Fino all’inizio degli Anni Sessanta la Svezia è stata una delle più grandi scuole calcistiche del mondo, un’autentica fabbrica di talenti e giocatori che hanno segnato un’epoca: l’importanza che ha rivestito il calcio scandinavo nell’economia del calcio europeo (e mondiale) è stata enorme e spesso sottostimata, forse perché nell’ultimo ventennio questo movimento calcistico purtroppo è entrato in una fase interlocutoria. Dal mitico trio Gre-No-Li a Zlatan Ibrahimović, il sottile filo che lega Italia e Svezia dura da più di sessantanni, eppure nel Belpaese si conosce davvero troppo poco della Svezia e del suo movimento calcistico. Abbiamo così chiesto lumi Christer Löfman, svedese classe 1965, laureato in Scienze Politiche all’Università di Siena, nel tempo libero grande studioso e appassionato di calcio oltre che giornalista sportivo free-lance che insegna lingue scandinave alla Scuola per Traduttori e Interpreti di Trieste.
Partiamo dalle origini del calcio in Svezia… com’è sbocciato il calcio a queste latitudini?
Tutto iniziò a Göteborg che fu la prima città calcistica della Svezia, la città aperta sul mondo esattamente come fu Genova per l’Italia, essa aveva un vantaggio: un clima molto temperato rispetto a Stoccolma, i primi club sorsero lì. Il calcio arrivò più tardi a Stoccolma negli Anni Novanta dell’Ottocento, mentre fu la Danimarca il primo paese calcistico al di fuori dalla Gran Bretagna: nel 1876 fu fondato il Kjøbenhavns Boldklub o KB, il club più antico del mondo al di fuori del Regno Unito. Dieci anni dopo il calcio arrivò in Svezia e qualche anno dopo fece capolino a Stoccolma. In questo periodo, a livello di gioco, a Stoccolma si giocava un calcio più fisico, a Göteborg invece un calcio più raffinato ma comunque sempre meno raffinato di quello dei club danesi che erano all’avanguardia… Il campionato svedese, l’Allsvenskan, nacque ufficialmente nel 1924, anche se si può dire che esso sia sorto ufficialmente nel 1911, anche se partecipavano pochissime squadre perché il calcio aveva attecchito solo in zone ristrette della Svezia. All’inizio in tutta la parte della Scania a Sud della Svezia il calcio era cosa irrilevante, poi negli Anni Dieci furono fondate le squadre di Malmö e Helsingborg. Fino agli Anni Cinquanta le squadre del Centro-Nord del paese non potevano giocare il campionato a causa delle eccessive distanze, le squadre della Lapponia comparvero per la prima volta addirittura negli Anni Sessanta! Questa dinamica riguardò però solo la Svezia e non i paesi limitrofi: in Finlandia ad esempio il calcio invece non ha mai attecchito del tutto, anche perché in Finlandia la stagione fredda dura molto più a lungo, da maggio a ottobre e i campi di erba furono un miraggio fino almeno alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952! Normale che con situazioni climatiche del genere il calcio non si sia mai sviluppato, i finlandesi hanno così preferito concentrare tutte le loro risorse sull’atletica che è a tutti gli effetti il loro sport nazionale. La Nazionale svedese ha avuto una storia tribolata perché fin dal 1908, anno della prima partita internazionale contro la Norvegia, c’era un conflitto tra i giocatori di Stoccolma e quelli di Göteborg, per tanti anni così ottenemmo pessimi risultati: all’inizio ne prendevamo di brutto dalla Danimarca con punteggi di dieci a zero, otto a zero… Nel 1935 vincemmo per la prima volta contro la Danimarca a Stoccolma per quattro a zero e fino al 1978 una volta all’anno la partita contro la Danimarca è stata “La Partita”.
Gli Anni Quaranta/Cinquanta sono stati il periodo d’oro del calcio svedese, per quale motivo?
