
Questi ultimi due giorni hanno visto l’importante visita del presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Etiopia ed Eritrea, tesa a riallacciare i rapporti fra l’Italia e questi due importanti paesi del Corno d’Africa dopo un’assenza più che ventennale della nostra diplomazia, e non solo.
Per far capire quale fosse il grado d’attesa per la visita di Conte ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, basti pensare che tutta la città era letteralmente tappezzata da manifesti che lo raffiguravano accanto al nuovo premier etiopico Abiy Ahmed, l’uomo che con la sua svolta a 360° della politica etiopica ha reso possibile l’avvio del processo di pacificazione ed integrazione del Corno d’Africa oggi saldamente in corso e che vede anche il coinvolgimento dell’Italia.
Il confronto con Abiy Ahmed è stato molto prezioso per Giuseppe Conte, dal momento che gli ha consentito d’esprimere le sue prime posizioni in merito al ruolo che l’Italia e l’UE devono avere col Corno d’Africa in materia di cooperazione ed immigrazione. A tal proposito è stato molto significativo il richiamo alla collaborazione fra Unione Europea ed Unione Africana, due organismi che già cooperano in alcuni settori chiave per lo sviluppo. Secondo Conte l’Unione Africana è un interlocutore strategico per il controllo dei flussi e per i rimpatri, che dopo la pace in Africa Orientale troveranno indubbiamente un rafforzamento ed una facilitazione. Inoltre l’Unione Africana può fornire un grande aiuto anche per quanto riguarda la futura ed ulteriore stabilizzazione del Corno d’Africa, con un occhio in particolare per la Somalia. Anche per quanto riguarda la Libia l’aiuto offerto dal grande organismo panafricano può essere letteralmente provvidenziale.
Successivamente, nella giornata di oggi, Conte s’è recato in Eritrea, dov’era ugualmente atteso con grande impazienza. Il merito indiscutibile del presidente del Consiglio è quello d’essere innanzitutto il primo leader europeo a recarsi in Etiopia ed Eritrea dopo i lunghi anni dello stato di “né guerra né pace”, e a maggior ragione dopo che entrambi i paesi hanno riconosciuto i termini degli Accordi di Algeri del 2000. Questi Accordi, che l’Eritrea aveva già firmato nel 2000, sono stati accettati dall’Etiopia nel 2018, dopo la caduta del vecchio governo egemonizzato dal Fronte Popolare di Liberazione del Tigray del defunto premier Zenawi, e con la consecutiva ascesa del nuovo premier Abiy Ahmed, di etnia Oromo, appartenente ad un’altra formazione e soprattutto ad un gruppo etnico storicamente discriminato e represso nel suo paese. Tutto questo ha innescato il grande processo di cambiamento che abbiamo avuto modo di vedere negli ultimissimi mesi.
“Ho voluto testimoniare al presidente e all’intero popolo eritreo un segnale di attenzione e di soddisfazione per la svolta raggiunta nell’ambito del processo di pacificazione con l’Etiopia, dopo un conflitto ventennale che ha causato decine di migliaia di vittime”, ha detto Conte, “La sottoscrizione degli accordi di pace e cooperazione crea le premesse per recuperare risorse fin qui dedicate alla Difesa e alla sicurezza e destinarle allo sviluppo sociale ed economico del Paese. La pacificazione e lo sviluppo dell’intera regione del Corno d’Africa, come ho detto al presidente eritreo, possono assicurare condizioni di vita migliori alle popolazioni locali e contribuiranno a stabilizzare anche il quadro dei rapporti internazionali, stabilizzando anche i flussi migratori”.
In questa dichiarazione, diplomatica ed onesta, c’è un po’ tutto il senso della novità conosciuta dalla svolta politica che ha riguardato l’Africa Orientale in questi ultimi mesi: la cessazione dello stato di guerra permanente permetterà di destinare risorse preziose ad altri settori, sottraendole quindi dalla difesa, per promuvere lo sviluppo dei paesi del Corno d’Africa in un quadro di sinergia ed integrazione regionali.
Anche in Eritrea fin dal giorno prima le bandiere italiane ed eritree erano abbinate insieme ad ogni lampione ed edificio, pronte per accogliere il presidente del Consiglio italiano. Avevano cominciato a metterle sin dai giorni scorsi e già l’11 ottobre, il giorno prima dell’arrivo di Conte, il lavoro era stato ultimato. Accolto anche in questo caso in modo trionfale all’aeroporto di Asmara, Conte ha ben presto concordato col presidente eritreo Isaias Afewerki di “rafforzare la cooperazione e la partnership tra i due Paesi nell’ambito di un quadro regionale più ampio”. Il concetto è stato ulteriormente ribadito anche dal ministro dell’Informazione eritreo, Yemane Ghebremeskel, che ha riferito come Conte ed Afewerki abbiano discusso in particolare di “questioni bilaterali e regionali”. Inoltre Conte ha dichiarato di voler “fare la propria parte nel promuovere investimenti, progetti di cooperazione, programmi di istruzione e di formazione tecnica e professionale”.
