“Anche per me decisione combattuta, ma ci chiedo di votare sì”. Con queste parole nella mattinata del 19 agosto il Ministro delle Finanze tedesco Wolfang Schauble ha chiesto al Bundestag di approvare il nuovo piano di aiuti – il terzo in cinque anni – da destinare al Governo di Atene, miliardi di euro in cambio di una lunga lista di impegni, tagli, tasse e riforme. Il voto favorevole1 del Parlamento tedesco ha spento definitivamente l’euforia dell’oxi referendario di luglio: il dogma di austerità ha soltanto vacillato sotto i colpi di speranza del popolo greco senza però crollare, ma piuttosto ripresentandosi più vivo che mai all’ombra del Partenone.

Il voto del Parlamento di Atene
Le temperature non scendono mai sotto i 32° ad Atene in questo mese di agosto, ma il periodo più caldo inizia il venerdì 14, giorno in cui, al termine di una seduta notturna e concitata, il Parlamento ellenico approva il documento di 400 pagine con cui il Governo Tsipras intende dare attuazione alle 27 pagine dell’accordo tecnico2 firmato con i creditori, incassare la fiducia dell’Eurogruppo e con essa i miliardi previsti dal nuovo piano. La decisione dolorosa ma di responsabilità e necessaria – così nel discorso di uno Tsipras non pentito e convinto di aver portato a casa il miglior accordo possibile ­- è stata sostenuta da 222 parlamentari a fronte di 64 contrari e 11 astenuti.

Spaccatura del governo Syriza
Il premier aveva chiesto tempi di discussione e approvazione rapidi onde evitare di dover accelerare i tempi in vista della scadenza del 20 agosto, data in cui Atene avrebbe dovuto restituire alla BCE un tranche di 3.2 miliardi. In aula, invece, il dibattito si è sviluppato tra ostruzionismo e atteggiamenti ostili. La difesa dell’accordo da parte del Ministro delle Finanze Euclide Tsakalotos – il quale ha presentato l’accordo raggiunto con i creditori come il risultato più importante che consente un aggiustamento più morbido tale da non dover ricorrere ad un ulteriore sforzo fiscale nei prossimi anni – ma non ha evitato a Tsipras il fuoco amico e incrociato. Portavoce del fronte anti-troika e dell’ala dissidente di Syriza si fa lo sferzante Lafazanis, ex Ministro dell’Energia, che accusa l’esecutivo di aver tradito il proprio mandato popolare: “la firma di un nuovo Memorandum da parte di un Governo che è stato eletto per abolire i due precedenti è un disastro per il popolo greco e per la democrazia, […] significa ancora più austerità, contrazione dei diritti e perpetuazione del regime di sottomissione del Paese”. Per l’approvazione del pacchetto di riforme sono stati, quindi, determinanti i voti dei partiti dell’opposizione – Nuova Democrazia, PASOK, To Potami – che hanno sostenuto la necessità dei provvedimenti presentati dal Governo. Con una larghissima maggioranza il Parlamento ha approvato il terzo piano di aiuti. Tsipras si veste dei panni che furono dell’epirota Pirro: dopo le difficoltà nel digerire una nuova dose di austeri sacrifici e nuovi e irreversibili passi verso i creditori, Syriza, il partito del premier si è spaccato in modo insanabile. Una vittoria, ma a quale prezzo?

