questo mondo molto ambiguo avevamo già parlato con dovizia di particolari proprio poche settimane fa.
A tutto questo vasto mondo politico, associazionistico e mediatico bisogna associare anche l’Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, che proprio in questi giorni festeggia i suoi cinquant’anni di vita, ovviamente producendosi in nuovi attacchi ad Asmara (sono state sbugiardate le menzogne con cui si copriva il traffico di migranti, e tutti ormai hanno capito che per le cooperative in quota sinistra o per le associazioni in quota Clero l’accoglienza è solo un business a spese dei contribuenti, e dunque adesso scoppia il panico). Non andrebbe poi dimenticato nemmeno il Manifesto, il “quotidiano comunista” che, però, a quanto pare, coi preti e coi grandi imprenditori alla De Benedetti (proprietario di GEDI e tessera numero uno del PD) vanno ancora più d’amore e d’accordo che coi progressisti veri. Insomma, è tutto un fantastico mondo di prelati, traffichini, politicanti, opinionisti e radical chic: lo stadio estremo e definitivo della degenerazione di quello che un tempo si chiamava “cattocomunismo” e che oggi, forse, è più appropriato definire come “liberalbuonismo”.
Viene da pensare che il nervosismo, in tutti questi ambienti, sia davvero arrivato alle stelle e del resto le ragioni non mancano: il trucco per fare i soldi facili con la scusa dell’accoglienza è stato scoperto, e i rubinetti sia di denaro che di vite umane su cui trafficare ed arricchirsi si stanno chiudendo. Calano gli stanziamenti pubblici dati a questa scellerata forma d’impresa e, allo stesso tempo, qualcuno al governo parla anche di togliere i fondi pubblici all’editoria, il che sarebbe semplicemente la morte di gran parte delle testate mainstream e dei relativi gruppi editoriali, drogati col denaro dei contribuenti. Il rischio di dover fare una bella dieta per sopravvivere al confronto col mercato, o di sparire proprio dal mercato dove finora tutti questi “Soloni” hanno fatto il bello ed il cattivo tempo giocando a fare il privato coi soldi del pubblico, è decisamente dietro l’angolo. Ma, per l’Italia e non solo, è soltanto un’ottima notizia.
Speriamo che vengano una buona volta tagliati i finanziamenti pubblici all’editoria e che questi squali si ritrovino senz’acqua! ;-)