Alla scoperta della Prefettura Autonoma Coreana
Venerdì 9 agosto devo già lasciare Erdao Baihé per raggiungere Yanji, il capoluogo della Prefettura Autonoma Coreana di Yanbian, la sede principale della folta minoranza coreana nella Repubblica Popolare Cinese. Prima di imbarcarmi in taxi saluto l’amico Leon che mi invita a ritornare prossimamente in Cina magari a visitare il suo Hunan, la regione della Cina centro-meridionale dove è nato “Chairman Mao” (noto sempre una venatura di rispetto quando un cinese si riferisce al Grande Timoniere), Leon mi dice che non avrà problemi ad ospitarmi a casa sua. Come ho rimarcato in altre circostanze ciò che mi ha colpito di più dei cinesi è la loro genuina ospitalità.
Giunto al taxi ho ripetuto la stessa scenetta che avevo escogitato a Shenyang: tiro fuori dal mio zaino un foglio di carta con la scritta in caratteri cinesi “Yanji” (延吉市) e un altro con su impresso “stazione degli autobus”, il trucco funziona ancora una volta e in pochi minuti giungo davanti alla stazione degli autobus a lunga percorrenza di Erdao Baihé. Rispetto alle stazioni di Shenyang, Ji’an e Tonghua la gente in attesa è davvero poca segno che, tolto il turismo siamo veramente quasi fuori dal mondo. Non esiste nessuna autostrada a collegare Erdao Baihé a Yanji, così durante le quattro ore di tragitto mi tocca passare in mezzo alla campagna della Cina profonda. La strada che percorre il nostro autobus lungo tutti i 170 chilometri percorsi assomiglia più ad una carreggiata di campagne stretta e piena di buche che ad una strada che porta ad un capoluogo di provincia con oltre quattrocento mila abitanti.
Yanji, una piccola Pyongyang
Il viaggio si rivela assai poco comodo perché l’autista, come da tradizione di questi posti, guida come un autentico forsennato manco fosse ad un Gran Premio di Formula Uno: la carreggiata è davvero angusta e le buche sull’asfalto sono onnipresenti come in un campo da golf. Non ho contato le sbandate dell’autobus sulle buche e i veicoli della carreggiata opposta che passavano a qualche centimetro dal nostro. Se mi sono sentito almeno una volta insicuro in Cina ecco è stata questa. Giungo a destinazione alle una e mezza circa in pieno centro città, mangio al volo un piatto di ravioli ripieni e mi reco a prendere un taxi che mi porta in albergo.
La prima cosa che balza all’occhio di Yanji è le insegne lungo le strade che presentano la doppia dicitura, in caratteri cinesi (Hanzi) e in caratteri coreani (Hangul): a differenza del sistema di scrittura cinese, l’Hangul è un alfabeto fonetico, in cui ogni carattere rappresenta una sillaba ed è la composizione grafica dei due o tre suoni elementari che la compongono; a ciascuno dei suoni elementari corrisponde un simbolo, detto jamo. Di primo acchito mi sento di dire che come città Yanji assomiglia molto a Pyongyang, la capitale della Corea del Nord: grandi palazzoni in stile socialista e un fiume a dividere in due parti la città, il Taedong a Pyongyang, il Bu’heratong a Yanji (che è un emissario del Tumen, il fiume che segna il confine a Nord Est tra la Cina e la Penisola Coreana). Siamo a “soli” duecento chilometri da Vladivostok e anche il paesaggio che mi circonda, molto continentale, l’aria frizzante pulita (tra le più pulite che abbia visto in Cina) sembra di essere più in Siberia che in Cina.
Le minoranze coreane: Chaoxianzu e Zainichi
Anche gli abitanti di Yanji presentano tratti somatici leggermente diversi da quelli tipicamente cinesi: più squadrati e meno rotondi di quelli tipicamente Han, segno che la presenza coreana in città (circa il 30% della popolazione totale) è consistente, è la prima volta in vita mia che mi rendo conto delle differenze somatiche tra i vari popoli dell’Estremo Oriente che sono piccole ma comunque significative. I coreani di Cina, i Chaoxianzu, non hanno grandissimi rapporti con Pyongyang dato che in passato i coreani di Cina erano considerati vicini a Mao Zedong, un personaggio che non ha mai avuto rapporti idilliaci con Kim Il Sung dato che un nipote del Grande Timoniere, Mao Xinyu, morì nella Guerra di Corea mentre con i volontari cinesi dava soccorso alle truppe nordcoreane a resistere all’avanzata statunitense.
