Covid-19
L'epidemiologo Bruce Aylward, a capo di un team dell'OMS, durante una conferenza stampa a Pechino il 24 febbraio 2020.

Una delle prime polemiche, avanzate soprattutto dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ma anche da molti politici, intellettuali ed opinionisti nostrani e “bipartisan”, è stata quella secondo cui la Cina avesse cercato di nascondere il più possibile le notizie riguardanti l’esordio e l’affermazione del Coronavirus a Wuhan e nel resto del paese, ovviamente anche macchiandosi di gravi omissioni in merito alla condivisione di tutti i vari e possibili dati riguardanti questo virus. Smontare quest’illazione, tuttavia, non è molto difficile, argomenti alla mano: la Cina per prima, anche per ovvie ragioni, aveva fin da subito reso pubblico il genoma del Covid-19 (a quel tempo ancora chiamato, alternativamente a Coronavirus, col nome di NovelCoV) in un database internazionale, ad uso di tutti gli altri istituti e ricercatori.

Ciò era avvenuto quando ancora il Coronavirus non aveva iniziato a diffondersi nel nostro paese, e nessuno del pari s’aspettava od augurava che potesse mai succedere. Quando, ai primi di febbraio, i nostri media annunciarono che l’Istituto Spallanzani di Roma aveva per primo in Europa o addirittura al mondo “sequenziato il DNA” (termine decisamente inesatto, considerato che oltretutto il Coronavirus o Covid-19 è un virus a RNA) a precederlo v’erano in realtà ormai già stati non solo i cinesi ma anche altri istituti europei ed americani, ad esempio l’Istituto Pasteur di Parigi; e, infatti, né il Ministro della Salute né il Capo del Dipartimento di Malattie Infettive dell’ISS Giovanni Rezza, parlarono di record o di primati, lasciando soli a farli i nostri vari giornalisti e guru dell’informazione, mentre puntavano semmai più correttamente e sensatamente l’accento sul valore della cooperazione e della ricerca.

Comunque, tanto per mettere i “puntini sulle i”, è tutt’altro che inopportuna la precisazione fornita nei giorni scorsi dall’agenzia stampa cinese Xinhua, che riassumendo in un suo articolo un vero e proprio “diario del Covid-19” ha così spazzato via tutte le varie illazioni e delegittimazioni politicizzate che nelle ultime settimane hanno circolato in abbondanza, non soltanto nei media del nostro paese. Chi non ha voglia di star troppo a leggere, può anche far prima guardandosi il video che appare nell’articolo stesso, e che qui ripubblichiamo:

China timely shares COVID-19 information, advances int’l cooperation

In ogni caso l’articolo riporta alcuni passaggi chiave, che meritano d’essere enfatizzati anche in questa sede: a partire dal 3 gennaio, per esempio, il governo della Cina ha cominciato regolarmente ad informare quello degli Stati Uniti in merito all’evoluzione della grave malattia polmonare che si stava espandendo nel paese; e questo mette intuibilmente all’angolo molte accuse sparate a ripetizione da allora in poi da Trump, evidentemente legati soprattutto a scopi politici ed elettorali interni. Sempre nei giorni immediatamente successivi iniziavano la cooperazione e lo scambio d’informazioni a tutto campo a livello globale, col coinvolgimento di OMS, NHC, autorità dell’Unione Europea, ecc. A febbraio, poi, la collaborazione vedeva la partecipazione attiva di tecnici di Cina, Germania, Giappone, Corea del Sud, Nigeria, Russia, Singapore, Stati Uniti e OMS, ad operare in completa sinergia anche nello stesso territorio cinese, con ispezioni in città come Pechino, Chengdu, Guangzhou e Wuhan.

Al tempo stesso era partita anche la cooperazione internazionale sulla ricerca, che vedeva il coinvolgimento di dieci organizzazioni internazionali di varie parti del mondo, dall’Asia alle Americhe, così come il nostro paese, come già menzionato all’inizio del nostro articolo. Infatti già il 12 gennaio il sito del Global Initiative on Sharing All Influenza Data (GISAID) riportava la sequenza del genoma fornita dall’Accademia Cinese di Scienze Mediche e dall’Istituto di Virologia di Wuhan sotto la supervisione dell’Accademia delle Scienze della Cina, come agenzie indicate dalla stessa OMS. Seguiranno poi tutti gli altri, compresi i nostri ricercatori.

Infine, vi era anche l’implementazione del percorso d’assistenza a vari paesi: non soltanto, quindi, l’Italia, ma anche Iran, Iraq, Serbia, Cambogia, Laos, Pakistan e Venezuela cominciavano a ricevere, sin dai giorni intorno al 12 marzo i primi aiuti in termini di personale e materiali di tipo medico-sanitario. Da allora la collaborazione e l’assistenza della Cina verso altri paesi ha cominciato ad estendersi anche ad altri paesi, aumentando per numeri e portata, compresi anche gli Stati Uniti ed altre nazioni dell’Unione Europea.

Immagine proveniente dalla pagina ufficiale su Facebook dell’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese in Italia