L’anno per Cuba si è chiuso positivamente nonostante le difficoltà. La crisi del fedele alleato venezuelano era la maggior minaccia che incombeva sul governo castrista. Il ridotto flusso di aiuti petroliferi provenienti dalla repubblica Bolivariana è stato compensato, però, sia da un crescente flusso di turisti (incoraggiati da una ritrovata distensione) sia dai revisionati vincoli all’embargo imposti dal Tesoro americano.  L’innalzamento del limite delle rimesse da 500 a 2.000 dollari per trimestre e l’aumento del limite delle merci cubane importabili, hanno portato il tasso di crescita del Pil 2015 al 4% rispetto all’1% dell’anno precedente. L’inaccessibilità al sistema finanziario rende ancora l’economia del Paese fortemente squilibrata e poco diversificata tuttavia, l’allentamento dei vincoli imposti dalla Casa Bianca, hanno portato l’agenzia di rating Moody’s a stimare una crescita del Prodotto Interno Lordo per il 2016 del 3%.

Purtroppo per Cuba, tuttavia, le restrizioni sono lungi dall’essere sollevate.

Un paio di settimane fa, in occasione dell’anniversario dello storico disgelo tra Usa e Cuba, il presidente americano Barack Obama, ha affermato che l’embargo è “l’eredità di una politica che non ha funzionato”. Seppur alcuni vincoli siano stati alleggeriti, ad un anno dall’inizio del processo di distensione el bloqueo rimane in piedi. “I cambiamenti non avvengono dal giorno alla notte, e la normalizzazione sarà un lungo viaggio” come afferma lo stesso Presidente.

Il Congresso, il cui voto è necessario per l’abrogazione dell’embargo commerciale, è assai diviso. L’ostacolo maggiore riguarda le richieste delle multinazionali americane Coca Cola, Exxon Mobil, Starwood Hotel, Colgate-Palmolive che rivendicano i beni confiscati da Fidel Castro dopo la rivoluzione, che allora erano stimati in 1,9 miliardi di dollari, che equivarrebbero oggi a circa 8 miliardi (prima del 1959 gli Stati Uniti controllavano il petrolio, le miniere, le centrali elettriche, la telefonia e parte della produzione di zucchero di canna). Dall’altra parte ci sono invece le richieste di Raul Castro, il quale vorrebbe riconosciuto un indennizzo per “i danni umani ed economici” provocati da mezzo secolo di embargo e la sua completa revoca (si parla di 121 miliardi di dollari da rimborsare).

Oltre alla mera questione economica, sussistono i problemi tipici nel relazionarsi con una superpotenza come gli Stati Uniti, restii ad estromettersi dalla politica interna dei propri partner commerciali. Mentre Obama ha avanzato la richiesta di dimissioni dell’attuale leader e fa pressioni per l’avvio del processo di democratizzazione del Paese, l’attuale Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri Raúl Castro, fa appello ad un dialogo rispettoso e senza influenze sull’indipendenza nazionale e sull’autodeterminazione del popolo cubano.

C’è da chiedersi se Cuba rinuncerà agli ideali per i quali generazioni di cubani hanno lottato in questo ultimo mezzo secolo, oppure riuscirà ad ottenere ulteriori allentamenti del blocco, senza compromettere l’indipendenza del Paese.

Luca Caselli