Il passaggio all’Eurogruppo
Lo stesso 14 agosto, nel primo pomeriggio, si riunisce l’Eurogruppo per accordare ad Atene l’aiuto promesso. Dopo l’accordo tecnico sulle riforme da mettere in atto, l’accordo politico tra gli Stati membri che liberano gli 86 miliardi di euro previsti dal nuovo Memorandum. Così Jean Claude Juncker, Presidente della Commissione UE: “oggi sono lieto di dire che tutte le parti hanno rispettato i loro impegni. La Grecia sta rispettando i suoi impegni e sta procedendo a riforme ambizione. La Grecia è e resterà irreversibilmente membro della zona euro e la Commissione europea sosterrà la Grecia nel suo cammino verso una crescita equa, per la creazione di posti di lavoro”. La via per la quale si perviene all’accordo a livello comunitario è tutt’altro che lineare e senza insidie. Ancora una volta è l’intransigente Germania a tentare di gettare sabbia negli ingranaggi dell’accordo sulla Grecia3: la preferenza di Berlino, infatti, era un nuovo prestito-ponte per poter valutare meglio le carte e le misure proposte da Tsipras, ritenute insufficienti4 avanzando, inoltre riserve sulla sostenibilità del debito, una delle questioni ancora aperte, e il ruolo attivo del Fondo Monetario Internazionale, al fine di rendere meno oneroso l’impegno comunitario nella gestione economica della crisi greca. Pur negando la possibilità di procedere ad un taglio del valore nominale del debito (haircut), si apre ad un possibile allungamento delle scadenze condizionato dall’attuazione del Memorandum. Alleggerimento dalla propria rigida impostazione economica, mossa a favore di Atene o mano tesa all’istituzione guidata da Christine Lagarde?

Cosa prevede il terzo Memorandum
Il terzo Memorandum non si discosta dai due precedenti: Atene riceverà 86 miliardi euro nei prossimi 3 anni nell’ambito del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM)5. Prestiti in cambio di austerità, tagli e riforme quando molti analisti sostengono che la soluzione risiede in un grande piano di investimenti senza dover perseguire una solidità fiscale oramai compromessa6.
Un finanziamento iniziale di 13 miliardi di euro è già stato trasferito al Governo greco, parte di un primo piano da 26 miliardi di euro7 e destinati al rifinanziamento del debito e del bilancio dello stato. La seconda sotto-tranche da 10 mld, per la ricapitalizzazione o liquidazione delle banche greche, verrà mantenuta in un conto speciale presso l’Esm.
Nello specifico, il testo del Memorandum of Understatement for a three-year ESM programme (MoU) si apre con una discutibile preambolo – una menzogna per alcuni – che solleva le istituzioni comunitarie da qualsiasi responsabilità: la Grecia ha richiesto il supporto dai suoi partners europei per ripristinare una crescita sostenibile, creare lavoro, ridurre le iniquità e affrontare i rischi per la propria stabilità finanziaria e quella della zona euro. Si legge più avanti che il successo [dall’accordo] richiede la proprietà del programma di riforme da parte delle autorità greche ma in realtà la volontà di Atene sottosta al volere dei creditori dal momento che il Governo, dunque, è pronto a prendere tutte le misure che possono risultare opportuno a questo scopo, come le circostanze cambiano. Il Governo si impegna a consultare e concordare con la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale tutte le azioni rilevanti per il raggiungimento degli obiettivi del MoU prima che questi siano finalizzati e legalmente adottati.
Sono previste tasse per le aziende mercantili sulla base della stazza delle navi da cargo, una nuova revisione del sistema di previdenza sociale e una riforma del mercato del lavoro, l’eliminazione delle agevolazioni fiscali per le isole, l’attuazione del programma di privatizzazioni già avviata dal precedente governo a guida Samaras tramite l’istituzione di un fondo che, mettendo asset sul mercato, dovrà realizzare 50 miliardi. Come annunciato dall’Hellenic Republic Asset Development Fund con un comunicato del 12 agosto, verranno messe in atto le privatizzazioni del porto del Pireo e di Salonicco e della ferrovia di Stato Trainose-Rosco. Prima conseguenza dell’accordo è la concessione quarantennale degli aeroporti regionali alla tedesca Fraport, interlocutore privilegiato, per la cifra di 1.23 miliardi, attuazione della disposizione 4.4.iii del Memorandum che impone alle autorità di fare passi irreversibili per la vendita degli aeroporti regionali a condizioni correnti con il vincitore già selezionato.