Dal 1935 la Svezia calcistica conobbe un vero e proprio boom per svariati motivi. Innanzitutto grazie ad una legislazione sociale tra le più avanzate del mondo: quante proteine al giorno mangia un operaio? Quante ore libere ha? Sono condizioni fondamentali per lo sviluppo di un movimento sportivo avanguardistico. Poi c’è sempre una questione politica: in Germania la legislazione sociale era avanzata come in Svezia ma il Kaiser si opponeva al calcio perché era uno sport inglese…. Da sottolineare anche che negli Anni Quaranta e Cinquanta in Svezia operavano allenatori britannici e danubiani, maestri di calcio che non avevano nulla da invidiare a un Mourinho o ad un Guardiola dei tempi nostri, anche questo fu un fattore da non trascurare.
Ti sei fatto un’idea sul modo in cui giocava la Svezia del Gre-No-Li campione olimpica nel 1948?
La squadra campione olimpica a Londra nel 1948 giocava un calcio molto metodico, i danesi invece erano considerati “i latini del Nord” perché aborrivano i campi bagnati e pesanti: “noi danesi siamo dilettanti e quindi possiamo giocare quando e dove vogliamo, i professionisti inglesi giochino pure sempre!”. Per farti un esempio, Preben Larsen-Elkjær, da voi famoso per essere stato protagonista nel Verona scudettato del 1984/85, è stato il prototipo del classico giocatore danese: pensa che quando da giovane giunse al Colonia manco sapeva chi fosse Overath, a lui non gliene fregava proprio niente! Fino agli Anni Settanta, all’arrivo di Sepp Piontek, un tedesco che usava metodi forti, i danesi erano così: volevano vincere contro la Svezia ma facendo i tunnel nella propria area di rigore!
Ritiene che senza le assurde e anacronistiche regole sul professionismo la Svezia avrebbe potuto vincere i mondiali del 1950 o del 1954?
La Svezia al completo con tutti i suoi fuoriclasse avrebbe potuto vincere tranquillamente nel 1950 in Brasile, ma dubito che sarebbe riuscita a battere gli ungheresi nel 1954, quella era una squadra di extraterrestri che giocava un calcio troppo “avanti”, però arrivare in finale perché no?
Con l’avvento del professionismo negli Anni Sessanta però il calcio svedese entrò in periodo di crisi…
Dagli Anni Sessanta abbiamo incominciato ad isolarci dal punto di vista calcistico, infatti in quegli anni il calcio in Svezia conobbe una piega difensivista che non piacque al pubblico, un po’ come in Italia. Nel 1963 la Svezia fu addirittura prima nel Ranking UEFA ma giocava un calcio noioso dopo l’abbandono del WM e l’introduzione del quarto difensore. Avevamo giocatori di grandi talenti come Magnusson, che giocò alla Juventus, che tuttavia trovò poco spazio in nazionale. Negli Anni Sessanta però fummo molto sfortunati a livello di Nazionale: nel 1965 pareggiammo a Berlino contro la grande Germania e poi perdemmo a Stoccolma causa un gol abbastanza stupido, in quella partita esordì Beckenbauer. Nel 1962 giocammo a Berlino in uno spareggio contro la Svizzera: i tedeschi erano ancora incavolati per la semifinale del 1958 e tifavano tutti per la Svizzera che vinse, mi pare, per un gol di scarto.
Negli Anni Settanta e Ottanta sono a due facce: molto bene con i club, male con la Nazionale, per quale motivo?
