Mentre spopola sempre più, in Europa ed in particolare in Italia, il dibattito sulla carestia e la crisi alimentare in Eritrea, funzionale a demonizzare e delegittimare l’accordo fra Asmara e Bruxelles da 300 milioni di euro, altri giornalisti, ben più attenti e costruttivi, fanno notare come il paese africano stia cercando di muoversi nel disastrato scenario regionale ed internazionale con una politica estera coraggiosa e controcorrente. Anche in questo caso, tuttavia, non mancano le sofisticazioni e le mistificazioni: la Reuters, per esempio, afferma che “la crisi migratoria e il conflitto in Yemen si sono trasformate in opportunità politiche per l’Eritrea, che si è progressivamente avvicinata agli Stati dell’Unione Europea e a quelli arabi del Golfo. Si stanno così creando i presupposti per la fine di un decennale isolamento e la revoca delle sanzioni imposte dalle Nazioni Unite (per il sospetto sostegno eritreo alle milizie somale Al Shabaab). Ministri del Governo di Asmara e alti funzionari hanno confermato la volontà dell’Esecutivo di rafforzare i legami con le nazioni del Golfo e una più stretta relazione con l’Unione europea. Il ministro degli esteri ha anche rivelato che Asmara ha permesso a un team di esperti dell’ONU di visitare un carcere eritreo (cosa che l’Eritrea si era sempre rifiutata di fare in passato). […] Non è solo Asmara a volere legami migliori. L’Unione Europea ha firmato un pacchetto di aiuti per 200mila euro. Secondo Bruxelles, questi finanziamenti potrebbero sostenere una ripresa dell’economia dell’Eritrea e così fermare i flussi migratori verso l’Europa. Da parte loro le monarchie del Golfo hanno trovato un partner regionale che offre loro una base logistica nella loro lotta con i ribelli in Yemen, che da qui dista soli 40 km”.
In tutti questi anni in cui mi sono occupato di Eritrea, credo d’essermi imbattuto ben di rado in simili manipolazioni mediatiche. D’altro canto il fatto che si parli della Reuters, perfetto esempio del giornalismo anglosassone al servizio dell’Alleanza Atlantica e della superpotenza che la domina, dovrebbe già di per sé bastare a dirimere qualsiasi dubbio. Esattamente come in passato, l’Eritrea continua a restare oggetto di una raffigurazione mediatica sbagliata, tendente a raffigurarla come “Stato canaglia” bellicoso e pericoloso per gli altri, ed economicamente in ginocchio. Essendo passati ormai più di vent’anni dalla sua indipendenza, e più di quindici dalla sua guerra di difesa con l’Etiopia, diventa sempre più difficile continuare a sostenere simili menzogne, e così nelle redazioni e nei governi occidentali ci s’aggrappa agli specchi inventandosi la storia di un’Eritrea che adesso vorrebbe lasciarsi alle spalle il passato, come se fosse stata folgorata sulla via di Damasco (o di Washington, o di Bruxelles).
Tanto per cominciare, in Eritrea non c’è alcuna crisi alimentare dovuta a carestie, come dimostrato in modo difficilmente contrastabile da dati emanati dal governo e dal Presidente Isaias Afewerki in persona. Anzi, il paese può sfidare più facilmente che nel passato un’eventuale stagione siccitosa grazie ai tanti canali e bacini per la raccolta delle acque piovane costruiti proprio negli ultimi anni. Questa cosa dovrebbe essere di lezione anche per noi italiani, che abbiamo acquedotti che disperdono per strada metà dell’acqua che trasportano.
In secondo luogo, non c’è mai stato alcun sostegno alle milizie somale di Al Shabaab. Nessun soldato eritreo, ed è stato accuratamente dimostrato, ha mai varcato i confini del proprio paese per recarsi in Somalia, o per combattere con gli Al Shabaab o per formarli; men che meno vi è mai stato alcun invio d’armi e munizioni dall’Eritrea alla volta della Somalia. È invece vero che i somali diedero un grandissimo aiuto agli eritrei nella loro lotta d’indipendenza dall’Etiopia di Menghistu, e che per questo motivo ogni eritreo manifesti verso la Somalia una profonda gratitudine. Questo motivo è stato alla base della volontà eritrea di mediare fra le parti coinvolte nella guerra civile somala, alla ricerca di una soluzione politica volta a restituire unità e stabilità al martoriato paese fratello. Ovviamente tale attivismo non è stato gradito dall’Occidente, che ancora si leccava le ferite per il suo fallito intervento in Somalia dei primi Anni Novanta, e pertanto l’azione eritrea è stata prontamente delegittimata e presentata come una mossa espansionistica e terroristica. Ne consegue che le sanzioni varate dall’ONU contro l’Eritrea siano del tutto ingiuste, e persino ridicole, dal momento che per esempio vietano al paese l’acquisto d’armamenti dagli Stati Uniti, nazione da cui Asmara non ha mai comprato neppure una cartuccia.
Per quanto riguarda infine i rapporti con gli Stati arabi del Golfo, l’Eritrea li ha sempre coltivati e non soltanto a partire da oggi. Per esempio, nelle contese con Gibuti, che datano a diversi anni fa, il mediatore era il Qatar. S’è sempre detto che l’Eritrea avesse un rapporto privilegiato con l’Iran, insinuando addirittura che Teheran volesse realizzare una propria base nel paese oltre a riqualificarvi a proprio vantaggio una vecchia raffineria. Anche queste illazioni sono state prontamente smentite, sempre diversi anni fa. Tanto con Teheran quanto coi paesi arabi del Golfo l’Eritrea mantiene, oggi come in passato, i medesimi rapporti di sempre, che sono improntati alla massima cordialità ma tenendo comunque ed in ogni caso ben fermo il principio del “ciascuno padrone in casa propria”. Anzi, se volessimo proprio dirla tutta, dovremmo precisare come Gibuti e l’Etiopia vantino, tanto con l’Iran quanto coi paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, rapporti ben più stretti e fruttuosi di quelli intrattenuti dall’Eritrea: e questo non certo da oggi ma praticamente da sempre.
L’Eritrea, proprio perché vissuta per oltre quarant’anni sotto il dominio etiopico e per oltre sessanta sotto il colonialismo italiano, può avere un solo desiderio: quello d’essere una nazione autonoma ed indipendente, libera dall’influenza di chiunque,e portata esclusivamente ad avere rapporti pacifici e fruttuosi con gli altri paesi, secondo il principio dell’interscambio, del rispetto e della comprensione reciproche. Non può esservi altro. Pensare all’Eritrea come ad una nazione che va al traino di qualcun altro, fosse anche il paese più nobile del mondo, è una lettura fuorviante che, se eletta come punto di partenza per una qualsivoglia analisi, può solo portare a risultati a dir poco incongrui.