Il Tap (Trans Adriatic Pipeline) si farà. Il governo giallo-verde non ostacolerà la realizzazione del gasdotto del Corridoio Sud che servirà a portare in Europa il gas estratto in Azerbaigian dai giacimenti sotto il fondo del mar Caspio (circa 10 miliardi di metri cubi all’anno). A dare l’annuncio è stato direttamente il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il Tap è frutto di un accordo intergovernativo sottoscritto da Italia, Grecia ed Albania il 13 febbraio 2013. Fu firmato dal Governo Monti e diventò legge con il Governo Letta.
Gli azionisti del progetto TAP sono l’italiana SNAM (20%), l’inglese BP (20%) l’azera SOCAR (20%), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagás (16%), la svizzera Axpo (5%).
“Abbiamo effettuato un’analisi costi-benefici e abbiamo dialogato con il territorio. Ad oggi non è più possibile intervenire sulla realizzazione di questo progetto, che è stato pianificato dai governi precedenti con vincoli contrattuali già in essere”, spiega il premier.
Il danno economico derivante da un’interruzione dell’opera sarebbe pesantissimo per l’Italia e zavorrerebbe il già impervio cammino dell’esecutivo, ostacolato dai paletti di Bruxelles. Conte è chiaro: “Gli accordi chiusi in passato ci conducono a una strada senza via di uscita. Interrompere la realizzazione dell’opera comporterebbe costi insostenibili, pari a decine di miliardi di euro. In ballo ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, non lasciando nulla di intentato. Ora però è arrivato il momento di operare le scelte necessarie e di metterci la faccia”.
Decisiva è stata la valutazione finale del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. Per il ministro “anche nei punti contestati” del progetto “non sono emersi profili di illegittimità”.
“La valutazione fatta dal ministero dell’Ambiente, precisa Costa, esula dal mio pensiero personale e dal mio convincimento politico, se l’opera sia giusta o no”.
“Ma nella fase attuale ogni valutazione da parte del ministero deve essere fatta solo ed esclusivamente sulla base del principio della legittimità degli atti e non sul merito tecnico dei medesimi in quanto non consentita dall’Ordinamento”, conclude.
Il via libera alla Tap ha fatto esplodere la tensione tra i 5 Stelle che hanno portato avanti per anni una linea politica contraria al gasdotto. Il vicepremier Luigi Di Maio giustifica così la scelta del governo: “Abbiamo fatto un’istruttoria per due mesi e verificato tutti gli aspetti di quell’opera e ci sono fino a venti miliardi di euro di penali da pagare, cioè più del reddito di cittadinanza e di quota cento insieme”. “Ma questo non vuol dire che abbasseremo la guardia, aggiunge, noi staremo attentissimi a quello che succederà con quest’opera”.
Ma non mancano i distinguo pubblici tra i parlamentari del Movimento Cinque Stelle: “Sulla Tap il ministro Costa sbaglia ancora. La mancata ottemperanza di varie prescrizioni risulta evidente. Confidiamo nel lavoro della magistratura ”, scrivono in una nota congiunta i senatori Lello Ciampolillo e Saverio De Bonis e la deputata Sara Cunial.
A favore del Tap è Matteo Salvini, leader della Lega. In una nota, il ministro dell’Interno ha detto: “Avere l’energia che costerà meno a famiglie e imprese è fondamentale, quindi avanti coi lavori”.
Volontà di evitare la mannaia delle sanzioni ma non solo. C’è chi collega la virata della parte grillina del governo al viaggio del luglio scorso del premier negli States.
L’intervento diretto del premier Conte nella questione, potrebbe rispondere anche ad una scelta geopolitica che per l’Italia potrebbe tradursi in un canale alternativo di approvvigionamento energetico e nel riconoscimento da parte del presidente Usa, Donald Trump, di un ruolo di primo piano nella gestione della complessa crisi della Libia, già a partire dalla conferenza del 12 novembre a Palermo.