La Corea del Nord infatti ha rapporti molto più stretti con gli Zainichi, i coreani di Giappone, quei cittadini di etnia coreana (due milioni circa) che nel corso della Seconda Guerra Mondiale furono portati in massa nel Paese del Sol Levante a sostituire in lavori coatti e semi-servili i nipponici che erano partiti al fronte e che poi non riuscirono a ritornare in patria. Negli Anni Sessanta la maggioranza dei coreani di Giappone (circa due terzi) era schierata su posizioni filonordcoreane e affiliati all’associazione Chongryon, mentre i restanti parteggiavano per la Mindan, l’associazione più “di destra” che parteggiava per il regime militare sudcoreano. Oggi la situazione si è capovolta dato che solo il 30% dei coreani residenti in Giappone (su seicentomila abitanti circa) è affiliato alla Chongryon, anche perché nell’ultimo ventennio parteggiare per la Corea del Nord è diventato un autentico marchio d’infamia che espone il cittadino ad avere tutta una serie di limitazioni, soprattutto nei rapporti con i paesi vicini. Quindi per questioni di pura comodità, che spesso esula da motivi prettamente politici, oggi la maggior parte dei cittadini coreani in Giappone si appoggia alla Corea del Sud.
Nonostante ciò tutt’oggi la comunità filonordcoreana in Giappone resta molto chiusa verso l’esterno ed i suoi adepti molto coesi ed agguerriti: i coreani che scelgono di parteggiare per il Nord imparano negli istituti della Chongryon i dettami dell’ideologia dello Juche e a restare fedeli fino in fondo alla stirpe dei Kim e alla loro missione: unificare la Penisola Coreana e cacciare i “traditori”, i “vendipatria” di Seoul e gli americani che occupano abusivamente la loro nazione sotto il trentottesimo parallelo. Se qualcuno ricorda in occasione dei mondiali in Sudafrica nel 2010, il secondo della sua storia in cui partecipò la Corea del Nord, durante l’esecuzione degli inni prima dell’incontro inaugurale contro il Brasile un giocatore nordcoreano scoppiò a piangere come un bambino. Quel giocatore, Jong Tae Se, era proprio uno Zainichi nato in Giapppone ma che ha scelto di battersi per la causa di Pyongyang.
Una città che di notte si illumina
Torniamo adesso al nostro viaggio: dopo aver depositato i bagagli nel mio albergo (ho scelto quello più vicino all’aeroporto dato che il giorno seguente mi tocca una levataccia alle cinque) esco per fare una bella passeggiata lungo il fiume. Non c’è moltissimo da vedere a Yanji se non qualche grazioso ponte molto coreografico e le sagome squadrate dei palazzoni che si affacciano sul fiume. Mi rifugio così a fare un giretto in un centro commerciale e poi in un grazioso caffè coreano, il Rotti Bun, dove assaggio qualche dessert tipicamente coreano.
Dopo aver girovagato ancora per qualche oretta nel centro cittadino decido di fermarmi a cena in un altro locale dove si servono cibi prettamente coreani. Decido di gustarmi per l’ultima volta un buon barbecue coreano anche se per l’ennesima volta non riesco ad usare correttamente le bacchette suscitando qualche risata a denti stretti dai miei vicini con gli occhi a mandorla. Fuori, anche a Yanji le piazze di notte si riempiono di locali che danzano o fanno svariate attività di gruppo come nelle altre città cinesi. I grigi e squadrati palazzoni di Yanji di sera si illuminano di brillanti luci al neon così come i ponti: per chi ama scattare foto il contrasto tra le buie acque del fiume e le luci dei ponti e dei palazzi è uno spettacolo impagabile! Alle dieci di sera circa sono molto stanco e così decido di tornare in albergo taxi, ricordo bene il tassista perché era praticamente identico al leader nordcoreano Kim Jong Un: stesso taglio di capelli, stesso volto rotondo e stessa corporatura pingue! Ridendo e scherzando sono già giunto alla fine del mio viaggio ma non potevo immaginare che proprio nell’ultimo giorno del mio viaggio un imprevisto ha rischiato di rovinare la mia bellissima vacanza in Estremo Oriente.
(Fine 13a puntata)
Le puntate precedenti
- Pechino: alla scoperta degli hutong
- Pechino: dalla Grande Muraglia a Tienanmen
- Pechino: rievocando i fasti imperiali
- Dalian: la città dei record
- Dalian: un circondario che pullula di storia
- Dandong: una finestra sulla Corea del Nord
- Si sconfina nella Corea del Nord
- Si sconfina nella Corea del Nord (2a parte)
- Shenyang: nel cuore della Manciuria
- Shenyang: ultimi scampoli di glorie imperiali
- Ji’an: sulle montagne lungo il confine sino-coreano
- Changbai Shan: un giorno in Paradiso
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