Alla fine, possiamo dirlo, la Conferenza di Palermo è stata un successo. Malgrado le tante illazioni che davano il Generale Khalifa Haftar, l’uomo forte del governo di Tobruk, intenzionato a disertare l’appuntamento, e le voci precedenti che mettevano in dubbio anche un eventuale impegno russo a tale Conferenza, in realtà quel che è venuto fuori è stato l’esatto opposto di quanto paventato da un preciso fronte politico e mediatico coagulato intorno ad un’opposizione ferma ma al contempo disordinata al governo.

Haftar è infatti venuto a Palermo, come del resto è venuto anche il premier russo Medvedev. Conte, padrone di casa, ha sicuramente messo a segno un importante punto, anche come paciere nei rapporti fra il governo di Tobruk e quello islamista di Tripoli, capeggiato da Fayez al-Serraj e riconosciuto come unico legittimo dall’ONU che letteralmente l’aveva fatto paracadutare sulla capitale libica nella sostanziale indifferenza delle tribù e dei vari potentati del paese. Così il Generale Haftar e il premier Serraj si sono dati la mano sotto lo sguardo soddisfatto di Conte, e ciò in termini politici e d’immagine costituisce indubbiamente un risultato di non poco conto, contro il quale però d’ora in avanti qualche attore internazionale potrebbe mobilitarsi cercando in vari modi di mettere i bastoni fra le ruote.

Se in ogni caso il risultato globalmente positivo della Conferenza di Palermo si consoliderà nei prossimi giorni e soprattutto nelle settimane successive, già a gennaio potrebbe svolgersi la Conferenza Nazionale della Libia, il primo passo del non semplice percorso politico che l’ONU prevede per portare avanti la ricomposizione del paese e soprattutto guidarlo a nuove elezioni, finalmente valide per tutte le sue parti.

A giovamento dell’immagine di Conte, soprattutto da parte dei vari emissari libici rappresentanti le rispettive fazioni, la dichiarazione secondo cui l’attuale governo italiano non intenda assolutamente intromettersi nelle questioni interne della Libia, insistenso piuttosto sulla necessità che siano i libici, autonomamente, a scegliersi la soluzione politica più idonea per il loro futuro. Dal canto suo, comunque, l’Italia sarà sempre disponibile a fornire il proprio aiuto, secondo le necessità avanzate dalle autorità libiche, in particolare per addestrare le nuove forze armate nazionali.

Delusi invece i turchi, capitanati dal vicepresidente Fuat Oktay che ha lasciato Villa Igieia, dove si conduceva la Conferenza, a lavori non ancora conclusi. L’impressione ricevuta dai turchi è stata quella che Haftar, snobbandoli completamente, abbia “abusato dell’ospitalità italiana” in un quadro dove “sfortunatamente la comunità internazionale non è stata capace di restare unita”. Sebbene Haftar abbia rassicurato Serraj di non volerlo detronizzare prima del tempo, dicendogli che “non si cambia cavallo fino alle elezioni”, l’apprensione dei turchi per l’intuibilmente prossima fine del dominio degli islamisti a Tripoli e in altre aree ad essi bene o male collegate è palpabile. La Turchia, che nel 2011 in occasione della primavera araba s’era insinuata in Libia insieme a Francia, Inghilterra e Stati Uniti, a tacere poi dei paesi arabi del Golfo, s’è sostanzialmente vista mettere alla porta.

Una sensazione analoga, probabilmente, l’hanno avuta anche francesi e tedeschi, che hanno ugualmente disertato in sostanza l’appuntamento di Palermo, con l’intento di boicottarlo e farlo fallire, e rimediando invece come unico realistico risultato quello di restare fuori dai giochi. Il tentativo di tutti questi attori di reinserirsi nel gioco libico a Conferenza finita, alimentando nuove situazioni d’instabilità, non è dunque peregrino, ma dovrà scontrarsi con una regia molto più unita e coordinata del passato composta da gran parte del potere politico e militare libico, dall’Italia, dalla Russia e dall’Egitto, non senza dimenticare ovviamente anche Tunisia ed Algeria.

Già da tutto questo si capisce come, nel Mediterraneo, si stia lentamente generando un nuovo ordinamento politico ed internazionale, che vede una ripresa d’importanza per il nostro paese a danno di altri comprimari europei come la Francia che fino ad oggi ne avevano fortemente scalfito il ruolo, ed il tutto in forte coordinamento con gli altri interlocutori del Mediterraneo, in primo luogo proprio le nazioni dell’Africa Settentrionale, fino ad arrivare alla Russia, la cui crescita di rilevanza nel Medio Oriente a danno degli Stati Uniti come dimostrato anche dalle vicende siriane è un fatto ormai avvertibile “ad occhio nudo” già da molto tempo.