Al termine dell’incontro, commentandone gli esiti, Conte ha quindi dichiarato: “Ho voluto testimoniare al Presidente e all’intero popolo eritreo un segnale di attenzione e di soddisfazione per la svolta raggiunta nell’ambito del processo di pacificazione con l’Etiopia dopo un conflitto ventennale che ha causato decine di migliaia di vittime. La sottoscrizione degli accordi di pace e cooperazione crea le premesse per recuperare risorse fin qui dedicate alla Difesa e alla sicurezza e destinarle allo sviluppo sociale ed economico del Paese. La pacificazione e lo sviluppo dell’intera regione del Corno d’Africa, come ho detto al Presidente eritreo, possono assicurare condizioni di vita migliori alle popolazioni locali e contribuiranno a stabilizzare anche il quadro dei rapporti internazionali, stabilizzando anche i flussi migratori”.
Sicuramente la rimozione delle sanzioni indette all’Eritrea nel 2009 e nel 2011 dietro false accuse, su impeto dell’allora Amministrazione Obama, e l’ufficializzazione del fatto che a causa delle miopi politiche europee sull’immigrazione il 70% di coloro che giungono nell’UE dichiarandosi eritrei in realtà siano cittadini d’altri paesi, in primo luogo etiopici, somali, sudanesi e così via, saranno i primi due passi da compiere per normalizzare i dissapori in materia migratoria e non solo. L’UE, adeguandosi al dettato di Obama, del resto non dissimile dalle precedenti Amministrazioni Clinton e Bush, incentivò l’emigrazione dall’Eritrea promettendo ad ogni eritreo asilo politico senza troppi problemi. Ciò, ovviamente, ha indotto molti cittadini d’altri paesi africani, in assenza di documenti, a dichiararsi eritrei per ottenere tali facilitazioni, mentre dell’Eritrea nel frattempo si costruiva un’immagine del tutto gratuita ed infamante, almeno a livello di media occidentali, da vero e proprio “gulag a cielo aperto”. Sanare questo nodo sarà fondamentale per tutti, europei ed africani.
A tal proposito anche Enzo Moavero, il ministro degli Esteri, ancor prima della partenza di Conte per l’Etiopia e l’Eritrea era stato molto preciso: “L’Italia è pronta ad accompagnare la crescita economica e lo sviluppo sostenibile di Etiopia e Eritrea, mediante una strategia articolata, con investimenti, interventi di cooperazione e programmi di educazione e formazione professionale, per valorizzare il capitale umano dei due Paesi”, dando subito appuntamento ai suoi colleghi per la Conferenza Italia-Africa del 25 ottobre a Roma, rimarcando poi come tale impegno avrebbe dato luogo “a forme concrete di collaborazione economica su piano bilaterale, trilaterale e multilaterale, in particolare nei settori infrastrutture ed energia”.
Giuseppe Conte è stato letteralmente inondato dalla popolarità ben presto riscossa dagli eritrei: passando per esempio dinanzi alla Scuola Italiana di Asmara, la più grande scuola italiana all’estero, è stato infatti salutato da un infinito corteo di bambini che, all’altezza del Cinema Roma, l’acclamavano mentre si dirigeva verso il palazzo presidenziale per gli accordi ufficiali col presidente Afewerki. S’è trattato di un momento emozionante, che difficilmente potrà mai dimenticare. Prima di lui, solo il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro era venuto in Eritrea, nel 1997, seguito nel 2014 dal viceministro degli Esteri Lapo Pistelli nel 2014: due incontri che, però, non avevano fruttato significativi seguiti.
Gli effetti della collaborazione tra Italia e Corno d’Africa si sono fatti sentire subito: è proprio di oggi, per esempio, la notizia che l’azienda italiana Nardi, storico nome nel campo dei macchinari agricoli con sede a Città di Castello, riceverà dall’Eritrea una commessa da diversi milioni di euro che saranno una bella boccata d’ossigeno dopo anni di crisi economica ed occupazionale. A dare l’annuncio alle maestranze entusiaste è stato un quasi incredulo amministratore delegato, Paolo Guerriero Carloni, che sicuramente non s’aspettava una lettera del genere in tempi poi così celeri.
https://www.facebook.com/eastafro/videos/326598054813899/
L’ultima preziosa notizia, a corollario di tutta questa due giorni semplicemente straordinaria, è l’elezione dell’Eritrea a membro della Commissione ONU per i Diritti Umani: segno di un deciso cambiamento dei tempi, che porterà ad ulteriori preziose novità nel breve termine. Decisamente, per l’Eritrea, il 12 ottobre è stata una nuova giornata di grandi successi, genesi di un avvenire a dir poco roseo. Non ci resta dunque che attendere, con la solita fiducia che da sempre manifestiamo nelle grandi capacità del suo popolo e dei suoi popoli fratelli: come dicevano i latini, “Sursum Corda”, “In alto i cuori”!