Storia della Crimea

La storia della Crimea è caratterizzata da un incrocio tra diverse culture, nazionalità, religioni ed etnie.

La prima popolazione che abitò la Crimea fu quella dei Cimmeri, nel XV-VII secolo a.C.. In seguito, nei tempi antichi, la penisola fu abitata da Tauri, Sciiti e Sarmati, antichi Greci e Romani, Goti e Unni; nel Medioevo, vi giunsero Slavi, Armeni, Peceneghi, Polovesiani, Cazari e proto-Bulgari, Veneziani e Genovesi, Tartari e Turchi.

Nel IX secolo, il potere dei Cazari declinò fino ad essere sconfitto, negli anni Sessanta del X secolo, dal principe russo Svyatoslav Igorevich. Nel 988, in Crimea, il principe russo Vladimir scelse di essere battezzato dalla Chiesa cristiana tra quelle possibili (cristianesimo, ebraismo ed islam), rendendo la Russia, precedentemente pagana, un Paese cristiano.

Nel XIII secolo, i nomadi tartari-mongoli invasero la Crimea, dando alla penisola il suo nome attuale. Spingendo la popolazione locale a sud verso le montagne, i nomadi rimasero in Crimea per due secoli.

All’inizio del XV secolo sorse il Khanato di Crimea, che divenne un vassallo dell’Impero Ottomano in seguito alla caduta di Costantinopoli nel 1453 ed alla conseguente espansione turca nel Mar Nero. Dal Khanato di Crimea, governato da tartari e turchi, ebbero inizio continue invasioni della Russia: furono bruciate diverse città, tra cui Mosca, e molti russi vennero fatti prigionieri per il mercato degli schiavi in Crimea. Questo periodo continuò fino al XVIII secolo quando, nel 1783, dopo la guerra russo-turca (1768-1774), la Crimea divenne parte dell’Impero russo durante i trattati di pace in seguito alla vittoria russa.

Come parte dell’Impero russo, l’economia della penisola cambiò, passando da un’economia principalmente dedita al saccheggio alla costruzione di città vere e proprie, di infrastrutture ed allo sviluppo dell’agricoltura. In seguito alla Guerra di Crimea (1853-1856), combattuta tra l’Impero Russo da una parte e da Regno Unito, Francia, Impero Ottomano e Regno di Sardegna dall’altra, la città di Sebastopol in Crimea divenne ed è rimasta tutt’ora, per i russi, un simbolo dell’eroismo e dell’onore guadagnati dai loro antenati durante questa guerra.

Alla fine del XIX secolo, la Crimea divenne anche un’importante località di villeggiatura per gli zar, i quali costruirono diversi palazzi da adibire a dimore di villeggiatura, tutt’ora esistenti.

La città di Sebastopol divenne nuovamente un simbolo nazionale per l’eroica resistenza all’invasione tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, durante combattimenti che durarono 250 giorni.

Il 19 febbraio 1954 la Crimea fu inclusa dal leader comunista Nikita Krusciov, contro il volere della popolazione, come regione nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina all’interno dell’URSS. La città di Sebastopol, tuttavia, rimase indipendente dalla giurisdizione ucraina.

Nel febbraio 1991, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, fu costituita la Repubblica Autonoma della Crimea all’interno dello Stato ucraino. Durante gli anni Novanta, la Crimea sognava di tornare nuovamente a fare parte della Russia o almeno di ottenere l’indipendenza (fatto, per altro, che in seguito non è mai stato negato persino dagli ultra-nazionalisti ucraini), ma l’Ucraina fermò il movimento indipendentista ed iniziò un programma di nazionalizzazione nella penisola.

Nel 2014, alcuni manifestanti ucraini principalmente ultra-nazionalisti, con il supporto di Stati Uniti, Germania e Polonia, diedero inizio ad un colpo di Stato a Kiev (divenuto noto come Maidan). Gli slogan neonazisti e l’idealizzazione dei collaborazionisti ucraini durante la Seconda Guerra Mondiale, sostituti da parte del nuovo governo come eroi nazionali alle figure sovietiche, non furono condivisi dalla popolazione della Crimea, i quali considerarono illegale il colpo di Stato a Kiev.

Gli abitanti della Crimea, temendo un conflitto etnico-religioso con l’Ucraina, come già accadde e prosegue tutt’ora nel Donbass da più di tre anni a questa parte, iniziarono ad organizzare una milizia di autodifesa ed un referendum per la riunificazione con la Russia. Dopo il colpo di Stato a Kiev, infatti, si erano già verificati degli scontri in cui alcuni abitanti della Crimea erano stati feriti o uccisi dagli ucraini simpatizzanti delle idee radicali. Questi ultimi avevano pianificato un’escursione punitiva in Crimea per sedare le rivolte, cosa che sarebbe sfociata in gravi conseguenze.

La Russia inviò quindi gli Spetsnaz (corpi speciali) nella penisola per tutelare la libertà di voto dei cittadini al referendum, al fine di prevenire interferenze da parte del nuovo governo ucraino. Questo evitò, di fatto, una strage della popolazione della Crimea (per la maggioranza russa).

Il 16 marzo 2014 si è tenuto il referendum sullo stato della Crimea. Sia il referendum che il conteggio dei voti, come anche riferito da osservatori internazionali (tra cui anche l’Italia), si sono svolti in maniera del tutto legale. Il 18 marzo 2014 Putin ha firmato l’accordo di riunificazione della Crimea con la Russia.

Al giorno d’oggi, il panorama della Crimea presenta molte nuove strade, edifici, scuole ed ospedali, che sono andati a sostituire le vecchie infrastrutture sovietiche che non erano mai state ristrutturate dal governo ucraino. Nonostante il regime sanzionatorio imposto da Stati Uniti ed Unione Europea, l’economia della Crimea è in crescita ed è aperta agli investimenti stranieri. La popolazione maggioritaria russa convive pacificamente con le minoranze etniche e religiose (tra cui ucraini, tartari e discendenti di greci, genovesi e veneziani).

La Crimea ha ospitato diversi eventi e forum internazionali. Il 6 novembre, nella città di Yalta, si è tenuta la conferenza “La Crimea nel contesto internazionale moderno. Forum degli amici della Crimea”, a cui hanno partecipato politici, uomini d’affari e giornalisti provenienti da diverse nazioni, tra cui Italia e Francia.
In generale, la maggioranza della popolazione è soddisfatta della riunificazione con la Russia, ed anche coloro che invece preferirebbero tornare a fare parte dell’Ucraina non temono ritorsioni nell’esprimere la propria opinione, a differenza di quanto era accaduto alle soglie del referendum.

Silvia Vittoria Missotti