Dopo le forti tensioni verificatesi dopo la Dichiarazione Unilaterale d’Indipendenza, la fuga di Carles Puigdemont in Belgio e l’arresto di alcuni suoi ministri, in Catalogna è sembrato che ritornasse la normalità. Una normalità, tuttavia, solo apparente, poiché condizionata dalle elezioni locali ed anticipate per le quali manca ormai solo un mese. Fin dalla loro proclamazione hanno cominciato a girare, nella prospera regione spagnola, numerosi sondaggi, dai contenuti piuttosto contrastanti: secondo alcuni gli indipendentisti sarebbero destinati a perdere, mentre secondo altri potrebbero andare incontro ad una storica vittoria.
Certo, nell’apparente normalità catalana non sono mancati veri e propri casi degni di un romanzo poliziesco-esoterico: il procuratore generale spagnolo Maza, che aveva aperto un dossier contro il governo indipendentista catalano, è morto a Buenos Aires in circostanze ritenute tuttora misteriose, mentre il suo omologo della Catalogna è stato colto da un infarto mentre era dedito alle stesse indagini.
E non è soltanto questo ad inquietare, giacché continuano ad aumentare le aziende catalane che cambiano la sede legale minacciando oltretutto di spostare anche le loro produzioni fuori dalla regione ribelle, mentre Barcellona potrebbe non ospitare più la grande fiera della telefonia e anche l’EMA, dopo la visita di Mariano Rajoy a Milano, ha preferito dirigersi ad Amsterdam.
Intanto, però, incombono le elezioni del 21 dicembre, sempre più vicine. Il fronte indipendentista è ora diviso fra la sinistra repubblicana, la destra nazionalista di Puigdemont ed un piccolo schieramento “anti-capitalista”, la CUP. Al momento pare godere di un lieve vantaggio nei sondaggi. Il fronte costituzionalista è dato in aumento, con Ciudadanos che continua a crescere grazie anche al carisma della sua giovane animatrice locale a danno del più compassato e governativo Partito Popolare.
Di fronte agli scenari che potrebbero crearsi, c’è chi vagheggia la soluzione-rischio di ripetere fra Spagna e Catalogna quello che già avviene con l’Ulster, ovvero una permanente divisione e chi, come il leader del Partito Socialista Catalano Iceta, invece suggerisce l’idea di rafforzare, come compromesso tanto per tirare avanti, l’autonomismo catalano all’interno della cornice unitaria spagnola. Tutti, e non sembra a questo punto nemmeno più tanto improbabile, ipotizzano che possano nascere anche strane “grosse coalizioni” formate da pezzi del fronte unionista e di quello indipendentista.
Nel mentre, ad alimentare nuove preoccupazioni ci sono anche i movimenti mai del tutto sopitisi dell’indipendentismo corso. Il prossimo 3 e 10 dicembre si terranno infatti le cosiddette “elezioni territoriali”, che potrebbero proprio vedere una buona affermazione degli indipendentisti e dei nazionalisti, che già nel marzo del 2015 hanno vinto le elezioni prendendosi la maggioranza all’Assemblea Corsa con la presidenza di Gilles Simeoni.
Tolto questo, le differenze fra la Catalogna e la Corsica sono numerose: la prima ha otto milioni di abitanti e rappresenta quasi il 20% del PIL spagnolo, mentre la seconda ne ha 330mila ed il tasso di disoccupazione supera storicamente il 10%. Ma a quanto pare le aspirazioni all’indipendenza restano comuni.