Dagli Anni Settanta esplose una questione che molti italiani ignorano: i giocatori migliori andavano a giocare in Germania, in Svezia però la Tv trasmetteva partite del campionato inglese. Così nacque una strana rivalità tra i cosiddetti fautori del calcio britannico, che prediligevano un calcio molto fisico e macchinoso fatto di lanci lunghi, e i cosiddetti fautori del calcio tedesco, che amavano un calcio più tecnico, ragionato e ricco di fraseggi: i primi evidenziavano come i club inglesi vincessero la Coppa Campioni, i secondi il fatto che la Germania arrivasse sempre in fondo ai mondiali e agli europei, avevano ragione entrambi! Inoltre i giocatori erano abituati a giocare secondo il modulo tedesco, cioè il 4-3-3 con le marcature a uomo, gli allenatori svedesi invece utilizzavano la zona pura ed il 4-4-2. Nel 1978 ai mondiali non eravamo né tedeschi né inglesi… né carne né pesce, infatti facemmo male. Nel 1982 e nel 1986 avevamo una grande squadra ma questa diatriba ci fece perdere molto e non ci qualificammo alla fase finale. A livello di club però gli Anni Settanta furono esaltanti: nel 1979 il Malmö giunse in finale di Coppa Campioni, quella squadra saltava il centrocampo in maniera quasi provocatoria, il pubblico quasi non sopportava quel tipo di gioco. L’allenatore del Malmö, Bob Houghton era quasi fanatico, provocativo nel suo “palla lunga e pedalare”, una sorta di catenaccio in salsa inglese. Il giovane Roy Hodgson invece, attivo in quegli anni in Svezia, era un tecnico più blando su questo aspetto e fautore di un calcio più vario. Nel 1981 il Göteborg di Sven-Göran Eriksson vinse la Coppa UEFA giocando un calcio imponente: ai quarti di finale pareggiò 2-2 a Valencia senza mai chiudersi in difesa, in semifinale dominò contro il Kaiserslautern nel campo più intimidatorio di tutta la Germania, infine in finale batté 3-0 l’Amburgo a domicilio, l’Amburgo di Magath e del grande Ernst Happel. A livello di Nazionale però gli Anni Ottanta furono gli anni della Danimarca, però ancora nel 1982 un inviato del Corriere della Sera, al seguito degli azzurri di Bearzot che giocavano in trasferta a Copenhagen, disse che la nazionale danese valeva “più o meno il Catanazaro”, il metodo Piontek infatti non aveva ancora dato i suoi frutti. Finì invece 3-1 e Zoff fece delle grandi parate. In quel periodo Simonsen, Morten Olsen, Lerby, Arnesen erano allo zenit, Elkjaer invece era ancora giovane. Se nel 1982 si sarebbe qualificata ai mondiali al posto dell’Italia la Danimarca avrebbe fatto buone cose. Due anni dopo agli Europei francesi scoppiò definitivamente la Danish Dynamite…
Dopo l’inaspettato bronzo ai mondiali di USA 1994, la Svezia ha ottenuto tanti buoni piazzamenti ad Europei e Mondiali ma mai nessun risultato clamoroso, cos’è mancato per fare il salto di qualità? Come giudichi un campione del calibro di Zlatan Ibrahimović?
Dopo il 1994, quando la Svezia mostrò un bel calcio ai mondiali americani giungendo terza, il calcio nordico ha conosciuto un repentino crollo, oggi se ci riusciamo a qualificare per i gironi di Champions League infatti è un miracolo, diciamolo fuori dai denti: le squadre nordiche sono state di fatto travolte dalla Sentenza Bosman! Il linguaggio corporeo di Ibra in Nazionale è sempre stato un po’ tossico per i compagni, roba della serie “non siete alla mia altezza”. Oggi senza Ibra abbiamo fatto tre partite giocando un calcio migliore, anche perché il vecchio Ct Hamrén si disinteressava completamente di tattica, faceva dei discorsi assurdi, di motivazione in stile new-age! Il vecchio Lars Lagerbäck ora collabora con il nuovo Ct, egli rappresenta il vecchio calcio tradizionale svedese, con Hamrén giocavamo un calcio molto “pazzo” estraneo alla mentalità svedese che ci ha consentito però di recuperare uno zero a quattro contro la Germania. Hamrén recentemente ha commentato anche delle partite alla televisione, è stato imbarazzante per le scemenze che ha detto, la gente chiudeva l’audio per di non sentirlo!
Quel è il tuo personalissimo undici all-time?
