
Il perché di un viaggio in Cina
Perché un viaggio in Cina? Innanzitutto perché l’Asia, soprattutto l’Estremo Oriente mi ha sempre affascinato fin dai tempi delle medie, quando durante le ore di geografia dovevo studiare quei luoghi così esotici e particolari che tanto colpivano la mia fantasia. In secondo luogo la Cina, attualmente, è l’autentico centro del mondo e visitare questo paese, anche come semplice turista può conferire un’idea precisa con quale paese dovremmo fare i conti in futuro. Infine, visitare il paese del Dragone può essere un esercizio utile per scoprire un popolo, una cultura ed un sistema di governance che in Occidente continuiamo a conoscere poco, principalmente per luoghi comuni.
I preparativi, alcuni consigli per un viaggio in Cina
Innanzitutto un paio di consigli per chi volesse seguire le mie orme. Per quanto riguarda la procedura per il visto, essa è estremamente laboriosa: cercate di richiedere il visto almeno con un mese e mezzo d’anticipo, il mio consiglio è di rivolgersi ad un’agenzia di viaggi perché la prassi burocratica è estremamente lunga e difficoltosa e l’assistenza di un’agenzia in questi casi può essere molto utile. Non prendete in considerazione di andare in Cina se sul vostro passaporto avete il visto turco: esso non viene accettato per nessun motivo da Pechino perché il governo cinese sospetta Ankara di fornire supporto ai separatisti musulmani turcofoni dello Xinjiang. Anche l’affiliazione ad organizzazioni non governative non è ben vista dalle autorità cinesi, quindi anche in casi del genere bisogna avere molta cautela: prima di intraprendere un viaggio in Cina bisogna quindi contare non una ma due volte!
Posti come lo Xinjiang ed il Tibet, dove sono presenti movimenti separatisti e tensioni etniche e religiose, possono essere molto difficoltosi da visitare, per tutto il resto della Cina invece non ci sono grosse restrizioni per chi riesce ad ottenere il visto. Personalmente ho scelto come itinerario la parte Nord orientale (in parole povere la zona di Pechino e la Manciuria) perché più ricca di storia e fascino nonché poco battuta dal turismo occidentale. Per quanto riguarda i pernottamenti dei voli, degli alberghi principali e dei trasporti interni anche in questo caso è consigliare prenotare con buon anticipo, soprattutto i biglietti dei treni in Cina vanno a letteralmente a ruba.

28/7/19: si arriva a Pechino/Beijing
Domenica 28 luglio 2019, in un uggioso fine settimana estivo mi accingo a partire per la grande avventura: è la prima volta che viaggio da solo in aereo e che visito un paese extraeuropeo, l’emozione è grande fin da subito. Dall’aeroporto di Ronchi dei Legionari un volo regionale Lufthansa mi porta fino all’immenso aeroporto di Monaco di Baviera. Dopo un breve pranzo (parecchio costoso!) alle diciannove prendo l’aereo per Pechino/Beijing. Durante le nove ore di viaggio ho cercato di dormire il meno possibile perché l’effetto jet lag (la Cina è sette ore avanti rispetto al nostro fuso orario) si sarebbe fatto sentire una volta arrivato a destinazione. All’arrivo al Terminal 2 di Pechino mi aspettano lunghe procedure burocratiche: devo infatti compilare la carta d’immigrazione e consegnarla alle autorità. Ho ancora impresso nella mente il mio primo face to face con una poliziotta cinese, al momento della consegna del foglio, la faccia truce e squadrata della donna, la spilla rossa con tanto di falce e martello (simbolo del Partito Comunista Cinese) appuntata sulla divisa d’ordinanza, della serie ben arrivato! Scoprirò in seguito che tale spilletta tutti i lavoratori cinesi del settore pubblico sono obbligati ad indossarla.

Il magico mondo degli hutong…
Appena arrivato a Pechino mi accoglie un autentico diluvio universale (in estate gli acquazzoni sono molto frequenti): dalla gigantesca stazione dei treni all’albergo, in zona Dongcheng/Tienanmen (in mandarino traslitterata come Tiān’ānmén) cioè il cuore di Beijing, ci metto quasi un’ora perché sotto il diluvio riuscire a fermare un taxi è un’impresa. Verso sera cessa il diluvio e riesco a farmi una bella camminata tra gli hutong, i piccoli e strettissimi vicoli che caratterizzano il centro della capitale della Repubblica Popolare, composto interamente da casupole basse e piatte. Gli hutong sono stati fondati sotto la dinastia mongola degli Yuan in epoca Medievale tra il XIII ed il XIV secolo (il termine in mongolo significa proprio “pozzo d’acqua” perché tutte le casupole un tempo ne avevano uno nel cortile). Il fatto che a ogni centinaia di metri ci siano dei bagni pubblici mi fa pensare che molte di queste casupole siano ancora prive di servizi igienici. Mettendo il naso in alcuni di questi vicoli, dove bici e scooter elettriche sfrecciano in un viavai chiassoso e continuo, vedo molta gente vestita in umili panni ferma sull’uscio a parlare o a svolgere disparate attività conviviali. La gente locale è quindi abituata vivere in una sorta di osmosi con i propri vicini in una sorta di vita da paese: mai avrei immaginato di poter assistere a scene del genere nel pieno centro di Pechino, una delle più grandi metropoli del mondo (quasi venticinque milioni di abitanti!).

…e della cucina uigura
Dopo una camminata di quasi un’ora decido di fermarmi a mangiare ad un ristorante gestito da una famiglia uigura proveniente dallo Xinjang (Crescent Moon in inglese il nome del ristorantino). Se non fosse stato per la mezzaluna dipinta sulle insegne del ristorante e per i menu scritti anche con i caratteri arabi mai avrei giurato che i proprietari fossero dei musulmani in quanto sono vestiti esattamente come un qualsiasi cinese o occidentale. Nello Xinjiang infatti, terra di confine dove paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna e la Turchia di Erdoğan finanziano un movimento separatista e integralista in funzione anticinese che vuole creare un Est Turkestan indipendente e su posizioni islamiste radicali, le autorità cinesi negli ultimi anni hanno varato severissimi codici nel vestiario: alle donne ad esempio è proibito portare il velo mentre ai maschi la barba lunga. Gli spiedini di montone (yang roung chang) sono morbidi e deliziosi, il tofu pure anche se incredibilmente piccante, il tutto è corredato da una buonissima birra scura: per tutto questo ben d’Iddio ho speso settanta Yuan Renmimbi, cioè circa nove Euro! Uscito dal ristorante uno splendido arcobaleno mi accoglie al mio rientro in albergo, il primo giorno di Cina è così volato via!

(Fine 1a puntata)
- Pechino: Dalla Grande Muraglia a Tienanmen
- Pechino: rievocando i fasti imperiali
- Dalian: la città dei record
- Dalian: un circondario che pullula di storia
- Dandong: una finestra sulla Corea del Nord
- Si sconfina nella Corea del Nord
- Si sconfina nella Corea del Nord (II parte)
- Shenyang: nel cuore della Manciuria
- Shenyang: ultimi scampoli di glorie imperiali
- Ji’an: sulle montagne lungo il confine sino-coreano
- Changbai Shan: un giorno in Paradiso
- Yanji: alla scoperta della minoranza coreana in Cina
- Yanji-Pechino: un ritorno turbolento
- Epilogo