Le dimissioni di Tsipras
Eletto il 25 gennaio per mandare combattere l’austerity e fare di Syriza una forza di cambiamento dall’interno dell’UE. Il 15 e il 22 luglio sono state concordati due blocchi di riforme in cambio di una nuova concessione di prestiti ad Atene. Alexis Tsipras ha visto il suo partito spaccarsi di fronte al “tradimento” della volontà popolare che aveva manifestato il suo rigetto per le misure di austerità con il referendum del 5 luglio; tradimento indotto dall’asfissia finanziaria operata dalla BCE che minacciava di lasciare sul lastrico un intero Paese e alle forti pressioni di Washington, attore che non ha mai smesso di giocare al tavolo greco, obbligato dagli interessi geopolitici nella regione – in cui la Grecia è pedina fondamentale – a tenere Atene lontano dall’orbita di Mosca8 e costretto a mediare energicamente la volontà di Berlino di sbarazzarsi di Syriza dimostrando che non c’è via alternativa alla linea politico-economica prevalente.
Il voto del 14 agosto ha messo definitivamente a nudo la spaccatura. Già si prospettava un passaggio parlamentare per chiedere la fiducia ed il varo di un nuovo Governo di unità nazionale cui partecipassero le forze politiche che ne avevano appoggiato le proposte necessarie allo sblocco degli aiuti. Invece, nella tarda serata del 20 agosto Alexis Tsipras ha annunciato le proprie dimissioni insieme con elezioni anticipate: “il mandato che ho ricevuto il 25 gennaio ha fatto il corso. Ora il popolo sovrano deve decidere, voi dovete decidere se siamo riusciti a portare il paese su una strada positiva, voi dovete decidere se siamo in grado di portare il paese all’uscita dal memorandum, se abbiamo avuto coraggio”. La scelta di rimettere il mandato nelle mani degli elettori risponde ad una esigenza tattica volta all’obiettivo strategico di consolidamento del potere. Cercare un mandato forte, l’imperativo. Votare quanto prima possibile, la necessità. Per impedire che le forze dissidenti di Syriza (in particolare Piattaforma di Sinistra di Lafazanis) si organizzino e per evitare che si palesino gli effetti del Memorandum. “Voi ci giudicherete – ha proseguito – così come giudicherete quelli che hanno proposto il ritorno alla dracma o che hanno continuato a servire il vecchio sistema. Ho la coscienza a posto, in questi mesi ho combattuto per il mio popolo”.
La campagna elettorale è già cominciata.

Andrea Turi

1. Il Bunderstag si è così espresso: 454 sì, 113 no e 13 astenuti.
2. Memorandum of Understatement for a three-year ESM programme, concordato l’11 agosto 2015.
3. Titolo di un articolo pubblicato dal Finantial Times: https://www.ft.com/cms/s/0/74d2d4a4-e007-11e2-9de6-00144feab7de.html
4. Lo stesso Tsipras aveva stigmatizzato l’opzione di un prestito-ponte quale strumento capace di innescare una crisi senza fine.
5. L’85% del prestito sarà destinato al saldo del debito pregresso e alla ricapitalizzazione degli istituti bancari. Il Governo avrà a disposizione circa 10 miliardi da destinare ad investimenti per il rilancio e la stabilizzazione dell’economia del Paese.
6. Le stime parlano di una ripresa soltanto nel 2017 (+2.3) con una flessione per il 2015 tra il 2.1 e il 2.3%. Il rapporto debito/PIL nel 2016 sarà del 201% mentre nel 2022 del 160%.
La buona notizia è che nell’ultimo trimestre l’economia ha fatto segnare un +0.8%: la performance del settore turistico e la diminuzione della bolletta energetica hanno spinto la Grecia tecnicamente fuori dalla recessione.
7. I 13 miliardi sono la prima parte di una sotto-tranche da 16, i cui restanti 3 verranno sborsati una volta che la Grecia avrà completato ulteriori azioni prioritarie al più tardi entro fine novembre.
8. Nonostante gli avvicinamenti di Atene a Mosca e Pechino, né la Russia né la Cina possono in questo momento accollarsi i problemi greci anche se possono sostenere la Grecia soprattutto con accordi commerciali (Turkish Stream) e apertura presso la Banca dei BRICS.

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