Abbiamo avuto grandi portieri, Ronnie Hellström però è stato il migliore, superiore a mio avviso sia a Ravelli che a Kalle Svensson che, della generazione d’oro degli Anni Cinquanta fu uno dei pochi a non espatriare,in epoca di frontiere chiuse e stranieri contingentati infatti i portieri avevano poco mercato. In Danimarca invece non ci sono mai stati grandi portieri, si è incominciato a curare il ruolo appena dopo l’esplosione di Schmeichel che però è mezzo polacco! Sulle fasce a destra metterei Orvar Bergmark, a sinistra Erik Nilsson, l’olimpionico del 1948. Come coppia di difensori centrali vedrei bene Nordqvist e Patrick Andersson, in alternativa al primo però opterei anche Bengt Gustavsson, uno stopper dai grandi mezzi fisici, dotato anche di piedi buoni che giocò nell’Atalanta sul finire degli Anni Cinquanta: in un match contro l’Italia prese addirittura un nove in pagella sul Corriere della Sera! Anche da allenatore in Svezia è stato molto apprezzato perché faceva praticare un gioco offensivo alle sue squadre. A centrocampo, giocatore irrinunciabile in mediana è Bo Larsson, bandiera del Malmo che giocò anche in Germania con lo Stoccarda e che nel 1979 trascinò il Malmö in finale di Coppa Campioni. Larsson è sempre stato un tipo particolare, lui giocava a calcio ma allo stesso tempo era completamente disinteressato a questo sport: ai mondiali del 1974 quando dovette affrontare l’Olanda, il CT gli disse di stare attento al “numero quattordici” dell’Olanda, gli disse proprio così perché lui non sapeva chi fosse Johann Cruijff! Anche adesso che da vecchio lo intervistano non dice niente di che perché del calcio moderno non sa nulla, non guarda neanche le partite alla televisione! A fianco di Larsson metterei Liedholm, il Barone era un giocatore molto eclettico, non era veloce però sbagliava sempre poco anche se c’è da dire che ha sempre narrato la sua carriera calcistica in maniera troppo iperbolica. In attacco sulle fasce a destra Hamrin, a sinistra avrei dei dubbi tra Nacka Skoglund, troppo fumoso e incostante per i miei standard, e Ljungberg giocatore forse sottovalutato e che io preferisco all’ex interista. Hamrin è sempre stato al massimo, dai tempi dell’AIK fino agli ultimi sgoccioli di carriera al Milan, di Skoglund invece non posso dire la stessa cosa. Sul ruolo di centravanti nessun dubbio: Gunnar Nordahl è stato probabilmente il più forte centravanti classico della storia, peccato che abbia esordito troppo tardi in Coppa dei Campioni. Alle sue spalle infine inserirei Gren, nel 1958 Pelé disse che non aveva mai visto ai mondiali un giocatore dominante come Gren che a quell’epoca, a trentotto anni, giocava nella terza divisione svedese! Chissà cosa avrebbe potuto fare un Gren al Barcellona o al Real Madrid!
E’ quindi Gunnar Gren il più forte calciatore svedese di tutti di tempi?
Dal punto di vista delle doti tecniche probabilmente sì, anche se c’è da dire che ci sono molte scuole di pensiero a riguardo: alcuni infatti sostengono che Gren fosse troppo lento e compassato e che si troverebbe d’impaccio nel calcio di oggi.
Parlando di un’ipotetica top-five invece qual è il tuo orientamento? Potresti fare una cosa analoga con i calciatori italiani?
Il Gre-No-Li nell’ordine scandito, Hamrin, Ibrahimović o Bo Larsson e poi tutti gli altri: Brolin è stato grandissimo nel 1994 ma poi è stato troppo altalenante, Kindvall non lo vedo assolutamente tra i primi cinque. Tra i giocatori italiani invece citerei Meazza, Mazzola padre che era un calciatore formidabile, Rivera, personalmente però ho sempre amato Baggio e Bruno Conti che nel 1982 è stato protagonista assoluto. Tra i portieri Zenga è stato un grandissimo, probabilmente il migliore del mondo alla fine degli Anni Ottanta.
Cosa ne pensi invece degli allenatori svedesi? Qual è stato il tecnico che hai maggiormente apprezzato?
Il miglior allenatore è stato sicuramente Nils Liedholm, lui ha sempre predicato nel deserto qui in Svezia, se fosse diventato Ct della Svezia ci avrebbe fatto sicuramente giocare un calcio molto più interessante: Liedholm rappresentava l’essenza più pura del calcio tradizionale svedese, quello tecnico, armonioso e offensivo degli Anni Cinquanta. Nel 1974 quando arrivammo quinti ai mondiali tutti elogiavano il CT ‘Åby’ Ericsson, anche se la vera scienza tattica era del suo vice Lars “Laban” Arnesson che fu CT dal 1980 al 1985 e che fallì a causa della già citata diatriba tra i fautori del calcio inglese e quelli del calcio continentale. Arnesson era un Liedholm più “tedesco” diciamo: era inadatto a fare il CT perché litigò con tutti i giornalisti e gli allenatori inglesi a cui disse “il vostro calcio mi fa schifo”. A mio avviso la sua opera è passata troppo sotto traccia qui in Svezia. Sven-Göran Eriksson invece ha fatto una sintesi tra il calcio tradizionale svedese e quello inglese di Houghton e Hodgson, il suo Göteborg attaccava sempre, il suo calcio era definito “swenglish”: lui stesso è sempre stato uno strenuo difensore del calcio inglese. Eriksson è la persona meno latina che si possa immaginare: lui ad ogni intervista dice sempre le stesse cose, è completamente privo di fantasia. Con il Benfica sul finire degli Ottanta ha fatto grandissime cose, ha fatto meglio di Guttmann sotto certi aspetti. Il campionato perso dalla Roma nel 1986 fu un trauma per lui, da allora gli fu appiccicata l’etichetta di “perdente simpatico” e, non a caso, incominciò ad adottare un calcio molto più difensivo e cinico che è emerso soprattutto negli ultimi scampoli della sua carriera.
Da osservatore esterno cosa ne pensa del calcio italiano? Vedi analogie tra il movimento calcistico italiano e quello svedese?
L’Italia calcistica, come la Svezia, ha perso le sue virtù tradizionali, l’attenzione maniacale alla fase difensiva, quando giochi in spiaggia distingui sempre un gruppo di italiani perché c’è sempre qualche giocatore a protezione della propria porta…. I giovani giocatori non hanno più la pazienza di giocare questo tipo di calcio perché sono abituati ai videogiochi dove si deve fare sempre gol o giocate spettacolari, inoltre pochi allenatori hanno la pazienza di insegnare certe cose negli allenamenti. I giocatori svedesi come quelli italiani sono degli specialisti: sanno fare una cosa e fatta bene ma se devono fare tante cose, si perdono. Il calcio della Danish Dynamite di Sepp Piontek assomigliava invece molto a quello totale, la Svezia non è mai stata sfiorata da questo tipo di gioco: la Danimarca per esempio aveva quattro/cinque giocatori che militavano nell’Ajax e nell’Anderlecht, squadre che giocavano un calcio molto offensivo, penso a Morten Olsen o ad Arnesen. Forse è anche per questo motivo che gli svedesi che hanno militato nella Liga sono sempre stati pochissimi! Tanti invece sono stati i calciatori danesi che hanno giocato in Spagna come Simonsen, Arnesen, i due Laudrup. Tra gli svedesi che hanno militato nel campionato spagnolo invece ricordo solo Henry Carlsson che militò nell’Atletico Madrid di Helenio Herrera negli Anni Cinquanta, un giocatore piccolino e guizzante che assomigliava a Messi, calciatori del genere però non li produciamo più!
Come vede invece il futuro del calcio svedese?
Il Malmö che attualmente in Svezia è la squadra da battere, in questi giorni ha appena proposto di proibire i campi di erba sintetica nella massima serie. Tutte le nazioni che utilizzano i campi in erba sintetica, penso alla Russia, agli Stati Uniti o alla Norvegia non stanno progredendo o sono declinate perché sul sintetico si gioca un calcio diverso, molto più veloce che sfavorisce la tecnica di base: una squadra tecnica sa sempre adattarsi ad una superficie diversa, una squadra fisica no! A mio avviso si dovrebbero fare campionati di calcio in erba sintetica e campionati di calcio in erba naturale come nel tennis…